Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22793 del 15/04/2016


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 22793 Anno 2016
Presidente: FIDELBO GIORGIO
Relatore: CALVANESE ERSILIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Piccinini Massimo, nato a Modena il 20/02/1959

avverso la sentenza del 22/10/2013 della Corte di appello di Bologna

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Ersilia Calvanese;
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale Luigi Birritteri, che ha concluso chiedendo la declaratoria di
inammissibilità del ricorso;
udito il difensore, avv. Luca Moser, che ha concluso riportandosi ai motivi di
ricorso ed insistendo per il loro accoglimento.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 22 ottobre 2013, la Corte di appello di Bologna
confermava la sentenza del Tribunale di Modena del 8 giugno 2004, con la quale
Massimo Piccinini era stato dichiarato, all’esito di giudizio abbreviato,
responsabile di plurime cessioni illecite di cocaina, commesse tra l’aprile e

Data Udienza: 15/04/2016

l’agosto 2003, e condannato alla pena ritenuta di giustizia (pena base pari ad
otto anni di reclusione ed euro 27.000 di multa).

2. Avverso la suddetta sentenza ricorre per cassazione l’imputato,
denunciando:
— la violazione dell’art. 2 cod. pen. e dell’art. 73 d.P.R. 309 del 1990, come
modificato dalla legge 21 febbraio 2006, n. 49, in quanto il trattamento
sanzionatorio applicato all’imputato – corrispondente al mimino edittale della

introdotte dalla legge n. 49 del 2006;
— la violazione dell’art. 73, comma 7, d.P.R. 309 del 1990 e dell’art. 603
cod. proc. pen. ed il vizio di motivazione sul punto: la sentenza impugnata
avrebbe erroneamente negato il riconoscimento della speciale attenuante,
valorizzando, da un lato, la mancata confessione dei fatti addebitati, e ritenendo,
dall’altro, non raggiunto alcun risultato utile dalle sue propalazioni, ancorché
venisse negata la rinnovazione dibattimentale per consentire l’acquisizione del
fascicolo processuale aperto dagli inquirenti all’esito di quelle dichiarazioni.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato, nei limiti di seguito indicati.
2. Il secondo motivo di ricorso non è fondato.
Deve essere richiamato il consolidato insegnamento, secondo cui possono
consentire l’applicazione dell’attenuante prevista dall’articolo 73, comma 7, del
d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309 le confessioni e le chiamate in correità che portino
alla sottrazione di risorse rilevanti ed evitino la commissione di ulteriori attività
delittuose (tra le tante, Sez. U, n. 4 del 28/10/1998, dep. 1999, Barbagallo, Rv.
212759), non essendo invece sufficiente la mera indicazione del nominativo di
qualche complice (ex multis, Sez. 3, n. 21624 del 15/04/2015, R., Rv. 263822;
Sez. 6, n. 20799 del 02/03/2010, Sivolella, Rv. 247376).
Nel caso in esame, la sentenza impugnata ha fatto buon governo del
suddetto principio di diritto, avendo motivato il diniego del riconoscimento
dell’attenuante speciale evidenziando che non solo la collaborazione offerta
dall’imputato si era limitata nel fornire nomi ed indirizzi dei suoi presunti
spacciatori, senza che da tali propalazioni fossero scaturiti risultati utili (l’arresto
di uno dei nominativi indicati era da ritenersi non riconducibile alle sue
dichiarazioni, in quanto effettuato in flagranza di reato e su disposizione di altra

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norma vigente all’epoca dei fatti – non ha tenuto conto delle modifiche in melius

autorità giudiziaria), ma in via assorbente che questi si era dimostrato del tutto
reticente nel fornire notizie relative al traffico di cocaina all’interno del quale era
inserito a buon livello.
Si tratta di motivazione non censurabile, in quanto elemento ostativo alla
concessione della invocata attenuante speciale di cui all’art. 73, comma 7, d.P.R.
n. 309 del 1990 è stato ritenuto non la mancata confessione dell’imputato in
ordine alle sue responsabilità, come sostenuto dal ricorrente, quanto piuttosto il
fatto che costui avesse ostinatamente negato l’esistenza di un consistente

delittuosa fosse portata a conseguenze ulteriori.

3. Sulla base di quanto premesso, deve ritenersi infondata anche la
connessa censura relativa alla omessa rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale
per l’acquisizione del fascicolo processuale che era stato aperto a seguito della
collaborazione.
Premesso che la riapertura dell’istruttoria in sede di appello ha carattere
assolutamente eccezionale e che in caso di giudizio abbreviato può essere
disposta solo in casi di assoluta necessità, valutata d’ufficio dal giudice, per lo più
a fronte di prove nuove emerse nelle more del processo, deve ribadirsi che può
essere censurata in sede di legittimità la mancata rinnovazione in appello
dell’istruttoria dibattimentale, qualora si dimostri l’esistenza, nell’apparato
motivazionale posto a base della decisione impugnata, di lacune o manifeste
illogicità, ricavabili dal testo del medesimo provvedimento e concernenti punti di
decisiva rilevanza, le quali sarebbero state presumibilmente evitate
provvedendosi all’assunzione o alla riassunzione di determinate prove in appello
(Sez. 2, n. 48630 del 15/09/2015, Pircher, Rv. 265323; Sez. 6, n. 1400 del
22/10/2014, dep. 2015, PR, Rv. 261799).
Nel caso in esame, le critiche del ricorrente non consentono di ravvisare una
siffatta circoscritta evenienza.
La motivazione della sentenza impugnata ha invero giustificato il diniego
della rinnovazione con la mancanza di decisività delle invocate acquisizioni
probatorie, alla luce della complessiva lacunosità del concreto contributo
collaborativo offerto dall’imputato, che non sarebbe stata colmata dalla verifica
dell’esito delle sue limitate propalazioni, considerato tra l’altro il carattere
meramente esplorativo e quindi generico dell’accertamento richiesto.
In ordine a tale ultimo aspetto va rilevato che l’imputato neppure nel corso
del giudizio di appello, celebratosi a distanza di nove anni dall’apertura del
fascicolo processuale di cui è stata chiesta l’acquisizione, ha dato prova di voler
superare la presunzione di tendenziale completezza del materiale probatorio già

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traffico illecito di cocaina, non contribuendo così ad evitare che l’attività

raccolto, «vestendo» adeguatamente la richiesta di rinnovazione, che si
presentava ictu °cui/ meramente esplorativa, ovvero finalizzata alla ricerca di
prove anche solo eventualmente favorevoli al ricorrente e quindi inammissibile
(Sez. 3, n. 23058 del 26/04/2013, Duval Perez, Rv. 256173).
3. E’ invece fondato il primo motivo relativo alla legalità della pena.
In primo grado all’imputato era stato applicato il minimo edittale previsto
dalla disciplina allora vigente per il reato di cui all’art. 73, comma 1, d.P.R. 9
ottobre 1990, n. 309.

intervenute le modifiche introdotte dal d.l. 30 dicembre 2005, n. 272, convertito
con modifiche dalla L. 2 febbraio 2006, n. 49, sul trattamento sanzionatorio
previsto dall’art. 73 cit., stabilendo per la fattispecie in esame un più contenuto
minimo edittale.
Il che imponeva al Giudice dell’appello di rilevare d’ufficio, anche in difetto di
specifiche doglianze aventi ad oggetto il trattamento sanzionatorio, la questione
della legalità della pena (Sez. 6, n. 29360 del 27/06/2006, Tripari, Rv. 235275).
La Corte territoriale, nel confermare la dosimetria della pena, non ha né
rilevato la suddetta questione né ha offerto alcuna motivazione per giustificare il
mantenimento di una sanzione più elevata rispetto alla mutata cornice edittale
(tra le tante, Sez. 4, n. 46973 del 06/10/2015, Mentonis, Rv. 265209).
Alla luce di quanto premesso e della più favorevole disciplina vigente, con
riferimento al trattamento sanzionatorio in relazione alle droghe cosiddette
pesanti, contenuta nell’art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990, a seguito del d.l. 20
marzo 2014, n. 36, convertito con modificazioni dalla L. 16 maggio 2014, n. 79
(tenuto conto della pronuncia di incostituzionalità delle modifiche apportate dalla
citata legge 21 febbraio 2006, n. 49), la sentenza impugnata deve essere
annullata limitatamente alla determinazione della pena.

4.

Conclusivamente, la sentenza impugnata deve essere annullata

limitatamente al trattamento sanzionatorio con rinvio ad altra sezione della Corte
di appello di Bologna, che, nell’esercizio dei poteri discrezionali alla stessa
attribuiti, provvederà a rideterminare l’entità della pena, nella ridefinita cornice
edittale, ferma restando l’irrevocabilità della sentenza in ordine alla ritenuta
responsabilità dell’imputato.
Per il resto il ricorso va rigettato.

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Al momento in cui è stata pronunciata la sentenza impugnata erano tuttavia

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio e
rinvia per la rideterminazione della pena ad altra sezione della Corte di appello di
Bologna.
Rigetta nel resto il ricorso.

Così deciso il 15/04/2016

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