Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22759 del 29/04/2016


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 22759 Anno 2016
Presidente: PRESTIPINO ANTONIO
Relatore: CARRELLI PALOMBI DI MONTRONE ROBERTO MARIA

SENTENZA
sul ricorso proposto da Fiorentino Sergio nato a Cosenza il 25/3/1957
avverso la sentenza del 12/11/2015 della Corte d’appello di Catanzaro;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Roberto Maria Carrelli Palombi di
Montrone;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale,
dott. Francesco Mauro Iacoviello che ha concluso chiedendo che il ricorso
venga dichiarato inammissibile;
udito per l’imputato l’avv. Francesco Sapone che ha concluso riportandosi
ai motivi di ricorso e chiedendone l’accoglimento;

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza in data 12/11/2015, la Corte di appello di Catanzaro
confermava la sentenza del Tribunale di Cosenza del 9/5/2014, che aveva
condannato Fiorentino Sergio alla pena di anni uno di reclusione ed € 800,00
di multa per il reato di cui agli artt. 81 640 61 n. 7 cod. pen.
1.1. La Corte territoriale respingeva le censure mosse con l’atto d’appello,

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Data Udienza: 29/04/2016

in punto di riconosciuta responsabilità dell’imputato in ordine al reato allo
stesso ascritto e di tardività della querela.
2.

Avverso tale sentenza propone ricorso l’imputato per mezzo del suo

difensore di fiducia, sollevando

il seguente motivo di gravame:

inosservanza ed erronea applicazione della legge penale nonché mancanza
e manifesta illogicità della motivazione, ai sensi dell’art. 606 comma 1 lett.
b) ed e) cod. proc. pen., con riferimento all’art. 640 cod. pen., alla ritenuta

menzogna sia idonea a configurare il delitto di truffa.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è inammissibile in quanto basato su un motivo manifestamente
infondato. Difatti la questione proposta attiene a valutazioni di merito che
sono insindacabili nel giudizio di legittimità, quando il metodo di valutazione
delle prove sia conforme ai principi giurisprudenziali e l’argomentare scevro
da vizi logici, come nel caso di specie. (Sez. U. n. 24 del 24/11/1999, Rv.
214794; Sez. U. n. 12 del 31.5.2000, Rv. 216260; Sez. U. n. 47289 del
24.9.2003, Rv. 226074 ). Ed inoltre, nel caso di specie, ci si trova dinanzi
ad una “doppia conforme” e cioè doppia pronuncia di eguale segno, per cui
il vizio di travisamento della prova può essere rilevato in sede di legittimità
solo nel caso in cui il ricorrente rappresenti (con specifica deduzione) che
l’argomento probatorio asseritannente travisato è stato per la prima volta
introdotto come oggetto di valutazione nella motivazione del provvedimento
di secondo grado. Invero, sebbene in tema di giudizio di Cassazione, in
forza della novella dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), introdotta dalla
legge n. 46 del 2006, è ora sindacabile il vizio di travisamento della prova,
che si ha quando nella motivazione si fa uso di un’informazione rilevante
che non esiste nel processo, o quando si omette la valutazione di una prova
decisiva, esso può essere fatto valere nell’ipotesi in cui l’impugnata
decisione abbia riformato quella di primo grado, non potendo, nel caso di
c.d. doppia conforme, superarsi il limite del “devolutum” con recuperi in
sede di legittimità, salvo il caso in cui il giudice d’appello, per rispondere
alla critiche dei motivi di gravame, abbia richiamato atti a contenuto
probatorio non esaminati dal primo giudice (sez. 2 n. 5223 del 24/1/2007,
Rv. 236130). Nel caso di specie, invece, il giudice di appello ha riesaminato
lo stesso materiale probatorio già sottoposto al tribunale e, dopo avere

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attendibilità di quanto riferito dalle persone offese ed alla possibilità che la

preso atto delle censure dell’appellante, è giunto alla medesima conclusione
in ordine alla responsabilità dell’imputato per il fatto allo stesso ascritto.
Orbene, fatta questa doverosa premessa e sviluppando
coerentemente i principi suesposti, deve ritenersi che la sentenza
impugnata regge al vaglio di legittimità, non palesandosi assenza,
contraddittorietà od illogicità della motivazione, ovvero travisamento del
fatto o della prova. In particolare la Corte territoriale dà, adeguatamente,

persona offesa Parise e la querela sporta dall’altra persona offesa Manna,
poi deceduta, con motivazione in fatto immune da vizi di legittimità (sez. 3
n. 8382 del 22/1/2008, Rv. 239342).
Quanto alla sussistenza del delitto di truffa, viene dato atto di come
l’imputato avesse carpito la buona fede delle persone offese, « ….
ponendo in essere un contratto fraudolento, rientrante, sotto il profilo
penalistico, nella truffa contrattuale, ispirando nell’altro contraente un
affidamento vuoto di contenuto e traendo un indebito lucro». Con
specifico riferimento al tema della menzogna, in punto di fatto, la Corte
territoriale ha evidenziato che l’imputato ha « … espresso una menzogna
di potere garantire l’assunzione presso enti, tesa ad indurre in errore la
persona offesa, al fine di procurarsi un profitto …», concludendo, in punto
di diritto, che il suddetto atteggiamento psichico integra « ….
quell’avvolgimento psichico che è l’elemento costitutivo del delitto in
esame>>. E la soluzione accolta dai giudici di merito risulta pienamente
conforme alla giurisprudenza di questa Corte, in base alla quale integra
l’elemento costitutivo del reato di truffa anche la sola menzogna,
costituendo una tipica forma di raggiro (sez. F n. 42719 del 2/9/2010, Rv.
248662).
4. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi
dell’articolo 616 cod. proc. pen., la condanna dell’imputato che lo ha
proposto al pagamento delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi
profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al
pagamento a favore della Cassa delle ammende di una somma che, alla
luce del dictum della Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000,
sussistendo profili di colpa, si stima equo determinare in C 1.500,00 .

P.Q.M.

3

atto, del vaglio di credibilità al quale e’ stata sottoposta la deposizione della

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.500,00 alla Cassa delle ammende.

Così deciso, il 29 aprile 2016

stensore

Il Presidente

Il Consigl

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