Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22781 del 24/05/2016


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 22781 Anno 2016
Presidente: DAVIGO PIERCAMILLO
Relatore: AGOSTINACCHIO LUIGI

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
• POPOVICI Emanuela Izabela n. Romania il 24/09/1977
avverso la ordinanza in data 30/10/2015 del Tribunale di Ancona in funzione di
giudice del riesame delle misure cautelari reali,
letti gli atti, l’ordinanza e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal consigliere dr. Luigi Agostinacchio;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
Generale dott. Delia Cardia che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del
ricorso.

RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 30/14/2015, a seguito di giudizio di riesame, il Tribunale di
Ancona confermava il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per
equivalente emesso dal Gip di quella città in data 21/09/2015, confermando il
decreto impugnato che aveva disposto il sequestro di beni nella disponibilità
dell’indagato fino alla concorrenza della somma di C 21.104,00.
Il provvedimento oggetto di gravame riguardava il reato di truffa commesso
dalla Popovici in qualità di legale rappresentante della Mec Italia Soc. Coop,
operativa in Santa Maria Nuova, ai danni dell’INPS ex art. 640 comma 2 n.1 cod.

\5),

Data Udienza: 24/05/2016

pen. relativamente all’indebito riconoscimento di benefici contributivi previsti per
la riassunzione di lavoratori posti in mobilità.
Osservava il tribunale che in sede di riesame della misura cautelare reale era
precluso l’accertamento del merito dell’azione penale ed il sindacato sulla
concreta fondatezza dell’accusa; che non poteva ritenersi, con l’evidenza
richiesta in quella sede, l’estraneità dell’indagata al programma criminoso solo
perché costui – come dedotto dalla difesa – non era stato formalmente inserito
nelle precedenti compagini societarie per le quali i lavoratori avevano prestato

dipendenti e su una serie di riscontri documentali attestanti la responsabilità
della Popovici, la quale aveva presentato all’INPS le dichiarazioni per fruire dei
benefici in questione, relativa a rapporti lavorativi interrotti sempre un mese
prima della riassunzione, con l’unica variabile della compagine sociale di
riferimento; che l’indagata doveva necessariamente essere a conoscenza
dell’effettivo stato occupazionale dei lavoratori e della fittizia mobilità.
2. Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso per cassazione Popovici Emanuela
Izabela tramite difensore di fiducia sulla base di due motivi:
violazione di legge circa la sussistenza del fumus del reato, avendo ella
rivestito dal 19 gennaio 2015 la qualità di legale rappresentante soltanto
della cooperativa Mec Italia e non delle altre società presso le quali i
lavoratori erano stati impiegati, con conseguente difetto dell’elemento
soggettivo del reato contestato, in considerazione altresì
dell’accertamento della Guardia di Finanza effettuato il 26 gennaio 2015;
– violazione di legge circa la sussistenza del periculum in mora.
Con nota del 29.02.2016 il Procuratore Generale ha formulato le proprie
conclusioni, chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è manifestamente infondato.
2.

Occorre premettere che ai fini dell’emissione del sequestro preventivo

funzionale alla confisca per equivalente del profitto del reato, non occorre un
compendio indiziario che si configuri come grave ai sensi dell’art. 273 cod. proc.
pen. pur essendo comunque necessario che il giudice valuti la sussistenza del
fumus delicti in concreto, verificando in modo puntuale e coerente gli elementi in
base ai quali desumere l’esistenza del reato astrattamente configurato, in quanto
la “serietà degli indizi” costituisce presupposto per l’applicazione delle misure

servizio; che le emergenze investigative si basavano sulle dichiarazioni dei

cautelari (di recente, Cass. sez. 3, sent. n.37851 del 04/06/2014 – dep.
16/09/2014 – Rv. 260945).
Il primo dei motivi dei ricorsi riguarda questo aspetto del provvedimento
impugnato, ritenuto carente o illogico sotto il profilo motivazionale.
Esso si caratterizza in realtà per genericità perché non tiene conto delle
specifiche argomentazioni sul punto del tribunale che ha evidenziato, sulla base
delle emergenze investigative (costituite anche da riscontri documentali alle
dichiarazioni dei dipendenti), che:

Tiulenev, erano già stati dipendenti della Ma. Con. Sri e poi dalla Lorenz
soc. coop. lavorando sempre presso la stessa sede e con i medesimi
macchinari, nello svolgimento di identica attività di confezionamento di
capi di abbigliamento;
tutte le compagini sociali facevano riferimento agli stessi soggetti (Ortenzi
e Callegari);
è pur vero che fu il Tiulenev a presentare all’INPS le dichiarazioni
telematiche per fruire dei benefici previsti per la riassunzione dei
dipendenti posti in mobilità nei sei mesi antecedenti, ma la Popovici,
subentrata nella carica al Tiulenev dopo poco, ha continuato a fruire dei
benefici conseguenti a quelle dichiarazioni, con la conseguenza che
doveva presumibilmente conoscere il piano criminoso finalizzato a
percepire benefici economici non dovuti, in mancanza di qualsiasi
elemento da cui desumere la sua buona fede (l’accettazione della carica
di amministratore comporta comunque l’assunzione dei doveri di vigilanza
e di controllo).
3. Anche il secondo motivo è privo di rilevanza.
In caso di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente, spetta
infatti al giudice il solo compito di verificare che i beni rientrino nelle categorie
delle cose oggettivamente suscettibili di confisca, essendo, invece, irrilevante sia
la valutazione del “periculum” in mora – che attiene ai requisiti del sequestro
preventivo impeditivo di cui all’art. 321 comma primo cod. proc. pen. – sia quella
inerente alla pertinenzialità dei beni (Cass. sez. 3, sent. n. 20887 del
15/04/2015 – dep. 20/05/2015 – Rv. 263408; Cass. sez. 2, sent. n. 31229 del
26/06/2014 – dep. 16/07/2014 – Rv. 260367).
4.

Per le considerazioni esposte, dunque, il ricorso deve essere dichiarato

inammissibile. Segue, a norma dell’articolo 616 c.p.p., la condanna della
ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento, a favore

3

i lavoratori assunti a settembre del 2014 dal precedente amministratore,

della Cassa delle Ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma
ritenuta equa di C 1.500,00 a titolo di sanzione pecuniaria.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.500,00 alla Cassa delle ammende.

Il Consigliere estensore

Il Presidente

Così deciso in Roma il giorno 24 maggio 2016

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