Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22789 del 15/04/2016


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 6 Num. 22789 Anno 2016
Presidente: FIDELBO GIORGIO
Relatore: CALVANESE ERSILIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Rosa Thomas, nato a Dolo il 9/01/1985

avverso la sentenza del 17/12/2013 della Corte di appello di Venezia

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Ersilia Calvanese;
udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale Luigi Birritteri, che ha concluso chiedendo annullamento con rinvio
limitatamente alla pena:
udito il difensore, avv. Giovann4 Maria Gianquinto, che ha concluso insistendo
nei motivi di ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 17 dicembre 2013, la Corte di appello di Venezia
confermava la sentenza con la quale Thomas Rosa era stato dichiarato, all’esito
di giudizio abbreviato, responsabile di plurime cessioni illecite di hashish e

Data Udienza: 15/04/2016

condannato alla pena di anni tre di reclusione ed euro 18.000 di multa (p.b. anni
sei di reclusione ed euro 27.000 di multa).
In sede di appello, la Corte territoriale aveva escluso la concessione della
speciale attenuante prevista dal testo allora vigente dell’art. 73, comma 5, d.P.R.
n. 309 del 1990, in quanto risultava accertato sulla base delle dichiarazioni rese
da 17 acquirenti e dalla fidanzata Marilena Lazzarin che l’imputato aveva gestito
nell’arco temporale dal 2010 al 24 febbraio 2012 un’intensa attività di spaccio di
hashish (circa 200 grammi al mese), acquistando ogni 15 giorni quantitativi di

di 600/1.000 euro mensili. Secondo i Giudici dell’appello, tale attività non poteva
essere qualificata come «piccolo spaccio», in considerazione della complessiva
portata dell’attività dello spacciatore e della circolazione di merce e di denaro,
nonché dei guadagni conseguiti dall’imputato.

2. Avverso la suddetta sentenza ricorre per cassazione il difensore
dell’imputato, denunciando:
— la violazione ed erronea applicazione dell’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309
del 1990: la condotta ascritta doveva essere qualificata come «spaccio al
dettaglio» con conseguente mitigazione del trattamento sanzionatorio, tenuto
anche conto che l’imputato viene descritto come assuntore abituale;
— la illegalità della pena a seguito della sentenza n. 32 del 2014 della Corte
costituzionale.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso va accolto nei limiti di seguito indicati.

2.

Il primo motivo è inammissibile, in quanto aspecifico, oltre che

manifestamente infondato.
Il ricorrente invero ha pedissequamente riprodotto – anche graficamente le stesse censure versate nei motivi di appello, senza confrontarsi minimamente
con le ragioni che hanno condotto la sentenza impugnata ad escludere
l’applicazione dell’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990. Il motivo in tal
modo non svolge la sua funzione di critica argomentata avverso la sentenza
oggetto di ricorso.
È infatti inammissibile il ricorso per cassazione fondato sugli stessi motivi
proposti con l’appello e motivatamente respinti in secondo grado, sia per
l’insindacabilità delle valutazioni di merito adeguatamente e logicamente
motivate, sia per la genericità delle doglianze che, così prospettate, solo

2

hashish pari a 100 grammi da piazzare sul mercato, con un guadagno costante

apparentemente denunciano un errore logico o giuridico determinato (tra le
tante, Sez. 3, n. 44882 del 18/07/2014, Cariolo, Rv. 260608).
In ogni caso, la sentenza impugnata risulta aver fatto buon governo dei
principi più volti affermati in sede di legittimità per quella che, alla luce delle
modifiche intervenute nel frattempo, è divenuta la fattispecie autonoma del fatto
di lieve entità di cui al comma quinto dell’art. 73 del d.P.R. n. 309 del 1990.
Va ribadito che per «piccolo spaccio», ai fini della configurabilità della
fattispecie autonoma di cui al comma quinto dell’art. 73 del d.P.R. n. 309 del

portata dell’attività dello spacciatore e dei suoi eventuali complici, con una
ridotta circolazione di merce e di denaro nonché di guadagni limitati e che
ricomprende anche la detenzione di una provvista per la vendita (Sez. 6, n.
15642 del 27/01/2015, Driouech, Rv. 263068; Sez. 6, n. 41090 del 18/07/2013,
Airano, Rv. 256609).
La sentenza impugnata, adeguandosi ai parametri ora citati, ha escluso,
con argomenti non manifestamente illogiche (sintetizzate in narrativa), che
l’attività posta in essere dall’imputato potesse rientrare nel paradigma di reati di
piccolo spaccio.
I giudici dell’appello hanno altresì adeguatamente motivato in ordine alla
destinazione non personale della droga acquistata dall’imputato, evidenziando
che lo stesso Rosa non aveva nella immediatezza dei fatti indicato tale
destinazione e che la fidanzata Lazzarin aveva riferito che costui aveva sempre
spacciato sin dal 2010.

3. Il secondo motivo è fondato.
Successivamente alla sentenza impugnata è intervenuta la sentenza n. 32
del 2014 della Corte costituzionale, che ha dichiarato l’incostituzionalità delle
modifiche apportate dalla legge n. 49 del 2006 ai limiti edittali previsti per il
reato in esame dall’art. 73 d.P.R. 309/1990, con l’effetto di realizzare la
reviviscenza della precedente disciplina introdotta con la legge n. 162 del 1990,
poi trasfusa nel d.P.R. n. 309 del 1990, che prevede un diverso trattamento
sanzionatorio per le diverse tipologie di droga, punendo con l’art. 73, comma 4,
le condotte illecite relative alle droghe leggere.
Pertanto, la pena inflitta al ricorrente, riferita a condotte ora rientranti nella
fattispecie di cui all’art. 73, comma 4, cit., deve ritenersi illegale, anche se
compresa entro i limiti edittali previsti dall’originaria formulazione del medesimo
articolo (Sez. U, n. 33040 del 26/02/2015, Jazouli, Rv. 264205).

3

1990, deve intendersi lo spaccio che si caratterizza per una complessiva minore

4. Conclusivamente, in accoglimento del secondo motivo di ricorso, la
sentenza impugnata deve essere annullata limitatamente al trattamento
sanzionatorio, affinché la Corte territoriale, nell’esercizio dei poteri discrezionali
alla stessa attribuiti, provveda a rideterminarne l’entità, nella ridefinita cornice
edittale, ferma restando l’irrevocabilità della sentenza impugnata in ordine alle
restanti statuizioni.
Per il resto il ricorso deve essere rigettato.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio e
rinvia per la rideterminazione della pena ad altra sezione della Corte di appello di
Venezia.
Rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso il 15/04/2016

P.Q.M.

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA