Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22751 del 04/02/2016


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 22751 Anno 2016
Presidente: PRESTIPINO ANTONIO
Relatore: DIOTALLEVI GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BALSAMO FELICE N. IL 22/02/1954
avverso la sentenza n. 2245/2013 CORTE APPELLO di SALERNO, del
20/02/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 04/02/2016 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIOVANNI DIOTALLEVI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. AAAAQ9kb
che ha concluso per

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Data Udienza: 04/02/2016

RITENUTO IN FATTO
Balsamo Felice ricorre, a mezzo dei suoi difensori, avverso la sentenza della Corte d’appello di
Salerno in data 20 febbraio 2014 con la quale, in parziale riforma della sentenza del Tribunale
di Sala Consilina in data 4 giugno 2013, l’imputato veniva condannato alla pena di anni tre e
mesi sei di reclusione per il delitto di cui all’art. 644 c.p.

a) Violazione della legge processuale penale in relazione all’art 178 lett. c) c.p.p., in
quanto la Corte d’appello ha ritenuto legittima l’ordinanza resa dal Tribunale di Sala
Consilina la quale, disponendo il rinvio dell’udienza per legittimo impedimento
dell’imputato, ha disatteso la sua espressa volontà di partecipare all’udienza, non
sussistendo di fatto l’impedimento prospettato. Si deducono inoltre correlati vizi di
contraddittorietà e illogicità della motivazione.
b) Violazione della legge processuale penale in relazione all’art. 268, comma 7 c.p.p., in
quanto il ricorrente ritiene inutilizzabile la perizia trascrittiva delle intercettazioni
telefoniche acquisite al processo di primo grado, non essendo stato escusso nel
contraddittorio delle parti il perito nominato per la trascrizione. Si deduce omessa
motivazione sul punto.
c) Violazione della legge processuale penale dovuta alla ritenuta utilizzabilità, da parte del
Tribunale, delle intercettazioni disposte in altro procedimento di competenza del
Tribunale di Lagonegro, sottolineando che le stesse sono prive dei requisiti ex art. 270
c.p.p. per l’utilizzazione in procedimenti diversi da quelli in cui sono state disposte; si
deducono correlati vizi di contraddittorietà e illogicità della motivazione ex art. 606,
comma 1 lett. e) c.p.p.
d) Violazione della legge processuale penale, in relazione agli artt. 431 e 526 c.p.p.,
dovuta alla ritenuta utilizzabilità ai fini della deliberazione, da parte del Tribunale di
primo grado, dell’ordinanza di custodia cautelare. Sottolinea la difesa che il
provvedimento coercitivo va valutato esclusivamente ai fini dello status libertatis
dell’imputato e non dell’accertamento della sua responsabilità penale. Si censura
omessa motivazione sul punto.
e) Violazione dell’alt 644 c.p. con riferimento ai requisiti richiesti dalla legge per la
configurabilità del delitto, dato che dal quadro probatorio formatosi nel corso
dell’istruttoria dibattimentale è emerso che i delitti di usura non appaiono integrati in
quanto i prestiti non sono stati elargiti a tassi usurari. Violazione dell’art. 606, comma 1
lett. e) c.p.p. per contraddittorietà e illogicità della motivazione sul punto.
f)

A sostegno dell’impugnazione la difesa deduce:

Violazione della legge processuale penale ex artt. 606, comma 1 lett. b) c) c.p.p. in
relazione alla rideterminazione della pena operata dalla Corte d’appello la quale, avendo
riconosciuto le circostanze attenuanti generiche con giudizio di equivalenza sulle
contestate aggravanti, ha tuttavia irrogato una pena maggiore rispetto a quella stabilita
dal giudice di primo grado prima di procedere all’aumento della pena base per le
contestate aggravanti, violando così il principio del divieto di reformatio in peius,
avendo appellato il solo imputato. Si censura, altresì, mancanza assoluta di motivazione
………__,
sul punto.

CONSIDERATO IN DIRITTO

2. Osserva la Corte che nella sentenza risultano affrontate correttamente tutte le
questioni dedotte nel ricorso che , tranne l’ultimo motivo, erano già state proposte in appello.
Ciò premesso ritiene il collegio che nel ricorso per cassazione contro la sentenza di
appello non può essere riproposta – ferma restando la sua deducibilità o rilevabilità “ex officio”
in ogni stato e grado del procedimento – una questione che aveva formato oggetto di uno
dei motivi di appello sui quali la Corte si è già pronunciata in maniera esaustiva, senza errori
logico – giuridici. Ne deriva, in ipotesi di riproposizione di una delle dette questioni con ricorso
per cassazione, che la impugnazione deve essere dichiarata inammissibile a norma dell’art.
606, terzo comma, ultima parte, cod. proc. pen.”. ( Cass. pen., sez 6, 25.1.94, Paolicelli,
197748).
L’eccezione sollevata con il primo motivo di ricorso , dunque, non supera il vaglio
dell’inammissibilità. La Corte ha adottato un provvedimento che non ha apportato alcun
nocumento al diritto di difesa dell’imputato; anzi , al contrario, con il rinvio predisposto, ha
consentito il pieno rispetto dell’effettività del contraddittorio e della parità di trattamento tra le
varie parti processuali (v. pag. 4 della sentenza dì’appello).
Allo stesso modo è inammissibile la censura relativa alla mancata escussione del perito ,
visto che alla difesa è stato concesso tutto il tempo necessario per esaminare la perizia
depositata e non è stata avanzata alcuna richiesta di esame del perito.
Per quanto riguarda il terzo motivo di ricorso correttamente la Corte d’appello ha
applicato il consolidato principio giurisprudenziale in base al quale in tema di intercettazione di
conversazioni, ai fini del divieto di utilizzazione previsto dall’art. 270, comma primo, cod. proc.
pen., la nozione sostanziale di “diverso procedimento” va desunta dal dato dell’alterità o non
uguaglianza del procedimento instaurato non nell’ambito del medesimo filone investigativo, ma
in relazione ad una notizia di reato, che deriva da un fatto storicamente diverso da quello
oggetto di indagine nell’ambito di altro, differente, anche se connesso, procedimento,
circostanza palesemente insussistente nel caso in esame v. pag. 4 della sentenza d’appello).
(Sez. 2, n. 19730 del 01/04/2015 – dep. 13/05/2015, P.M. in proc. Vassallo, Rv. 263527).
Per quanto riguarda il quarto motivo non emerge da alcun riferimento motivazionale che
l’ordinanza di custodia cautelare sia stata utilizzata per affermare la responsabilità del
prevenuto. Nel caso in esame è stata dunque fatta corretta utilizzazione del principio in base
al quale in tema di prova documentale, l’ordinanza di custodia cautelare, al pari della sentenza
non irrevocabile, può essere acquisita al processo a norma dell’art.234 cod. proc. pen. solo per
provare che nei confronti di una persona è stato emesso un provvedimento perché imputata, in
concorso o meno con altri, di uno specifico reato e non anche come prova dei fatti in essa
affermati, posto che l’art.238 bis cod. proc. pen. riconosce tale valore probatorio solo alla
sentenza irrevocabile. (Sez. 6, n. 15912 del 28/01/2015 – dep. 16/04/2015, Palermita e altro,
Rv. 263121).
Per quanto riguarda il motivo di cui alla lettere e) ritiene la Corte che sia
manifestamente infondato. Le valutazioni di merito sono insindacabili nel giudizio di legittimità,
quando il metodo di valutazione delle prove sia conforme ai principi giurisprudenziali e
l’argomentare scevro da vizi logici, come nel caso di specie (si veda il riferimento alle
motivazioni della sentenza di primo grado criticamente condivise in ordine alla dimostrazione
del superamento del tasso soglia e le conclusioni della sentenza d’appello v. pag. 4,5,6,7 della
sentenza d’appello ) (Cass. pen. sez. un., 24 novembre 1999, Spina, 214794);i1 ricorso sotto
questo profilo è privo della specificità prescritta dall’art. 581, lett. c), in relazione all’art 591
lett. c) c.p.p., a fronte delle motivazioni svolte dal giudice d’appello, che non risultano viziate
da illogicità;

1. Il ricorso è fondato nei limiti e sensi più oltre chiariti.

P.Q.M .
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla determinazione della pena, con rinvio
alla Corte d’appello di Campobasso. Rigetta nel resto il ricorso.
Ro a, 4 febbraio 2016
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Il Presi ente
Antoni Pr stipino

Questa corte ha stabilito che “La mancanza nell’atto di impugnazione dei requisiti
prescritti dall’art. 581 cod. proc. pen. – compreso quello della specificità dei motivi- rende
l’atto medesimo inidoneo ad introdurre il nuovo grado di giudizio ed a produrre, quindi,
quegli effetti cui si ricollega la possibilita’ di emettere una pronuncia diversa dalla
dichiarazione di inammissibilità”. (Cass. pen., sez 1, 22.4.97, Pace, 207648).
E’ fondato, al contrario, l’ultimo motivo di ricorso.
Nel caso in esame deve trovare applicazione il consolidato principio giurisprudenziale in
base al quale nel giudizio di appello, il divieto di reformatio in peius della sentenza impugnata
dall’imputato non riguarda solo l’entità complessiva della pena, ma tutti gli elementi autonomi
che concorrono alla sua determinazione, per cui il giudice di appello, anche quando esclude
una circostanza aggravante, o ceoncede delel circostanze attenuanti non concesse i primo
grado e per l’effetto irroga una sanzione inferiore a quella applicata in precedenza, non può
fissare la pena base in misura superiore rispetto a quella determinata in primo grado, come
invece è avvenuto nel caso di specie (Sez. 4, n. 18086 del 24/03/2015 – dep. 29/04/2015,
Carota, Rv. 263449)
Alla luce delle suesposte considerazioni la sentenza impugnata deve essere annullata
limitatamente alla determinazione della pena, con rinvio alla Corte d’appello di Campobasso ;
nel resto il ricorso deve essere rigettato.

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