Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22782 del 25/05/2016


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 22782 Anno 2016
Presidente: GALLO DOMENICO
Relatore: RAGO GEPPINO

SENTENZA

sul ricorso proposto da MANZI SAVINO n. il 18/03/1993 contro l’ordinanza del
21/12/2015 del Tribunale di Bari;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere dott. G. Rago;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale Massimo Galli, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio;

FATTO e DIRITTO

1. MANZI Savino, a mezzo del proprio difensore, ha proposto ricorso per
cassazione contro l’ordinanza con la quale, in data 21/12/2015, il Tribunale del
Riesame di Bari aveva rigettato l’istanza di riesame contro l’ordinanza di custodia
cautelare in carcere emessa dal giudice delle indagini preliminari del tribunale di
Trani per i reati di furto aggravato, estorsione e ricettazione, deducendo
l’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza nonché l’assenza delle esigenze
cautelari.

,/’
è
2. Il ricorso, nei termini in cui entrambe le doglianze sono state dedotte,
manifestamente infondato.

Data Udienza: 25/05/2016

n

Quanto alla pretesa carenza dei gravi di colpevolezza, va osservato che il
tribunale su di essi non si è pronunciato per la semplice ragione che, come
risulta dall’ordinanza impugnata (pag. 1), l’istanza era stata limitata alla sola
valutazione delle esigenze cautelari: del tutto irrituale, quindi, è la doglianza, in
questa sede delle censure sulla pretesa violazione dell’art. 273 cod. proc. pen.
(pag. 2-6 del ricorso).
Quanto alla sussistenza delle esigenze cautelari, la doglianza dedotta (pag.
7 ss del ricorso) è del tutto aspecifica rispetto alla motivazione addotta dal

censura dedotta.
Di conseguenza, la suddetta censura va ritenuta manifestamente infondata
per aspecificità: la mancanza di specificità del motivo, invero, deve essere
apprezzata non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per
la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata
e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le
esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità
conducente, a mente dell’art. 591 comma 1 lett. c), all’inammissibilità (Sez. 4,
29/03/2000, n. 5191, Barone, Rv. 216473; Sez. 1, 30/09/2004, n. 39598,
Burzotta, Rv. 230634; Sez. 4, 03/07/2007, n. 34270, Scicchitano, Rv. 236945;
Sez. 3, 06/07/2007, n. 35492, Tasca, Rv. 237596).

3. In conclusione, l’impugnazione deve ritenersi inammissibile a norma
dell’art. 606/3 c.p.p, per manifesta infondatezza: alla relativa declaratoria
consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali, nonché al versamento in favore della Cassa
delle Ammende di una somma che, ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti
dal ricorso, si determina equitativamente in C 1.500,00.

P.Q.M.
DICHIARA
inammissibile il ricorso e
CONDANNA
il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 1.500,00 in
favore della Cassa delle Ammende.
Si provveda a norma dell’art. 94 ter disp. att. cod. proc. pen.
Sentenza a motivazione semplificata
Così deciso il 25/05/2016

Tribunale come si può evincere da un semplice raffronto fra la medesima e la

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