Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22769 del 01/03/2016


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 22769 Anno 2016
Presidente: CAMMINO MATILDE
Relatore: AIELLI LUCIA

Notaro Antonio Gianluca 16/6/1971
avverso l’ordinanza della Corte d’Appello di Palermo del 3/7/2015 ;
visti gli atti, l’ordinanza ed il ricorso;
udita la relazione del Consigliere dott. ssa Lucia Aielli ;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
Generale che ha concluso per il rigetto del ricorso

RITENUTO IN FATTO

1. Con decreto del 14/7/2015 il Gip del Tribunale di Lecce emetteva un decreto
di sequestro preventivo finalizzato alla confisca, nei confronti di Notaro Luciano e
Notaro Antonio Gianluca , ravvisando il fumus dei reati di cui agli artt. 416 e 644

Data Udienza: 01/03/2016

c.p., nonchè la sproporzione tra il reddito dichiarato e i beni posseduti dagli
indagati anche per interposta persona.
2. Avverso tale provvedimento proponevano istanza di riesame Notaro Luciano e
Notaro Antonio Gianluca. All’esito del procedimento di riesame il Tribunale di
Lecce con ordinanza del 9/10/2015 annullava il decreto di sequestro preventivo
nei confronti di Notaro Luciano e, limitatamente ai rapporti bancari e assicurativi
ed alla quota di un mezzo dell’opificio industriale, nei confronti di Notaro Antonio

residui beni .
3.

Avverso tale decreto ricorre Notaro Antonio Gianluca il quale tramite il

difensore prospetta il vizio di violazione del legge ( art. 606 lett. B) c.p.p., in
relazione all’art. 12 sexies D.L. 306/1992; la violazione di legge ex art. 606 lett.
C) c.p.p., in relazione all’art. 321 c.p.p.; la mancanza di motivazione ovvero il
vizio di motivazione apparente ( art. 606 lett. E) c.p.p., con riferimento agli
elementi forniti dalla difesa per giustificare la provenienza lecita dei beni intestati
al Notaro Antonio Gianluca, non avendo il Tribunale tenuto conto delle indicazioni
specifiche fornite in merito alla disponibilità, da parte del Notaro, di entrate utili
all’acquisto dei beni ovvero dei proventi dell’attività lavorativa del padre del
ricorrente a lui forniti, dei finanziamenti ottenuti e del reddito del proprio lavoro.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, per essere basato su motivi
non consentiti dalla legge nel giudizio di legittimità. Difatti, ai sensi dell’art. 325
cod. proc. pen., il ricorso per Cassazione contro l’ordinanza emessa dal Tribunale,
all’esito della richiesta di riesame in tema di misure cautelari reali proposta in
forza dell’art. 324 cod. proc. pen., può essere proposto solo per violazione di
legge. Viceversa ricorrente dichiara di impugnare il provvedimento per vizio di
motivazione facendo espresso riferimento alla censura di cui all’art. 606 comma
1 lett. e) cod. proc. pen., motivo chiaramente non consentito.
E neppure può ritenersi che nel caso di specie una motivazione sia del tutto
assente, venendo comunque integrato il vizio di violazione di legge. Difatti
per ricorrere tale ipotesi è necessario che la motivazione stessa sia del
tutto assente o meramente apparente, non avendo i pur minimi requisiti
per rendere comprensibile la vicenda contestata e l’iter logico seguito dal
giudice del provvedimento impugnato; il chè nel caso di specie non è.
2. Nel caso in esame il Tribunale esamina puntualmente le censure già

2

Gianluca. Confermava nel resto il provvedimento di sequestro relativamente ai

proposte dal ricorrente nella precedente fase ed in questa sede riprodotte ,
senza che ad esse possa attribuirsi una diversa valenza probatoria preclusa
nel giudizio di legittimità. Va rilevato che il sequestro è stato disposto,
oltrechè ai sensi dell’art. 644 ultimo comma cod. pen., anche ai sensi
dell’art. 12 sexies legge 356/92; quest’ultima norma prevede, in caso di
condanna o di applicazione della pena su richiesta per una serie di reati fra
i quali l’art. 644 cod. pen., la confisca dei beni nella disponibilità del
condannato, ove sia provata, da un lato, l’esistenza di una sproporzione fra

valore economico di detti beni e da un altro lato che non risulti una
giustificazione credibile circa la provenienza dei suddetti beni (Sez. U n.
920 del 17/12/2003, Rv. 226491; Sez. 6, n. 27710 del 7/7/2008).
Con riferimento al caso di specie ed in relazione a tutti i motivi di ricorso, il
Giudice ha fornito esaustiva motivazione, priva di illogicità o contraddizioni,
in ordine agli elementi che hanno consentito di ritenere provata l’esistenza
del fumus commissi delicti dei reati di cui agli artt. 416 e 644 c.p.,
contestati a Notaro Luciano e Sparapane Luigi ( pagg. 3 dell’ordinanza
impugnata ove sono complessivamente riportati gli elementi che
compongono il quadro indiziante ) ed allo stesso Notaro Antonio Gianluca (
pag. 4), all’ordine del quale Abbate Amleto, usurato, emetteva gli assegni
relativi al rapporto usurario intercorrente con Sparapane Luigi, sicché
ravvisati gli estremi dei reati di cui agli artt. 416 e 644 c.p., il Tribunale ha
valorizzato gli accertamenti patrimoniali eseguiti dalla Guardia di Finanza
sottolineando che essi avevano evidenziato una macroscopica sproporzione
tra i redditi dell’intero nucleo familiare e le spese sostenute ed i beni
posseduti, pari ad un ammontare complessivo di euro 179.000,00 a fronte
del quale non sono stati ritenuti “giustificazione credibile”, i redditi prodotti
dal ricorrente, considerati insufficienti, detratte le spese necessarie per il
sostentamento del nucleo familiare, a far fronte agli acquisti effettuati; né
potevano essere considerate fonti giustificative della capacità di acquisto,
l’asserita provenienza del denaro da parte del padre: Notaro Luciano , non
provata o i finanziamenti ottenuti, di modico valore rispetto alle spese
effettuate, per cui veniva legittimamente confermato il sequestro finalizzato
alla confisca.
Per i motivi esposti il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
3. Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che
dichiara inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve

il reddito da lui dichiarato o i proventi della sua attività economica ed il

essere condannata al pagamento delle spese del procedimento nonché al
pagamento in favore della cassa delle ammenda della somma di C
1.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle

ammende.

Così deliberato in camera di consiglio, il 1.3.2016

spese processuali e della somma di euro 1.000,00 alla Cassa delle

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