Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22757 del 01/03/2016


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 22757 Anno 2016
Presidente: CAMMINO MATILDE
Relatore: AIELLI LUCIA

Amicucci Gianluca nato ad Ancona il 2/4/1970
avverso la sentenza n. 291/2014 della Corte d’Appello di Ancona del 28/1/2014;
visti gli atti , la sentenza ed il ricorso;
udita in pubblica udienza la relazione del Consigliere dott. Lucia Aielli;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.
Fulvio Baldi che ha concluso per l’annullamento con rinvio.

Premesso in fatto

Con sentenza del 28/1/2014 la Corte d’Appello di Ancona dichiarava non doversi procedere nei
confronti di Amicucci Gianluca per il reato di cui all’art. 493 bis c.p., così riqualificato il reato
originariamente contestato al capo d): art. 485 c.p., per mancanza di querela.
Confermava nel resto la sentenza di condanna in ordine ai reati di ricettazione, truffa e falso.
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Data Udienza: 01/03/2016

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Avverso tale pronuncia propone ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del suo difensore, il
quale deduce :1) la violazione di legge processuale ( art. 606 lett. c) c.p.p. ), avendo il giudice
di primo e secondo grado, impropriamente,utilizzato a fini probatori, con riferimento al capo c),
le querele delle pp.00.; 2) la violazione di legge penale ( art. 606 lett. b) c.p.p.) avendo il
giudice di merito erroneamente qualificato i fatti di cui ai capi b) e d) come falso materiale e
non come falso ideologico .

Il ricorso è manifestamente infondato e va quindi dichiarato inammissibile .
Espressamente la Corte territoriale ha argomentato in merito alla funzione propulsiva e non
probatoria attribuita alle querele delle persone offese ed ha evidenziato che l’atto di appello era
incentrato sull’ insussistenza del fatto di cui al capo c) ovvero la truffa, per mancanza del
danno e non sulla violazione processuale ora contestata, ne consegue che il motivo di ricorso
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ora proposto ? è inammissibile ai sensi dell’art. 606 c. 3 c.p.p. Non possono infatti essere
dedotte in cassazione questioni sulle quali il giudice di appello abbia correttamente omesso di
pronunciare perché non devolute alla sua cognizione ( Sez. 5 , n. 28514 del 23/4/2013, rv.
255577), tanto più che nel caso in esame la Corte di appello di Ancona, preliminarmente, ha
sottolineato di avere utilizzato le querele quali condizioni di procedibilità e non a fini di prova.
Quanto al secondo motivo consistente nella erronea qualificazione dei fatti di cui ai capi b) e d)
della rubrica, la Corte d’appello ha premesso che con riferimento alla falsità del titolo di credito
di cui al capo d), mancando la querela, doveva dichiararsi non doversi procedere per mancanza
della condizione dì procedibilità , con la conseguenza che il motivo di ricorso sul punto è da
ritenersi carente di interesse. Quanto al reato di falso di cui al capo b) relativo alla falsa
formazione di due assegni che il ricorrente vorrebbe qualificarsi quale falso ideologico e non ttty
falso materiale ( artt. 485 e 491 c.p.), il motivo di ricorso si prospetta inammissibile in quanto
generico ed espresso in forma perplessa o alternativa ( Sez. 5 27/1/2005 n. 11933 rv.
231708; Sez. 6 n. 20377 del 11/3/2009 rv. 243839).
Il ricorrente, infatti, dopo aver riprodotto uno stralcio della sentenza impugnata, “auspica un
approfondimento” da parte della Suprema Corte circa la qualificazione giuridica del fatto (
come falso ideologico ovvero ex art. 494 c.p.), senza tener conto della condivisibile adesione /
da parte della Corte di merito, alla giurisprudenza di legittimità secondo cui in tema di
emissione di assegno bancario, quando la firma di traenza risulti essere stata falsificata (tanto
che sia riferibile al titolare del conto, quanto ad altra persona), ovvero venga apposta firma di
persona inesistente, il rapporto tra il correntista e l’istituto di credito viene ad essere
illecitamente strumentalizzato, con la conseguenza che, difettando l’autorizzazione alla
emissione del titolo, si configura il reato di falso in titolo di credito (non punibile tuttavia
quando la firma apposta sia quella di persona inesistente) ( Sez. 5 n. 881 del 22/2/1999 , rv
212933), per cui nel caso di specie t 2 è stata ritenuta sussistente l’ipotesi del falso materiale

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2i

J1–

Considerato in diritto

come contestata .
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’articolo 616 cod. proc.
pen., la condanna del ricorrente che lo ha proposto al pagamento delle spese del
procedimento, nonché – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende di una somma che, alla
luce del dictum della Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000, sussistendo profili di
colpa, si stima equo determinare in € 1.000,00.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e
della somma di euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.

Così deciso il 1.3.2016

p.q.m.

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