Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22792 del 15/04/2016


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 22792 Anno 2016
Presidente: FIDELBO GIORGIO
Relatore: CALVANESE ERSILIA

SENTENZA

sui ricorsi proposti da
1. Badessi Giancarlo, nato a Sondrio il 19/04/1960
2. Mandelli Gabriele, nato a Lecco il 4/05/1965
3. Giugni Davide, nato a Sondrio il 6/03/1976

avverso la sentenza del 5/03/2014 della Corte di appello di Milano

visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal consigliere Ersilia Calvanese;
udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale Luigi Birritteri, che ha concluso chiedendo la declaratoria di
inammissibilità dei ricorsd”).

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 5 marzo 2014, la Corte di appello di Milano riformava
parzialmente la sentenza con la quale Giancarlo Badessi, Gabriele Mandelli e
Davide Giugni erano stati dichiarati, all’esito di giudizio abbreviato, responsabili
del concorso nella detenzione e cessione di eroina, cocaina e hashish, riducendo

Data Udienza: 15/04/2016

la pena loro inflitta (pena base di anni sei di reclusione ed euro 26.000 di multa,
per effetto della continuazione e della riduzione prevista per la scelta del rito,
determinata nella pena finale di anni quattro e mesi quattro di reclusione ed euro
23.000 di multa ciascuno).
Era stato accertato in sede di merito, attraverso operazioni di polizia
giudiziaria, intercettazioni e dichiarazioni rese da vari tossicodipendenti, il
concorso dei tre imputati nel periodo tra il gennaio 2002 e l’aprile 2003 nello
spaccio reiterato di eroina e di cocaina e in un’unica occasione nella cessione,

2. Avverso la suddetta sentenza ricorrono per cassazione, con distinti atti,
gli imputati, chiedendone l’annullamento.
Badessi denuncia il vizio di motivazione e la violazione ed erronea
applicazione dell’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990.
Mandelli deduce:
— la inutilizzabilità delle sommarie informazioni rese da coloro che erano
stati destinatari dello stupefacente, che, in relazione al numero di dosi
acquistate, alla loro condizione di disoccupati e al patrimonio conoscitivo
dimostrato, non dovevano essere considerati meri acquirenti per uso
esclusivamente personale.
— la mancanza ed illogicità della sentenza in ordine alla prova della natura
drogante della sostanza stupefacente oggetto delle contestate cessioni, essendo
solo riferita dagli acquirenti la buona qualità della droga, ma non l’effetto
alluci nogeno;
— il vizio di motivazione e la violazione ed erronea applicazione dell’art. 62bis cod. pen., tenuto conto del comportamento processuale e la ripresa di una
vita normale e tranquilla, dopo il percorso terapeutico presso il Sert;
— il vizio di motivazione e la violazione ed erronea applicazione dell’art. 133
cod. pen., in relazione alla dosimetria della pena inflitta a titolo di continuazione,
che doveva essere maggiormente contenuta.
Giugni denuncia:
— il vizio di motivazione e la violazione ed erronea applicazione dell’art. 73,
comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990, in quanto la condotta ascritta doveva essere
qualificata come «fatto di live entità», considerata la sua sporadicità e il
carattere residuale, apparendo illogiche le argomentazioni della sentenza
impugnata rispetto alle evidenze probatorie;
— il vizio di motivazione e la violazione ed erronea applicazione dell’art. 62bis cod. pen., tenuto conto del leale comportamento dell’imputato, la mancanza
di recenti e significativi precedenti penali e la normalità di vita.

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materialmente ad opera del Mandelli, di uno spinello di hashish.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.

Relativamente alla posizione di Baldelli, va evidenziato che,

successivamente alla presentazione del ricorso, in data 10 febbraio 2015, il
ricorrente è deceduto, come si desume dal certificato di morte rilasciato
dall’Ufficiale di stato civile del Comune di Sondrio in data 24 febbraio 2016.
Le decisioni assunte all’esito dei due gradi di giudizio escludono la

dell’art. 129, comma 2, cod. proc. pen.
La certificazione della morte del ricorrente determina, dunque, la immediata
declaratoria della estinzione del reato per morte dell’imputato e, in ragione
dell’art. 620, comma 1, lett. a), cod. proc. pen., l’annullamento senza rinvio
della sentenza impugnata.

2. I ricorsi dei restanti ricorrenti vanno accolti, ma per ragioni diverse dai
motivi proposti.

3. I motivi di Gabriele Mandelli sono infondati, lambendo per più versi
l’inammissibilità.
3.1. Secondo un insegnamento consolidato della giurisprudenza di
legittimità (Sez. U, n. 21832 del 22/02/2007, Morea, Rv. 236370), l’acquirente
di modiche quantità di sostanza stupefacente – qualora non siano emersi
elementi indicativi di uso non personale – deve essere sentito nel corso delle
indagini preliminari come persona informata sui fatti.
Come hanno chiarito le Sezioni Unite ora citate, ove non si provi o si ipotizzi
concretamente la destinazione ad uso di terzi, l’acquirente o detentore non potrà
che assumere la qualità di persona informata sui fatti o, nella fase processuale,
di testimone, dovendosi far riferimento allo stato degli atti ed alla concreta
situazione investigativa o processuale nel momento in cui viene iniziata
l’escussione del soggetto, indipendentemente dalla sua formale iscrizione nel
registro degli imputati o indagati o da successive emergenze a suo carico.
In definitiva, secondo la consolidata interpretazione giurisprudenziale, la
coordinata lettera dei due commi dell’art. 63 cod. proc. pen. richiede, perché
operi il divieto di assunzione senza le garanzie difensive, che siano già acquisiti
«indizi di reità», che devono assumere la consistenza dell’indizio, non potendo la
sua posizione di persona informata essere mutata dall’esistenza di sospetti o
ipotesi investigative (Sez. U, n. 23868 del 23/04/2009, Fruci, Rv. 243417) o

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ricorrenza di condizioni idonee a concretizzare cause di non punibilità ai sensi

dalla successiva assunzione di un diverso status

(Sez. U, n. 33583 del

26/03/2015, Lo Presti, Rv. 264482).
Pertanto, l’acquirente, nel caso di ricezione di una modica quantità di
sostanza stupefacente — elemento sintomatico, pur se non direttamente
dimostrativo, di uso personale — ed in assenza di acquisizioni che depongano
invece per una destinazione ad uso di terzi, va ascoltato in qualità di persona
informata dei fatti.
Nel caso in esame, la sentenza impugnata ha fatto buon governo dei

anche se in più occasioni, come diretti consumatori delle stesse.
Piuttosto, le diverse conclusioni offerte dal ricorrente ipotizzano soltanto
meri sospetti ed ipotesi investigative, che, in coerenza con la presunzione di non
colpevolezza e con l’onere probatorio gravante sull’accusa, non erano idonei a far
assumere ai dichiaranti la veste di indagati.
3.2. La questione relativa all’accertamento dell’effetto drogante della
sostanza stupefacente oggetto delle contestate cessioni risulta correttamente
affrontata dalla sentenza impugnata.
I Giudici dell’appello hanno infatti stabilito che la droga ceduta avesse in
concreto un effetto drogante sulla base delle dichiarazioni rese dai clienti,
«esperti» consumatori, in ordine alla buona qualità della stessa e dei reiterati
acquisti da parte dei medesimi, che dimostravano l’efficacia e la qualità della
sostanza acquistata.
In tal modo il giudice ha verificato in concreto l’offensività della condotta,
cioè l’idoneità della sostanza – almeno in grado minimo – a produrre un effetto
drogante (Corte cost. n. 360 del 1995; tra le tante, Sez. 6, n. 8393 del
22/01/2013, Cecconi, Rv. 254857; Sez. 6, n. 6928 del 13/12/2011, dep.
22/02/2012, Choukrallah, Rv. 252036).
Va ribadito invero che, laddove non sia acquisita la prova rappresentata
dall’accertamento tecnico del principio attivo, l’offensività della condotta ben può
essere dimostrata altrimenti, come ad esempio, verificando gli effetti riportati dal
consumatore che quella sostanza abbia assunto (Sez. 4, n. 4324 del
27/10/2015, dep. 2016, Mele, Rv. 265976).
3.3. Palesemente infondate sono le censure relative al diniego delle
attenuanti previste dall’art. 62 bis cod. pen.

La sussistenza di circostanze attenuanti rilevanti ai fini dell’art. 62 bis cod.

pen. è infatti oggetto di un giudizio di fatto e può essere esclusa dal giudice con
motivazione fondata sulle sole ragioni preponderanti della propria decisione, non
sindacabile in sede di legittimità, purché non contraddittoria e congruamente
motivata, neppure quando difetti di uno specifico apprezzamento per ciascuno

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suddetti principi, qualificando gli acquirenti di modiche dosi di stupefacente,

dei pretesi fattori attenuanti indicati nell’interesse dell’imputato (tra le tante,
Sez. 6, n. 42688 del 24/09/2008, Caridi, Rv. 242419; Sez. 2, n. 3609 del
18/01/2011, Sermone, Rv. 249163).
Nel caso in esame, la sentenza impugnata ha, con motivazione adeguata e
priva di illogicità manifeste, preso in esame, tra gli elementi indicati dall’art. 133
cod. pen., quello che ha ritenuto prevalente ed idoneo ad escludere il
riconoscimento del beneficio (i numerosi e specifici precedenti penali).
Le diverse argomentazioni del ricorrente sulla valenza attenuante di altri

processuali inammissibile in sede di legittimità.
3.4. Anche le critiche alla dosimetria della pena si risolvono nel mero
dissenso alla motivazione della sentenza impugnata, senza indicare effettivi vizi
di diritto o di motivazione e rivelandosi pertanto inammissibili.
3.5. Relativamente alla cessione dello spinello di hashish, peraltro deve
rilevarsi d’ufficio la questione della legalità della pena.
Invero, a seguito della sentenza n. 32 del 2014 della Corte costituzionale,
che ha dichiarato l’incostituzionalità delle modifiche apportate dalla legge n. 49
del 2006 ai limiti edittali previsti per il reato in esame dall’art. 73 d.P.R.
309/1990, con l’effetto di realizzare la reviviscenza della precedente disciplina
introdotta con la legge n. 162 del 1990, poi trasfusa nel d.P.R. n. 309 del 1990,
è ora applicabile all’imputato il diverso trattamento sanzionatorio previsto
dall’art. 73, comma 4, T.U. cit., secondo il testo allora vigente, per le condotte
illecite relative alle droghe leggere.
La condotta contestata all’imputato, relativa all’hashish, è stata ritenuta
dalla sentenza impugnata quale reato-satellite, congiuntamente ad altre plurime
violazioni riguardanti invece droghe c.d. pesanti, determinando un aumento
complessivo della pena di mesi sei di reclusione e euro 8.500 di multa.
Come hanno chiarito le Sezioni Unite, anche nel vfn cui l’aumento di pena
calcolato a titolo di continuazione si riferisca a reati-satellite in relazione alle così
dette droghe leggere, la pena deve essere oggetto di specifica rivalutazione, alla
luce della più favorevole cornice edittale applicabile per tali violazioni, a seguito
della sentenza n. 32 del 2014 della Corte costituzionale (Sez. U, n. 22471 del
26/02/2015, Sebbar, Rv. 263717).
Alla luce del nuovo quadro edittale, il reato di cessione di hashish commesso
dal Mandelli nel febbraio 2003 deve peraltro considerarsi estinto per
prescrizione, essendo ampiamente decorso il termine massimo di sette anni e sei
mesi.
Discende dai rilievi anzidetti, posto che non ricorrono le condizioni indicate
all’art. 129, comma 2, cod. proc. pen., che la sentenza impugnata nei confronti

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elementi risultano offrire soltanto una lettura alternativa delle risultanze

del ricorrente Mandelli deve essere annullata senza rinvio, limitatamente alla
condotta di cessione di hashish, con formula che rilevi l’intervenuta estinzione
del reato.
L’annullamento va dichiarato senza rinvio, potendo la Corte di cassazione
procedere direttamente alla determinazione della pena, ai sensi dell’art. 620,
lett. 1) cod. proc. pen., sulla base degli indici di calcolo già definiti in sede di
merito (Sez. 6, n. 15157 del 20/03/2014, La Rosa, Rv. 259253).
Nella specie, tenuto conto che l’aumento per la continuazione era stato

reclusione e euro 8.500 di multa e che il numero dei reati-satellite (tra i quali il
reato dichiarato prescritto) era pari a 43, la pena va rideterminata, previa
eliminazione della frazione di pena imputabile all’episodio di cessione di hashish,
nella pena finale di anni quattro, mesi tre e giorni ventotto di reclusione ed euro
22.868 di multa (pena base di anni sei di reclusione ed euro 26.000 di multa,
aumentata per la continuazione ad anni sei, mesi cinque e giorni ventisette di
reclusione ed euro 34.303 di multa), per la successiva riduzione prevista per la
scelta del rito.
Per il resto il ricorso va rigettato.

4. I motivi di ricorso proposti da Davide Giugni sono inammissibili.
Relativamente alle critiche sulla qualificazione giuridica degli episodi
criminosi nell’ipotesi di cui all’art. 73, comma 5, del d.P.R. n. 309 del 1990, va
rilevato che il ricorrente si limita a contestare in fatto e senza alcuna
argomentazione le risultanze processuali sulle quali la Corte territoriale ha
fondato le sue conclusioni in ordine alle dimensioni e alle caratteristiche
dell’attività di spaccio realizzata dagli imputati, in concorso tra loro.
In ordine alle attenuanti generiche, valgono le medesime osservazioni in
precedenza avanzate per il ricorrente Mandelli, che qui si chiamano, avendo la
Corte di appello motivato il relativo diniego sulla base dei numerosi e specifici
precedenti penali riportati dall’imputato. Anche in tal caso il ricorrente ha
contrastato le ragioni della decisione assunta limitandosi ad una lettura
alternativa delle risultanze processuali, non consentita in sede di legittimità.
4.1. Nonostante l’inammissibilità del ricorso, va rilevata d’ufficio la illegalità
della pena, in relazione all’episodio di cessione di hashish commesso nel febbraio
2003, e conseguentemente anche per l’imputato Giugni va dichiarata l’estinzione
per prescrizione, essendo ampiamente decorso il termine massimo di sette anni
e sei mesi e non ricorrendo le condizioni indicate all’art. 129, comma 2 cod. proc.
pen.

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determinato dalla sentenza impugnata complessivamente in mesi sei di

In ordine alla rideterminazione della pena, si rinvia a quanto affermato al §
3.5.
Per l’effetto, quindi, anche per Giugni la sentenza va annullata senza rinvio
per intervenuta prescrizione del reato di cessione di hashish e la pena va
rideterminata, ai sensi dell’art. 620, lett. 1) cod. proc. pen., previa eliminazione
della frazione di pena imputabile al suddetto episodio delittuoso (considerato un
aumento a titolo di continuazione stabilito dai giudici di merito in misura analoga
al coimputato Mandelli), nella pena finale di anni quattro, mesi tre e giorni

ed euro 26.000 di multa, aumentata per la continuazione ad anni sei, mesi
cinque e giorni ventisette di reclusione e euro 34.303 di multa), per la successiva
riduzione prevista per la scelta del rito.
Per il resto il ricorso va rigettato.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata senza rinvio nei confronti di Badessi Giancarlo
per morte dell’imputato e nei confronti degli altri imputati limitatamente al reato
di cessione di hashish perché estinto per prescrizione, rideterminando la pena
complessiva nei confronti di Mandelli Gabriele e Giugni Davide in anni quattro,
mesi tre e giorni ventotto di reclusione ed euro 22.868 di multa ciascuno per i
restanti reati.
Rigetta nel resto i ricorsi.
Così deciso il 15/04/2016

ventotto di reclusione e euro 22.868 di multa (pena base di anni sei di reclusione

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