Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22756 del 19/02/2016


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 2 Num. 22756 Anno 2016
Presidente: GALLO DOMENICO
Relatore: DIOTALLEVI GIOVANNI

SENTENZA
sul ricorso proposto da:

Amato Gennaro, nato a Napoli il 8/09/1984;

Candela Antonio, n. Napoli il 19/12/1979;

Candela Biagio, n. Napoli13/02/1978;

Candido Giuseppe, n. Napoli, 15 /03/1962;

Carmellino Giuseppe, n. Napoli il 31 maggio 1963;

De Rosa Irene, n. il 01/01/1975;

De Rosa Salvatore n. il 22/11/1977;

Di Tota Salvatore, n. Napoli, il 4 settembre 1972;

Falciola Vincenzo, n. Napoli il 3 ottobre 1979;

Marasca Domenico, n. Napoli, il 8/07/1977;

Musto Gennaro, n. Napoli, il 07/11/1977;
Palumbo Pietro, n. Torre Annunziata il 18/07/1968;
Pappagallo Salvatore, n. Napoli, il 16/09/1975;
Protano Giuseppe, n. Napoli, il 6/04/1962;

Sorrentino Gennaro n. Napoli, il 26/051969;
Treglia Patrizio, n. Napoli il 30/06/1962

avverso la sentenza della Corte d’appello di Napoli in data 12 dicembre 2014, n. 914/14,
Sentita la relazione del consigliere relatore, dott. Giovanni Diotallevi;
Sentita la richiesta del P.G., in persona del Sostituto Procuratore Generale Enrico Delehaye,
che ha concluso per il rigetto dei ricorsi di Candido Giuseppe, di Di Tota Salvatore, Protano
1

Data Udienza: 19/02/2016

Giuseppe e Sorrentino Gennaro, l’annullamento con rinvio limitatamente alla determinazione
della pena per De Rosa Irene e l’inammissibilità per tutti gli altri ricorsi ,
sentito per Di Rosa Irene l’avv.to Gabriele Valentini del foro di Roma, in sostituzione dell’avv.to
Bruno Mario del foro di Napoli che si associa alla richiesta del procuratore generale, sentito
l’avv.to Antonio Cassino del foro di Santa Maria Capua Vetere in difesa di Sorrentino Gennaro
che insiste per l’annullamento della sentenza impugnata;
sentito l’avv.to Carrino Edmondo del foro di Napoli di fiducia per Protano Giuseppe che insiste

RITENUTO IN FATTO
1.

Amato Gennaro, a mezzo del difensore di fiducia, ha proposto ricorso per Cassazione,

deducendo il seguente motivo:
a). Vizio di motivazione ai sensi dell’art. 606, lett.e), c.p.p., per mancanza e manifesta
illogicità della medesima in relazione al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti
generiche di cui all’art. 62 bis c.p., con giudizio di prevalenza sulle aggravanti contestate.
2.

Falciola Vincenzo, tramite atto sottoscritto dal difensore, ha proposto ricorso per

Cassazione, deducendo i seguenti motivi:
a). Violazione di legge ai sensi dell’art. 606, lett. b) c.p.p. in relazione al principio del
favor rei, per la mancata applicazione del trattamento sanzionatorio più mite disciplinato
dall’art. 73 D.P.R. n. 309/1990 per le droghe c.d. leggere, non essendosi proceduto alla
determinazione del quantum e della species delle sostanze stupefacenti in oggetto.
b). Vizio di motivazione ai sensi dell’art. 606, lett. e) c.p.p., per non aver i giudici
adeguatamente motivato in ordine all’omesso riconoscimento del vincolo di continuazione ai
sensi dell’art. 81, co. 2, c.p.
3.

Marasca Domenico e Palumbo Pietro, hanno proposto ricorso per Cassazione con il

difensore di fiducia, avv. Antonio Cesarano, deducendo i seguenti motivi:
a). Violazione di legge e vizio di motivazione ai sensi dell’art. 606, lett. b) e lett. e),
c.p.p. in relazione all’art. 133 c.p., per la inadeguata valutazione e per la carente motivazione
in ordine ai criteri oggettivi e soggettivi utilizzati ai fini della determinazione e della irrogazione
della pena.
4. Pappagallo Salvatore, ha proposto ricorso per Cassazione tramite il difensore di fiducia, avv.
Carlo Ercolino, deducendo il seguente motivo:
a). Vizio di motivazione ai sensi dell’art. 606, lett. e), c.p.p. per essere la stessa
apparente, ovvero mancante in ordine alla mancata concessione delle circostanze attenuanti
generiche di cui all’art. 62 bis c.p., con giudizio di prevalenza a favore della contestata
circostanza aggravante.
5. Protano Giuseppe, ha proposto ricorso per cassazione tramite il difensore di fiducia, avv.
Edmondo Carrino, deducendo i seguenti motivi:
2

per l’accoglimento del ricorso

a) Vizio di motivazione ai sensi dell’art. 606, lett.e), cod. proc. pen., per carenza,
contraddittorietà e/o manifesta illogicità della stessa in relazione al ruolo svolto dal ricorrente
all’interno dell’associazione per delinquere, desunto, secondo la difesa, unicamente dalla
partecipazione del medesimo alla commissione, del tutto episodica, di un reato-fine, all’interno
dell’attività dedita al narcotraffico facente capo al clan Amato-Pagano.
In particolare, la difesa ha lamentato la contraddittorietà della motivazione nella parte
in cui, negando l’occasionalità della condotta criminosa ascritta al ricorrente, ha ritenuto la
stessa come “missione di grande rilievo” ai fini dell’integrazione del delitto associativo e, al

generiche di cui all’art. 62 bis c.p.
b) Violazione di legge ai sensi dell’art. 606, lett. b), c.p.p., per erronea applicazione
dell’art. 74, co. 2, D.P.R. n. 309/1990.
La difesa, in punto di fatto, ha premesso che il ricorrente, a seguito del fermo disposto
dalle forze di polizia spagnole, non era riuscito a consegnare ai venditori la somma di 400.000
euro in cambio delle sostanze stupefacenti da trasportare in Italia, in quanto il suddetto
importo gli era stato sequestrato.
In altri termini, la condotta del ricorrente, essendo rimasta alle soglie del tentativo,
avrebbe configurato non già il reato ex art. 74, co. 2 D.P.R. n.309/1990, bensì il diverso reato
di cui agli artt. 110 c.p. e 73 D.P.R. n.309/1990.
Nonostante la difesa abbia proposto, in via incidentale, tale diversa qualificazione
giuridica del fatto nei motivi di gravame, i giudici d’appello non hanno preso in considerazione
la questione.
c) Violazione dell’art. 111 Cost., c. 1 e 2, con riferimento all’art. 12 delle preleggi e
violazione degli artt. 179, 648 e 649 cod. proc. pen., per inosservanza del giudicato cautelare,
il quale avrebbe determinato un effetto preclusivo in ordine alla qualificazione del fatto
costituente reato.
La difesa ha dedotto che, contrariamente a quanto prospettato in sede cautelare, ove il
giudice ha ritenuto opportuno qualificare il fatto di cui al capo Z) all’interno dell’ipotesi di cui
all’art. 73 D.P.R. n. 309/1990, i giudici di merito, sia di primo che di secondo grado, non hanno
aderito a tale impostazione, inquadrando, invece, il fatto nel reato di cui all’art. 74 D.P.R.
n.309/1990, e sostenendo la non sovrapponibilità e la totale autonomia dei due momenti
processuali, l’uno inerente alla fase cautelare, l’altro a quella di merito.
6. Carmellino Giuseppe, ricorre per Cassazione deducendo i seguenti motivi:

a) violazione dell’art. 606 lett. b) cod. proc. pen. stante l’omesso riconoscimento delle
circostanze attenuanti generiche prevalenti rispetto alle contestate aggravanti.
La Corte d’appello di Napoli ha emesso un giudizio di equivalenza tra circostanza aggravanti ed
attenuanti. Tuttavia, le modalità della condotta avrebbero facilmente consentito alla Corte di
pronunciarsi secondo un giudizio di prevalenza delle attenuanti rispetto alle aggravanti,
comminando una pena più consona ai criteri ex art. 133 c.p.
3

contempo, come “ruolo di minor rilievo” ai fini della concessione delle circostante attenuanti

b) violazione dell’art 606 lett. e) cod. proc. pen. per omessa motivazione circa l’omesso
riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche come prevalenti sulle contestate
aggravanti.
c) violazione dell’art 606 lett. b) cod. proc. pen. per inosservanza del principio del favor
rei stante l’omessa individuazione del genere e della quantita’ della sostanza stupefacente. Il
genus delle sostanze stupefacenti- droghe c.d. “pesanti” e droghe c.d. “leggere”-, dopo la
dichiarazione di illegittimità costituzionale degli artt. 4 bis e 4 vicies ter del D.L. 272/2005
convertito con modifiche nell’art. 1 co. 1 della L. 49/2006 , rileva ai fini dell’applicazione di un

genere di sostanza oggetto dei reati commessi dal Carmellino, per il principio del favor rei,
occorrerebbe, secondo il ricorrente, ritenere, per presunzione, quella stessa sostanza come
droga leggera, e dunque applicare una pena più mite.
7. De Rosa Salvatore ricorre per Cassazione deducendo i seguenti motivi:

a) -violazione dell’art. 606 lett. b) cod. proc. pen., stante l’omesso riconoscimento delle
circostanze attenuanti generiche prevalenti rispetto alle contestate aggravati.
b) -violazione dell’art 606 lett. e) cod. proc. pen., per omessa motivazione circa
l’omesso riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche come prevalenti sulle
contestate aggravanti
c) – violazione dell’art 606 lett. b) cod. proc. pen., per inosservanza del principio del
favor rei

stante l’omessa individuazione del genere e della quantita’ della sostanza

stupefacente .
8. Tota Salvatore deduce:

a) violazione dell’art. 606 lett. b) cod. proc. pen. stante l’omesso riconoscimento delle
circostanze attenuanti generiche prevalenti rispetto alle contestate aggravati.
9. Musto Gennaro deduce:

a) violazione dell’art 606 lett. e) cod. proc. pen.per carente motivazione in relazione ai
criteri di cui all’art. 133 c.p. utilizzati per la commisurazione della pena e l’omessa indicazione
della sospensione condizionale della stessa.
10. De Rosa Irene deduce:

a) violazione dell’art. 606 lett. b) ed e) c.p.p. in relazione anche all’art .597 c.p.p.
In particolare lamenta l’erronea applicazione della legge da parte della Corte d’appello. Infatti,
nella rideterminazione della pena, il giudice di secondo grado ha ridotto la pena, omettendo
però qualsivoglia riferimento alla sentenza della Corte Costituzionale che ha riformato in
concreto le pene edittali per la detenzione di sostanze stupefacenti c.d. “leggere”.
Già in primo grado la pena era stata diminuita, ma in modo semplice, guardando cioè alle sole
attenuanti generiche. In seguito alla sentenza della Consulta si sarebbe imposto, per il giudice
d’appello, un diverso criterio per il giudizio di rideterminazione della pena (quello di deminutio
per il caso di detenzione di sostanze stupefacenti leggere).
4

trattamento sanzionatorio più mite. Dal momento che la Procura non individua la quantità e il

La sentenza di secondo grado dunque violerebbe il divieto di reformatio in peius di cui all’art
597 cod. proc. pen. Per questi motivi chiede l’annullamento della stessa per una nuova
determinazione della pena rispondente agli indirizzi dettati dalla Consulta e a un maggiore
ancoraggio ai criteri di cui all’art 133 c.p.
11) Treglia Patrizio deduce:
a) Violazione art. 606 lett. b) cod. proc. pen. per inosservanza ed erronea applicazione
della legge penale ed intervenuta causa di estinzione del reato per intervenuta prescrizione e
violazione dell’art. 133 c.p.

motivazione apparente. Oltre a ciò, risulta sproporzionata rispetto ai fatti contestati e alla
personalità del soggetto.
Sarebbe, inoltre, mancata quella attività, pur sempre richiesta nel rito speciale di cui all’art 444
c.p.p. , volta ad accertare l’assenza dell’operatività dell’art. 129 c.p.p. ( assenza di cause di
non punibilità) e l’esatta qualificazione del fatto, la correttezza della valutazione delle
circostanze e dell’adeguatezza della pena.
E di detta attività il giudice deve dare conto nella sentenza, pur se in modo sintetico. Questa
motivazione manca nella sentenza impugnata.
Il ricorrente richiama ,infine, la pronuncia della Consulta in materia di sostanza stupefacenti (la
sent. n. 32 del 2014) che dichiarava l’illegittimità costituzionale, per violazione dell’art. 77, co
2 della Costituzione, degli artt. 4 bis e 4 vicies ter del D.L. 272/2005 come convertito con
modificazioni dall’art.1 della L. 49/2006, rimuovendo così le modifiche apportate, con le norme
dichiarate illegittime, agli artt. 73, 13 e 14 del D.p.r. 309/90 (T.U. in materia di stupefacenti) .
La sentenza della Consulta, bocciando la legge Fini-Giovanardi, ha reintrodotto la
differenziazione tra droghe leggere e pesanti sotto il profilo sanzionatorio nonché una
diminuzione del massimo edittale per le ipotesi del “piccolo spaccio”.
Considerato che l’imputato veniva condannato per violazione dell’art. 73 del d.p.r. 309/90, per
la quale era previsto, prima delle modifiche dichiarate incostituzionali, dal sistema tabellare e
da una sentenza della S.C. (IV sez.pen. n. 27619 del 2014), un abbassamento del “tetto”
edittale per i fatti di lieve entità a quattro anni di reclusione, anche i tempi decorsi per la
prescrizione del reato de quo dovrebbero ritenersi decorsi.

12. Candela Antonio e Candela Biagio deducono:
a) violazione dell’art 606 lett b) ed e) cod. proc. pen. per inosservanza ed erronea
applicazione dell’art 129 cod. proc. pen. e connesso difetto di motivazione, sotto i profili della
mancanza, contraddittorieta’ o manifesta illogicita’, in ordine all’affermazione della penale
responsabilita’.
Secondo i ricorrenti vi sarebbe stato un errore della Corte di merito quando ha ritenuto,
a seguito della rinunzia ai motivi di gravame con esclusione di quelli attinenti alla
determinazione della pena, di delimitare il suo giudizio a quei punti e capi della decisione sui
5

La pena applicata da giudice a quo dopo l’accordo delle parti risulta caratterizzata da

quali non è intervenuta la rinunzia della parte. L’errore riguarderebbe, in particolare, la
mancata applicazione dell’art 129 c.p.p. Il giudice, per evitare di pronunciarsi sulla presunta
responsabilità degli imputati, avrebbe sostenuto in sentenza ciò che non risulta dagli atti
processuali, vale a dire il riconoscimento degli addebiti da parte degli imputati.
Oltre a ciò, la Corte d’Appello avrebbe omesso di analizzare il contraddittorio e lacunoso
quadro probatorio, dal quale non sarebbe stato possibile ricavare elementi in grado di
dimostrare con elevato grado di probabilità logica e razionale la responsabilità dei Candela.
b) violazione dell’art 606 lett. b) ed e) per inosservanza ed erronea applicazione dell’art.

manifesta illogicita’- in ordine alla affermazione della penale responsabilita’ degli imputati in
ordine al delitto ex art. 416 bis c.p.
La violazione di legge è rilevata nella parte della sentenza in cui i giudici d’appello affermano la
responsabilità degli imputati in ordine al delitto di cui all’art. 416 bis, anche in considerazione
della ritenuta partecipazione degli stessi al delitto associativo ex art. 74 d.p.r. 309/90
aggravato dall’art 7 1.203/1991.
I giudici avrebbero utilizzato il medesimo materiale probatorio per sostenere la sussistenza
delle due contestazioni, senza individuare in realtà elementi sintomatici che possano consentire
l’affermazione di responsabilità per entrambi i delitti.
Sarebbe stato necessario, dunque, individuare comportamenti concreti che fossero espressivi
di un contributo stabile, volontario, causalmente efficiente offerto dal soggetto nelle molteplici
associazioni contestate. A parere della difesa, la prova del contributo causale offerto dagli
imputati rispetto al delitto di cui all’art. 416 bis mancherebbe.
c) violazione art 606 lett b) ed e) per inosservanza ed erronea applicazione della legge
penale in relazione alla sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 7 legge 203/1991
L’aggravante di cui all’art. 7 I. 203/1991 applicata agli imputati costituirebbe una palese
violazione di diritto. Se un’associazione di narcotrafficanti può, in linea astratta, essere
aggravata ai sensi della norma indicata, se funzionale allo stabile e cospicuo finanziamento
dell’organismo mafioso, è pur vero che ai soggetti in questione è stata contestata anche la
specifica fattispecie di associazione al sodalizio mafioso di cui all’art 416 bis, con il risultato
iniquo di una doppia stigmatizzazione per il medesimo nucleo di disvalore.
d) violazione dell’art. 606 lett. b) ed e) per inosservanza ed erronea applicazione della
legge penale con riferimento agli artt. 132, 133 c.p. e connesso difetto di motivazione; vizio
risultante dal testo del provvedimento impugnato
Nella determinazione della pena, il giudice di merito avrebbe omesso di indicare i criteri
seguiti. Tale indicazione è necessaria per evitare che la “discrezionalità vincolata” del giudice,
nell’applicazione dell’art 133 c.p. sconfini in puro arbitrio.
13. Candido Giuseppe deduce:

a) violazione dell’art 606 lett. e) i relazione alla mancata pronuncia del ne bis in idem
con riferimento ai capi a) e b) della rubrica e violazione dell’art. 62 bis c.p.
6

129 c.p.p. e connesso difetto di motivazione- sotto i profili della mancanza, contraddittorieta’ o

Il ricorrente lamenta che la condanna irrogata per entrambe le ipotesi di associazione a
delinquere (art. 416 bis c.p. capo a) e art. 74 d.P.R. n. 309/90 costituirebbero un
inammissibile bis in idem. Lamenta poi la omessa motivazione in ordine alla mancata
concessione delle circostanze attenuanti generiche.
14. Sorrentino Gennaro ha dedotto:
a Mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione ai sensi dell’art.
606, lett. e) cod. proc. pen., per essere stata la stessa del tutto carente in ordine ad uno dei
motivi di gravame in appello, relativo alla richiesta dichiarazione di nullità della sentenza ex

La difesa, premesso che il materiale probatorio del giudizio di primo grado, nonché del
giudizio di appello, è fondato quasi esclusivamente sulle dichiarazioni rese dai collaboratori di
giustizia, deduce che sarebbe stato dimostrato il mero coinvolgimento del ricorrente nelle
attività legate allo spaccio di sostanze stupefacenti, senza che venisse delineato il ruolo
ricoperto dal medesimo all’interno delle due compagini associative; lamenta la violazione del
principio di correlazione tra accusa e sentenza, sostenendo che gli elementi probatori posti a
fondamento delle due ipotesi di reato di cui all’art. 416 bis cod.pen., siano, in realtà, idonei ad
individuare esclusivamente la condotta all’interno della fattispecie ex art. 74 D.P.R. n. 309/90.
CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Osserva la corte che i ricorsi di Amato Gennaro, Falciola Vincenzo, Pappagallo
Salvatore, Marasca Domenico, Di Tota Salvatore, Musto Gennaro, Treglia Patrizio, Palumbo
Pietro, Carmellino Giuseppe, De Rosa Salvatore relativi rispettivamente alla mancata
concessione delle circostanze attenuanti generiche per il primo e il terzo, all’applicazione
dell’attenuante di cui all’art. 73 d.P.R. n. 309/90 e dell’art. 81, c. 2 cod. pen. per il secondo,
per i criteri di dosimetria della pena ai fini dell’applicazione dell’art. 133 cod. pen. per il quarto,
per il sesto, per l’ottavo e per il settimo insieme alla dedotta prescrizione per quest’ultimo,
all’omesso giudizio di prevalenza delle circostanze attenuanti generiche per il quinto, alla
mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche e comunque del giudizio di
prevalenza rispetto alle circostanze riconosciute, nonché alla quantificazione della pena ai
sensi dell’art. 1, c.1 della legge n. 49/2006, come modificato a seguito della sentenza della
Corte Cost., n. 32/2014 , in ragione dell’assenza di prova del commercio di droghe pesanti,
anche con riferimento alla “qualità” della droga commerciata dall’associazione,per il nono e il
decimo, sono manifestamente infondati. I motivi concernono sostanzialmente i criteri di
dosimetria della pena, anche con riferimento alle attenuanti invocate e all’applicazione
dell’istituto della continuazione; essi appaiono manifestamente infondati e pertanto
inammissibili. In questi casi si prospettano esclusivamente valutazioni di elementi di fatto,
divergenti da quelle cui è pervenuto il giudice d’appello con motivazioni congrue ed esaustive,
previo specifico esame degli argomenti difensivi attualmente riproposti (v. pagg. 35,36, 39,40,
7

art. 604, co. 1 cod. proc. pen.

41, 42, 267,268,269, della sentenza d’appello). Le valutazioni di merito sono insindacabili nel
giudizio di legittimità, quando il metodo di valutazione delle prove sia conforme ai principi
giurisprudenziali e l’argomentare scevro da vizi logici, come nel caso di specie. (Cass. pen. sez.
un., 24 novembre 1999, Spina, 214794), come è avvenuto per il Carmellino, dove vi è
chiaramente indicato il riferimento al commercio di cocaina ed eroina (v. v. fatto contestato al
capo n) e pag. 76 della sent. d’appello e per il De Rosa, dove l’attività dell’associazione di cui
all’art. 74 pacificamente era relativa al commercio di varie tipologie di sostanza stupefacente,
comunque motivo neppure dedotto in appello secondo quanto emerge dal richiamo della

responsabilità per Amato, Candela Antonio e Candela Biagio, Falciola, Marasca, Musto,
Palumbo, Pappagallo , Treglia, ( ud. 31 ottobre 2014) Carmellino e De Rosa Salvatore (ud. 28
novembre 2014). Tutti i motivi inoltre sono privi della specificità, prescritta dall’art. 581, lett.
c), in relazione all’art 591 lett. c) c.p.p., a fronte delle motivazioni svolte dal giudice d’appello,
che non risultano viziate da illogicità manifeste; questa corte ha stabilito che “La mancanza
nell’atto di impugnazione dei requisiti prescritti dall’art. 581 cod. proc. pen. – compreso
quello della specificità dei motivi- rende l’atto medesimo inidoneo ad introdurre il nuovo
grado di giudizio ed a produrre, quindi, quegli effetti cui si ricollega la possibilità di
emettere una pronuncia diversa dalla dichiarazione di inammissibilità”. (Cass. pen., sez 1,
22.4.97, Pace, 207648), come è evidente per la genericissima dedotta maturazione del
termine prescrizionale da parte del Treglia. In ogni caso l’inammissibilità del ricorso per
cassazione preclude ogni possibilità sia di far valere sia di rilevare d’ufficio l’estinzione del
reato per prescrizione. Deve aggiungersi , peraltro, che il ricorso del Treglia è tutto finalizzato
a contestare una sentenza di patteggiamento, di cui non vi è traccia in atti.

2. Tutte le considerazioni sopra riportate relative alla manifesta infondatezza dei motivi
e alla genericità degli stessi devono ritenersi applicabili, anche a Candela Antonio e a Candela
Biagio anche in conseguenza della rinuncia ai motivi d’appello operata da costoro all’udienza
del 31 ottobre 2014 (v. pag. 35 della sentenza d’appello), con ammissione di tutti gli addebiti
contestati, ed avendo lasciato aperto il gravame esclusivamente in ordine alla determinazione
della pena, che in effetti è stata ridotta, grazie al giudizio di prevalenza delle attenunati
generiche e ai diversi criteri di dosimetria della pena con riferimento all’incidenza
dell’aggravante di cui all’art. 7 1.203/91 e alle modalità dì applicazione dell’istituto della
continuazione (v. pag. 40 della sentenza d’appello).

3.

Analogamente deve ritenersi manifestamente infondato il ricorso di Candido

Giuseppe.
Osserva la Corte che il principio di preclusione del “ne bis in idem” non opera, per
diversità del fatto, addirittura nel caso in cui un soggetto faccia parte, anche in coincidenza
temporale, di due diverse associazioni criminose. (Sez. 5, n. 44537 del 10/03/2015 – dep.
8

sentenza pagg. 31, 32), oltre la rilevanza dell’intervenuta rinuncia ai motivi in ordine alla

04/11/2015, Barilari e altro, Rv. 264684)(Sez. 5, n. 19008 del 13/03/2014 – dep. 08/05/2014,
Calamita e altri, Rv. 260002) (Sez. 1, n. 44860 del 05/11/2008 – dep. 02/12/2008, Ficara, Rv.
242197) (Sez. 1, n. 44860 del 05/11/2008 – dep. 02/12/2008, Ficara, Rv. 242197). Nel caso
in esame la Corte d’appello ha fatto corretta applicazione del principio di cui all’art. 649 c.p.,
assolvendo il ricorrente in ordine al reato di cui al capo d) in relazione a sentenza già passata
in giudicato (v. pag. 43 sent. d’appello); correttamente, al contrario, ha ritenuto l’assenza dei
presupposti per l’applicazione del medesimo principio per quanto riguarda i reati associativi
contestati ai capi a) e b) valorizzando, quali elementi idonei a differenziare il fatto storico, per

capo d), la diversità temporale dei fatti in ordine ai quali è stata affermata la sua
responsabilità, la diversità dei soggetti apicali e dei partecipi alle due associazioni, la
circostanza che le organizzazioni operavano in ambiti territoriali distinti, seppur contigui, e
addirittura contrapposte tra loro (clan Di Lauro) e successivamente ad altra associazione
mafiosa contrapposta alla prima (clan Amato Pagano v. pagg. 43,44, 45,46, 68 – 75 sentenza
d’appello). La censura in ordine ai criteri di dosimetria dela pena è assolutamente generica e
quindi inammissibile.
4. I ricorsi di Sorrentino Gennaro e Protano Giuseppe sono infondati.
4.a In particolare per quanto riguarda i motivi del Sorrentino occorre rilevare che il
motivo era già stato dedotto in appello, e si presenta ai limiti dell’inammissibilità ; la Corte
motiva con coerenza logico giuridica la conclusione in ordine alla quale ritiene provata la
responsabilità del prevenuto in ordine ai reati associativi contestati, circostanza peraltro
ritenuta anche dal TDL, in base alle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia (v. pagg. 47 e
ss.), anche con riferimento al ruolo avuto nella gestione del traffico relativo alle sostanze
stupefacenti (v. pagg. 65 e ss. sentenza d’appello), anche perchè, in fatto, valgono le analoghe
considerazioni espresse per il Candido Giuseppe. La mancanza di rideterminazione della pena è
ampiamente giustificata , anche in relazione al diverso trattamento applicato al Candido, che è
stato assolto in ordine al reato di cui al capo d).
4.b. Anche i motivi dedotti dal Protano sono infondati.
Le circostanze di fatto, sulla base delle quali poggia l’affermazione di responsabilità in
ordine al reato di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309 /90 sono oggetto di una puntuale e condivisibile
analisi critica da parte dei giudici di merito, che non può essere inficiata dall’affermazione fatta
dal TDL, che , in sede di riesame, ad indagini ancora in corso, ha ritenuto di riqualificare la
contestazione, provvisoria per definizione, ai sensi dell’art. 73 del d.P.R. n. 309/90. Sul punto ,
concernente la sua qualità di partecipe all’associazione le due sentenze di primo e secondo
grado formano un blocco uniforme, che non può essere scalfito dalle censure sollevate in grado
d’appello e ripropooste in cassazione. Due degli elementi contestati, il possesso di una
ingentissima somma di denaro da utilizzare per l’acquisto di sostanza stupefacente, 400.000
euro e essere stato accompagato da uno dei personaggi di spicco dell’associazione (Peppe
Candela), sono sufficienti, al di là di ogni ragionevole dubbio, a far ritenere l’intraneità del
9

quanto riguarda il reato di cui all’art. 416 bis cod. pen. rispetto all’assoluzione in relazione al

ricorrente all’associazione contestata, peraltro ribadita anche dalla febbrile attività posta in
essere dopo il suo arresto dai complici e puntualmente trascritta nel contenuto delle
intercettazioni telefoniche richiamate (v. pag. 543 e ss. della sentenza di primo grado e
amplius pagg. 79 – 123 della sentenza d’appello).

5. Il ricorso della Di Rosa Irene è invece fondato nei limiti e sensi di seguito chiariti.
Appare fondata la censura relativa alla omessa motivazione in ordine alla entità della pena
irrogata dai giudici d’appello rispetto alla pena irrogata in primo grado, nonostante la

costituzionale n. 32 del 2014, in materia di sostanze stupefacenti concernenti le c.d. « droghe
leggere » tipo « haschisc ». Il diritto dell’imputato, desumibile dall’art. 2, comma quarto, cod.
pen., di essere giudicato in base al trattamento più favorevole tra quelli succedutisi nel tempo,
comporta per il giudice della cognizione il dovere di applicare la “lex mitior” anche nel caso in
cui la pena inflitta con la legge previgente rientri nella nuova cornice sopravvenuta, in quanto
la finalità rieducativa della pena ed il rispetto dei principi di uguaglianza e di proporzionalità
impongono di rivalutare la misura della sanzione, precedentemente individuata, sulla base dei
parametri edittali modificati dal legislatore in termini di minore gravità. (Sez. U, n. 46653 del
26/06/2015 – dep. 25/11/2015, Della Fazia, Rv. 265110). Seppure tale parametro sia stato
formalmente rispettato, lo spessore della forbice edittale tra il minimo ed il massimo
originariamente previsto e quello attualmente applicabile a seguito della sentenza del giudice
delle leggi, impone una motivazione adeguata rispetto alla decisione adottata.
6. Alla luce delle suesposte considerazioni deve essere annullata la sentenza impugnata
nei confronti di De Rosa Irene limitatamente al trattamento sanzionatorio, con rinvio ad altra
sezione della Corte d’appello di Napoli per nuovo giudizio;
Devono essere rigettati i ricorsi di Protano Giuseppe e Sorrentino Gennaro cui consegue
la condanna al pagamento delle spese processuali.
Devono essere dichiarati inammissibili i ricorsi di Amato Gennaro, Candela Antonio, Candela
Biagio, Candido Giuseppe, Carmellino Giuseppe, De Rosa Salvatore, Di Tota Salvatore, Falciola
Vincenzo, Marasca Domenico, Musto Gennaro, Palumbo Pietro, Pappagallo Salvatore e Treglia
Patrizio, cui consegue la condanna al pagamento delle spese processuali e per ciascuno il
versamento della somma di euro 1000,00 alla Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Annulla 1~:~1 la sentenza impugnata nei confronti di De Rosa Irene limitatamente al
trattamento sanzionatorio, con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Napoli per nuovo
giudizio;
rigetta i ricorsi di Protano Giuseppe e Sorrentino Gennaro cui consegue la condanna al
pagamento delle spese processuali.
Dichiara inammissibili i ricorsi di Amato Gennaro, Candela Antonio, Candela Biagio, Candido
Giuseppe, Carmellino Giuseppe, De Rosa Salvatore, Di Tota Salvatore, Falciola Vincenzo,
10

reviviscenza del trattamento sanzionatorio più favorevole derivante dalla sentenza della Corte

Marasca Domenico, Musto Gennaro, Palumbo Pietro, Pappagallo Salvatore e Treglia Patrizio,
che condanna al pagamento delle spese processuali e ciascuno al versamento della somma di
euro 1000,00 alla Cassa delle ammende.

Roma,

ebbraio 2016

Il Cons

e estensore

Giova,iot, le

4

7I, P esiden te
Do nico G )7oretr2
\p–

Ar li*VOIE.

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA