Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22741 del 29/05/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 22741 Anno 2016
Presidente: CORTESE ARTURO
Relatore: TARDIO ANGELA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
COFFA FRANCESCO, nato a Brindisi il 23/11/1981,
avverso l ‘ordinanza n. 969/2014 TRIBUNALE LIBERTÀ di LECCE del
12/12/2014;

sentita la relazione fatta dal Consigliere dott. Angela Tardio;
sentite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del
Sostituto Procuratore Generale dott. Antonio Gialanella, che ha
chiesto il rigetto del ricorso;
preso atto che nessuno è comparso per il ricorrente.

Data Udienza: 29/05/2015

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 12 dicembre 2014, il Tribunale di Lecce, costituito ai
sensi dell’art. 309 cod. proc. pen., ha rigettato la richiesta di riesame proposta
avverso l’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa il 10 novembre
2014 dal G.i.p. del Tribunale di Brindisi nei confronti di Coffa Francesco, indagato
per avere commesso 11 novembre 2014 in Brindisi, in concorso con Polito
Alessandro e Romano Andrea, il delitto di omicidio in danno di Tedesco Cosimo e

illegale detenzione delle armi da sparo utilizzate per la consumazione degli altri
delitti.

2. Il Tribunale, dopo aver richiamato i principi di diritto regolanti il riesame
della misura cautelare, argomentava la decisione, ritenendo la infondatezza delle
richieste difensive volte a contestare la sussistenza del quadro indiziario e delle
esigenze cautelari, per essere l’ordinanza congruamente motivata in relazione
alla individuazione e valutazione degli elementi di fatto, da cui erano stati
desunti i gravi indizi di colpevolezza a carico dell’indagato, e per essere ricorrenti
le esigenze cautelari.
2.1. Il già grave quadro indiziario si era, inoltre, arricchito di ulteriori e
schiaccianti risultanze investigative, emerse dopo la stesura dell’ordinanza
impugnata e compendiate negli atti trasmessi al Tribunale il 5 dicembre 2014.
Di detti atti era stata eccepita la inutilizzabilità in sede di riesame per essere
successivi alla emissione dell’ordinanza applicativa della custodia cautelare e,
pertanto, sconosciuti alla difesa che aveva redatto l’atto di gravame.
L’eccezione era giudicata infondata, poiché, come attestato nel verbale di
udienza, la difesa aveva avuto la disponibilità degli atti e dell’intero fascicolo per
oltre un’ora nel corso dell’udienza del 12 dicembre 2014 e aveva, per l’effetto,
potuto visionarli e conoscerli prima della trattazione del procedimento.
Tali atti erano, inoltre, pervenuti alla cancelleria del Tribunale già il 5
novembre (rectius: dicembre) 2014 e il Pubblico Ministero si era limitato a
presentare in udienza una memoria riepilogativa delle risultanze investigative
emerse nel corso delle indagini.
In ogni caso, il Tribunale del riesame, ai sensi dell’art. 309, comma 9, cod.
proc. pen., decideva anche “sulla base degli atti addotti dalle parti nel corso
dell’udienza”, e, secondo condiviso principio di diritto, anche se non noti al
giudice che aveva emesso la misura.
2.2. L’ordinanza, dopo avere integralmente ripreso l’ordinanza genetica
nelle parti relative agli sviluppi investigativi della vicenda, pure analiticamente
richiamati nella memoria prodotta dal Pubblico Ministero, evidenziava, in risposta
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quello di tentato omicidio in danno di Tedesco Luca, oltre al connesso delitto di

alle censure difensive, quali significative emergenze:
– la presentazione spontanea in data 4 novembre 2014 presso gli uffici del
Comando provinciale dei Carabinieri di Brindisi di Tedesco Luciano, figlio di
Tedesco Cosimo e fratello di Tedesco Luca, che aveva rettificato le sue
dichiarazioni dell’i novembre 2014 in ordine alla identificazione del responsabile
del ferimento del fratello Luca, e aveva spiegato come era pervenuto al certo
riconoscimento di Coffa Francesco, indagato e odierno ricorrente;
– la conferma della certezza di tale riconoscimento, derivata dalla sorella

manifestato la sua esitazione in ordine al primo riconoscimento di Coffa
Alessandro, della immagine di Coffa Francesco, prelevata dal profilo face book, e
alla reazione emotiva espressa dal medesimo;
– la testimonianza di Tedesco Luca, rimasto ferito in occasione del conflitto,
che, risvegliatosi dal coma farmacologico, era stato immediatamente ascoltato
dagli inquirenti prima ancora di conferire con i familiari, rendendo dichiarazioni
che si raccordavano con le ulteriori emergenze investigative raccolte, riportate
per sintesi e confermate ulteriormente dagli accertamenti condotti sui tabulati
telefonici, riportati in dettaglio nella memoria riepilogativa del Pubblico Ministero;

le dichiarazioni di De Leo Daniele, che, smentito nelle sue iniziali

dichiarazioni dalle risultanze dei tabulati telefonici e sentito con gli avvisi di cui
all’art. 63 cod. proc. pen. per essere emersi a suo carico indizi di reità del delitto
di favoreggiamento, aveva definitivamente ammesso che le sue prime
dichiarazioni erano state reticenti per la paura di ritorsioni, era stato presente al
momento dei fatti e aveva visto Romano Andrea, fiancheggiato da Polito Sandro
e dall’indagato, sparare al suocero Tedesco Cosimo, e l’indagato sparare
all’indirizzo del cognato Tedesco Luca.
2.3. Gli elementi acquisiti rendevano conto della riconducibilità dei fatti al
diverbio intercorso la sera prima tra Tedesco Luca, da un lato, e Coffa Angela e
Polito Alessandro (intervenuto per sostenere Coffa Angela per l’assenza di
Romano Andrea agli arresti domiciliari), dall’altro, per un motivo
apparentemente futile, correlato agli “approcci maldestri” di una bambina di tre
anni nei confronti di un neonato all’interno di una ludoteca in occasione di un
rinfresco per una festa di compleanno.
Tedesco Cosimo si era recato l’indomani a casa di Romano Andrea, padre
della bambina, per “chiarire” il diverbio ed era stato attinto mortalmente da colpi
di arma da fuoco in detta casa, come dichiarato dai fratelli Tedesco ed emerso
dalle tracce ematiche rinvenute nell’appartamento e dal ritrovamento di una
ogiva camiciata all’interno di un cuscino del divano.
L’indagato era stato riconosciuto con certezza dai fratelli Tedesco e la sua
partecipazione ai delitti era stata riferita da De Leo Daniele.

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Tedesco Deborah, che aveva riferito in ordine alla visione al fratello, che aveva

Detto De Leo e Tedesco Deborah erano amici della famiglia Coffa ed erano
stati invitati alla festa nella ludoteca. La sera stessa del diverbio, il predetto
Romano aveva detto alla Tedesco, chiamata telefonicamente, di dire al padre che
doveva andare da lui per un chiarimento. Il giorno del fatto la coppia De
Leo/Tedesco si era recata da Polito Alessandro per spiegare il diverbio ma questi
aveva preteso che fosse Tedesco Cosimo a recarsi a casa del Romano.
Le dichiarazioni rese dall’indagato nel suo interrogatorio, non credibili e
incompatibili con le risultanze investigative, non incidevano sul gravissimo

2.4. Quanto alle esigenze cautelari, erano sussistenti sia il pericolo di fuga,
sia quello di commissione di gravi reati della stessa specie, sia quello di
acquisizione della prova, così come argomentato nell’ordinanza, e la misura
custodiale applicata era la sola idonea a salvaguardare le ravvisate esigenze di
cautela.

3. Avverso detta ordinanza, reiettiva della richiesta di riesame, ha proposto
ricorso per cassazione, per mezzo del suo difensore di fiducia avv. Massimo
Murra, Coffa Francesco, che ne chiede l’annullamento sulla base di due motivi,
alla cui illustrazione ha premesso la descrizione dei fatti oggetto del
procedimento a suo carico e degli sviluppi investigativi, e, in particolare:
– ha richiamato le proprie dichiarazioni, rese nella immediatezza del suo
fermo e nell’udienza di convalida, e quelle della persona offesa Tedesco Luca, del
fratello Luciano, della sorella Debora e del cognato Di Leo Daniele;
– ha rilevato che il provvedimento genetico della misura cautelare in carcere
era fondato esclusivamente sulle dichiarazioni rese da Tedesco Luciano, ritenute
determinanti per la sua incolpazione, avendo lo stesso asserito di avere assistito
al ferimento del fratello e di avere riconosciuto in Coffa Alessandro l’autore, poi
da lui stesso identificato, all’esito del suo riconoscimento attraverso le foto
pubblicate sul suo profilo face book, in esso ricorrente, continuando ad affermare
che le distinte due azioni di sparo che avevano interessato il padre e il fratello si
erano verificate al terzo piano dell’abitazione di Romano Andrea, compagno della
sorella di Coffa Francesco, contrariamente alle dichiarazioni del ferito Coffa Luca,
ai rilievi dei Carabinieri e alle sue stesse dichiarazioni dopo il fermo;
– ha puntualizzato che la scarcerazione di Coffa Alessandro era derivata
dalla presa d’atto da parte degli inquirenti e del G.i.p. che lo stesso si trovava
alla data del fatto agli arresti domiciliari con braccialetto elettronico, il cui
postumo monitoraggio aveva fatto emergere che lo stesso non era mai uscito dal
suo appartamento;
– ha richiamato le ulteriori emergenze delle prove dichiarative, ritenute
decisive ai fini dell’applicazione della misura;
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quadro indiziario.

- ha dedotto che, fissata l’udienza del 12 dicembre 2014 per la trattazione
del riesame da lui proposto ai sensi dell’art. 309 cod. proc. pen., la difesa aveva
rilevato, prima che fosse chiamata la camera di consiglio, che, dopo
l’applicazione della misura cautelare a suo carico, erano state compiute altre
attività di indagine (tra l’altro, erano stati risentiti a sommarie informazioni il
ferito Tedesco Luca e De Leo Daniele, a cui carico era seguita una denuncia per
false informazioni al Pubblico Ministero ed erano stati acquisiti dagli inquirenti
altri elementi, quali tabulati e celle telefoniche delle utenze in uso ai familiari

– ha rappresentato che il Pubblico Ministero, cui il 3 dicembre 2014 era stato
comunicato l’avvenuto ricorso, aveva trasmesso gli atti a base della misura, 1’8
dicembre 2014 i verbali in forma riassuntiva delle nuove sommarie informazioni
testimoniali e il giorno successivo, 9 dicembre 2014, la trascrizione integrale
delle fonoregistrazioni relative, oltre alla relazione peritale dell’autopsia, a
ulteriori rilievi e ai tabulati telefonici, arricchendo il fascicolo di oltre quattrocento
pagine di atti e documenti; il giorno dell’udienza il Tribunale del riesame aveva
concesso il termine di “oltre un’ora” per consentire ai due difensori di esaminare
gli atti successivi a quelli che erano stati posti a fondamento della misura
cautelare, dando atto di tale concessione a fronte della eccezione difensiva di
intervenuta lesione del diritto di difesa e di irritualità delle nuove produzioni; al
momento della discussione era stata depositata dal Pubblico Ministero memoria
illustrativa con allegati i tabulati telefonici.
3.1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia l’incorsa violazione del suo
diritto di difesa mediante erronea applicazione dell’art. 309, comma 5, cod. proc.
pen. e la violazione degli artt. 3, 24 e 111 Cost. e 47 CEDU.
Secondo il ricorrente, non è stato garantito il suo diritto di difesa perché i
suoi difensori hanno dovuto prendere atto ed esaminare per la prima volta il
giorno dell’udienza atti di indagine del Pubblico Ministero, che meritavano
maggiore approfondimento.
Né il fascicolo è stato consultabile in cancelleria per essere stato nella
disponibilità degli stessi Giudici, che per tale ragione hanno concesso “oltre
un’ora” per l’esame della produzione del Pubblico Ministero, ritenendo tale
termine sufficiente per un’adeguata difesa, mentre le nuove risultanze
investigative occupavano trecentottanta pagine e non era possibile per la difesa
tecnica un confronto con esso ricorrente, costituente la sua prima fonte di
conoscenza.
Il procedimento si è, in tal modo, trasformato in una interlocuzione limitata
tra Pubblico Ministero e Tribunale con un ruolo solo formale della difesa.
Il Tribunale neppure ha considerato irrituale il deposito degli atti, contenenti
i verbali contenenti la trascrizione integrale delle nuove sommarie informazioni

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della vittima);

testimoniali, trasmessi il 9 dicembre 2014, e quindi oltre il limite di cinque giorni
dalla comunicazione dell’avvenuta richiesta di riesame.
3.1.1. Il tema della tutela dei diritti di difesa ha trovato ampia trattazione
nella giurisprudenza di legittimità, costituzionale ed europea, e nella materia
cautelare il diritto di difesa, inteso come potestà effettiva di assistenza tecnica e
professionale nello svolgimento di qualsiasi processo, è tutelato dalla disciplina
normativa che attiene all’avviso al difensore del deposito dell’ordinanza cautelare
e degli atti del Pubblico Ministero su cui si fonda e alla decorrenza da detto

Non sussistono, invece, ragioni per la vanificazione di tale livello di garanzia
al momento della celebrazione del procedimento camerale del Tribunale del
riesame, e una diversa soluzione interpretativa contrasterebbe con i principi
costituzionali di cui agli artt. 3, 24 e 111 Cost., poiché è irragionevole che non
sia previsto nessun avviso e nessun termine predeterminato dall’art. 309,
comma 5, cod. proc. pen., mentre l’art. 293 cod. proc. pen. prevede che
l’indagato e i suoi difensori hanno dieci giorni per approntare la difesa, e la
violazione degli artt. 24 e 111 Cost. deriva dall’assenza di una disciplina che
garantisca il diritto di difesa.
3.1.2. La menomazione del suo diritto di difesa si è, in concreto, espressa
nella sua privazione di fatto dell’unico grado di giudizio di merito, perché le
risultanze investigative prodotte in prossimità dell’udienza hanno
sostanzialmente modificato il quadro indiziario preso originariamente in esame
dal G.i.p. emittente la misura cautelare e posto a base della richiesta di riesame,
con particolare riguardo alla ritrattazione di De Leo Daniele, che ha inciso sulle
dichiarazioni di Tedesco Luciano e Tedesco Debora, e all’attendibilità generale di
detti testi e di tutti quelli legati da vincolo familiare, e avrebbero dovuto essere
trattate innanzi al giudice di merito essendo precluse in sede di legittimità.
Il potere del Tribunale del riesame di rivedere, ai sensi dell’art. 309 cod.
proc. pen., le motivazioni dell’ordinanza cautelare, colmarne le lacune e

avviso dei termini per l’impugnazione.

modificarle, non può far ritenere possibile che il Giudice del riesame emetta di
fatto una nuova ordinanza cautelare, andando oltre i limiti dell’ordinanza
genetica e causandone la sostanziale abrogazione.
3.2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia la violazione dell’art. 273
cod. proc. pen.
Secondo il ricorrente, la corretta applicazione di detta norma impone una
definizione del concetto di gravi indizi di colpevolezza, e l’attendibilità dei testi,
ritenuti fondamentali per la custodia cautelare, non è questione solo di merito,
avendo i testi nascosto elementi relativi allo svolgimento dei fatti di notevole
importanza, tanto che De Leo Daniele, che ha sempre negato la sua
partecipazione attiva ai fatti, è stato denunciato dai Carabinieri per false
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L

informazioni al Pubblico Ministero, mentre non si comprende la ragione della non
assunzione di analoga iniziativa e di analogo giudizio di inattendibilità nei
confronti di Tedesco Luciano e Tedesco Debora, che hanno sempre occultato il
medesimo dato.
Un tale giudizio avrebbe escluso la correttezza dell’applicazione dell’art. 273
cod. proc. pen. nella parte in cui richiede la presenza di un elevato grado di
gravità degli elementi indiziari.

1. Il primo motivo del ricorso, che attiene alla contestata applicazione, che
l’ordinanza impugnata ha fatto della previsione dell’art. 309, comma 5, cod.
proc. pen. e che, nella opposta prospettazione, ha impedito l’esercizio del diritto
di difesa, sviluppa censure infondate ovvero manifestamente infondate o
generiche.
1.1. Si rileva in diritto che, come questa Corte ha rimarcato con la stessa
sentenza citata dal ricorrente (Sez. 2, n. 10719 del 27/02/2008, dep.
07/03/2008, Perrella), l’orientamento giurisprudenziale è consolidato nel senso
che la predetta norma deve essere interpretata sulla base di criteri sostanziali,
evitando di privilegiare vuote soluzioni formalistiche, giacché la finalità della
trasmissione degli atti al tribunale del riesame è di consentire alla difesa un
controllo sull’iter logico seguito dal giudice per le indagini preliminari
nell’applicare la misura e sulla valutazione degli atti.
In tal senso si è rappresentato che la mancata trasmissione al tribunale del
riesame, nel termine previsto dall’art. 309, comma 5, cod. proc. pen., di atti che
non siano stati prodotti dal pubblico ministero al momento della presentazione
della richiesta del provvedimento cautelare ovvero di atti successivi che non
contengano elementi favorevoli all’indagato, non determina l’inefficacia
dell’ordinanza dispositiva della misura cautelare, e si è rimarcato, a conforto,
che, anche dopo la riforma concernente la disciplina delle formalità relative
all’applicazione e alle impugnazioni delle misure cautelari personali, effettuata
dalla legge 8 agosto 1995, n. 332, è rimasta immutata la facoltà riconosciuta alla
pubblica accusa di non procedere a totale

discovery delle fonti probatorie

acquisite, fatto salvo l’obbligo di portare a conoscenza del giudice ogni elemento
favorevole alrindagato e qualsivoglia memoria o deduzione a sua difesa, in
qualsiasi momento della procedura camerale acquisito, per tale dovendosi
intendere ogni circostanza atta a contrastare in maniera assolutamente oggettiva
l’ipotesi accusatoria e non qualsiasi elemento soggetto a opinabile valutazione
(tra le altre, Sez. U, n. 21 del 20/11/1996, dep. 05/03/1997, Glicora, Rv.
206955; Sez. 6, n. 4501 del 19/11/1997, dep. 29/01/1998, P.M. in proc.
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CONSIDERATO IN DIRITTO

Bologna, Rv. 210069; Sez. 1, n. 4986 del 13/10/1998, dep. 14/12/1998,
Chianchiano, Rv. 212065; Sez. U, n. 25 del 26/09/2000, dep. 11/01/2001,
Mennuni, Rv. 217443; Sez. 3, n. 20692 del 22/03/2001, dep. 22/05/2001, Piga,
Rv. 219863; Sez. 4, n. 41170 del 21/06/2004, dep. 21/10/2004, De Giovanni,
Rv. 229913; Sez. 6, n. 12257 del 03/02/2004, dep. 15/03/2004 Pompeo, Rv.
228469; Sez. 5, n. 51789 del 30/09/2013, dep. 27/12/2013, Piazza, Rv.
257932; Sez. F, n. 38037 del 28/08/2014, dep. 16/09/2014, Basile, Rv.
261188).

dell’art. 309, comma 9, cod. proc. pen., il tribunale “annulla, riforma o conferma
l’ordinanza oggetto del riesame decidendo anche sulla base degli elementi
addotti dalle parti nel corso dell’udienza”, si è pure ritenuto che il pubblico
ministero possa produrre al tribunale del riesame anche gli elementi e documenti
a carico dell’indagato, acquisiti precedentemente alla richiesta di misura
cautelare e non presentati con la stessa, sia che tali elementi fossero già noti
anche prima della richiesta di riesame, sia che si tratti di elementi sopravvenuti
(tra le altre, Sez. 5, n. 1276 del 17/12/2002, dep. 14/01/2003, Vetrugno, Rv.
223436; Sez. 6, n. 15899 del 09/03/2004, dep. 02/04/2004, Fallace, Rv.
228875; Sez. 3, n. 15108 del 11/02/2010, dep. 20/04/2010, Sabatelli, Rv.
246601).
Sulla scia di tale orientamento, e superando quello contrario (espresso, tra
le altre, da Sez. 3, n. 2500 del 07/07/1999, dep. 26/08/1999, P.M. in proc.
Thum, Rv. 214437), alla cui stregua il pubblico ministero non può esibire, nel
corso dell’udienza innanzi al tribunale del riesame, elementi e documenti a carico
dell’indagato, acquisiti precedentemente alla richiesta di misura cautelare e non
presentati con la stessa, in contrasto con la perentorietà del termine di cui
all’art. 309, comma 5,cod. proc. pen., questa Corte ha recentemente affermato,
come da massimazione ufficiale, che “in tema di impugnazioni relative a misure
cautelari personali il pubblico ministero può introdurre nuovi elementi probatori a
carico, all’udienza di riesame, ma il tribunale, al fine di assicurare la piena
applicazione del contraddittorio, deve assegnare all’indagato un congruo termine
a difesa, in difetto del quale si configura un’ipotesi di nullità ex art. 178, lett. c),
cod. proc. pen. in relazione all’assistenza del medesimo” (Sez. 6, n. 53720 del
25/09/2014, dep. 24/12/2014, Folchetti, Rv. 262092).
Tale decisione, in particolare, inquadrando la possibilità che il pubblico
ministero arricchisca il quadro conoscitivo del tribunale del riesame attraverso la
produzione di elementi di prova, di cui aveva già la disponibilità, ma che non ha
ritenuto di porre a base della richiesta della misura cautelare, ovvero
sopravvenuti, nell’ambito dell’esplicazione del corretto contraddittorio nel
procedimento di riesame e della tutela del diritto di difesa, ha anche
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1.2. In correlazione con tali affermazioni e movendo dal rilievo che, a norma

puntualizzato che, in tali casi, “non è possibile parlare di inefficacia della misura
coercitiva ex art. 309 c.p.p., comma 10, in quanto la trasmissione degli atti è
stata tempestiva e la produzione tardiva riguarda un singolo atto, inoltre non vi è
spazio neppure per ipotizzare un caso di inutilizzabilità dell’atto, perché una tale
sanzione processuale -che peraltro è una categoria che riguarda le prove in
dibattimento- non è prevista da alcuna disposizione” (Sez. 6, n. 53720 del
25/09/2014, citata, in motivazione).
1.3. Poste le indicate condivise premesse in diritto, si rileva in fatto, avuto

impugnata, che l’istanza di riesame, proposta nell’interesse di Coffa Francesco
avverso l’ordinanza cautelare del 10 novembre 2014, applicativa nei confronti
dello stesso della misura della custodia cautelare in carcere, è pervenuta al
Tribunale di Lecce, quale giudice del riesame, il 3 dicembre 2014; le risultanze
investigative che hanno arricchito il quadro indiziario sono compendiate negli atti
trasmessi alla cancelleria dello stesso Tribunale distrettuale il 5 dicembre 2014; il
Pubblico Ministero in udienza ha presentato una memoria riepilogativa delle
risultanze investigative emerse nel corso delle indagini; la difesa ha avuto la
disponibilità degli atti e dell’intero fascicolo per “oltre un’ora”

prima della

trattazione del procedimento.
1.4. Il Tribunale, che ha congruamente richiamato tali evidenze in replica
alla eccezione difensiva di inutilizzabilità degli atti successivi alla emissione
dell’ordinanza genetica, ha correttamente evocato in termini ulteriori e
comunque conclusivi, richiamata la disposizione normativa di cui all’art. 309,
comma 9, cod. proc. pen., l’ambito conoscitivo del giudice del riesame, che, con
pertinenti riferimenti in diritto, ha riferito alla valutazione -oltre che delle
acquisizioni coeve alla emissione dell’ordinanza e delle sopravvenienze favorevoli
all’indagato- di “tutti gli elementi addotti dalle parti anche nel corso dell’udienza,
anche se non noti al giudice che emise la misura”, logicamente pervenendo,
anche sotto tale profilo, al rilievo della non prospettabilità di questioni afferenti
sia alla utilizzabilità degli atti sia alla loro mancata conoscenza da parte della
difesa.
1.5. Tale apprezzamento, esente da vizi logici e giuridici, resiste alle
deduzioni e osservazioni del ricorrente, che, mentre affida l’omesso esame degli
atti pervenuti nella cancelleria del Tribunale il 5 dicembre 2014 a rilievi
indimostrati ovvero generici, come il non essere l’intero fascicolo

“sempre

consultabile nella pendenza del procedimento” per essere nella disponibilità dei
Giudici, l’essere rimasti senza esito, quanto alla visione del fascicolo, gli accessi
dei difensori presso la cancelleria, o il pretendere tali accessi alle difese secondo
cadenze quotidiane, sono privi di giuridico pregio, a fronte dei richiamati, e non
contestati, principi di diritto, nella eccepita non corretta applicazione del disposto
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riguardo alle indicazioni emergenti dalla parte espositiva della stessa ordinanza

normativo dell’art. 309 cod. proc. pen. e nel dedotto illegittimo superamento dei
limiti del potere d’intervento, in materia de libertate, del tribunale del riesame.
Né il ricorrente, che ha del tutto infondatamente dedotto il, comunque non
dimostrato, deposito da parte del Pubblico Ministero, dei verbali contenenti la
trascrizione integrale delle nuove sommarie informazioni testimoniali, oltre il
limite di cinque giorni prima dell’udienza, laddove un tale deposito avrebbe
potuto essere fatto nel corso della stessa udienza, si è specificamente correlato
con le emergenze del verbale di udienza afferenti, sì come enunciato

Pubblico Ministero e del termine fruito dalla difesa per l’esame degli atti, che,
indicato in “più di un’ora”, è stato in tale commisurazione temporale giudicato
congruo in rapporto alla urgenza che connota il procedimento cautelare e alle
necessità della difesa con riguardo alle cadenze temporali delle produzioni e al
deposito in udienza della sola memoria riepilogativa.
Né, e con carattere assorbente, il ricorrente, che ha insistito -nelle
conclusioni assunte nella udienza del riesame- nella eccepita inutilizzabilità degli
atti di indagine da ultimo acquisiti, ha dimostrato di avere chiesto un termine a
difesa, la cui richiesta, disattesa o parzialmente accolta, potesse giustificare una
valutazione giudiziaria della violazione del suo diritto di difesa per una
determinata deminutio della sua posizione processuale.
1.6. Neppure introducono elementi di riflessione le considerazioni sottese
alla dedotta questione di legittimità costituzionale dell’art. 309 cod. proc. pen.,
per contrasto con gli artt. 3, 24 e 111 Cost., poiché, mentre è aspecifica la
denunciata irragionevolezza della differenza della disciplina prevista da detta
norma rispetto a quella dettata per gli adempimenti esecutivi dell’ordinanza
cautelare dall’art. 293 cod. proc. pen. per la non assimilabilità delle diverse
situazioni processuali, non sono più pertinenti i rilievi che afferiscono alla dedotta
assenza di una disciplina che garantisca l’effettività del diritto di difesa, tenuto
conto della peculiare procedura del riesame ispirata al doveroso
contemperamento delle garanzie difensive con le sue particolari caratteristiche di
urgenza, reso più evidente nella evoluzione interpretativa della indicata norma
successiva alla novella del 1995, come già condivisibilmente affermato da questa
Corte (Sez. 5, n. 1569 del 16/01/2012, dep. 11/04/2012, Pesce, Rv. 253298).

2. Anche il secondo motivo non merita accoglimento.
2.1. Il convincimento manifestato dal Tribunale circa la sussistenza a carico
dell’indagato, odierno ricorrente, di gravi indizi di colpevolezza in ordine ai reati
di cui alle imputazioni provvisorie -ai quali è riferita l’applicazione della misura
custodiale- appare immune da vizi giuridici e logici perché espressione di un
percorso argomentativo ragionevole e corretto nell’applicazione dei criteri di

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nell’ordinanza, da un lato al deposito di memoria meramente riepilogativa del

valutazione del materiale indiziario, congruo con le acquisizioni processuali
richiamate nella decisione e coerente con i condivisi principi di diritto fissati da
questa Corte e con le regole della logica e della non contraddizione.
L’ordinanza, che, sì come sintetizzato sub 2) e relativi sottoparagrafi del
“ritenuto in fatto”, ha richiamato gli sviluppi investigativi della vicenda, contenuti
nell’ordinanza genetica, ha dato ampio conto degli elementi di fatto, posti a
fondamento dell’ordinanza ovvero tratti dalle sopravvenute risultanze
investigative, compendiate negli atti trasmessi il 5 dicembre 2014, ripercorrendo

interpretativi seguiti nella valutazione analitica e globale dei plurimi dati acquisiti
e linearmente rappresentando, anche in replica alle dichiarazioni dell’indagato,
che tali dati erano dimostrativi, in termini coerenti con la verifica demandata alla
pendente fase del riesame, della sussistenza di un gravissimo quadro indiziario
con riferimento alle condotte criminose contestate nei termini di cui alle
imputazioni provvisorie.
2.2. Tale esaustivo e congruo apprezzamento delle risultanze procedimentali
resiste alle doglianze difensive, che, prive di alcuna fondatezza nella denunciata
violazione delle regole pertinenti alle valutazioni proprie del riesame cautelare,
sono prive di effettiva correlazione con il contenuto complessivo della decisione
impugnata.
Il ricorrente non è, infatti, riuscito a dare una compiuta spiegazione della
effettiva incidenza, sulla sua posizione, della sopravvenuta denuncia di De Leo
Daniele per false informazioni date al Pubblico Ministero e delle ritrattate
dichiarazioni del medesimo su quelle provenienti da Tedesco Luciano e da
Tedesco Debora, a fronte dell’ampia e plausibile spiegazione, contenuta
nell’ordinanza impugnata, delle ragioni per le quali l’indicato De Leo non aveva
inizialmente inteso collaborare, che ha, invece, ignorato alla pari degli altri
elementi valorizzati dal Tribunale.
Né questa Corte può rivisitare, come sostanzialmente si assume, i profili di
merito, già puntualmente vagliati in sede di riesame cautelare.
2.3. Deve, invero, riaffermarsi, quanto ai limiti del sindacato di legittimità al
riguardo delle proposte censure, che, secondo costante giurisprudenza, questa
Corte, in materia di misure cautelari personali, non ha alcun potere di revisione
degli elementi materiali e fattuali delle vicende oggetto d’indagine, ivi compreso
il peso probatorio degli indizi, trattandosi di accertamenti rientranti nel compito
esclusivo del Giudice che ha applicato la misura o che ne ha valutato il
mantenimento o la modifica e del Tribunale del riesame chiamato a pronunciarsi
sulle connesse questioni

de libertate

(tra le altre, Sez. 6, n. 2146 del

25/05/1995, dep. 16/06/1995, Tontoli, Rv. 201840; Sez. 2, n. 56 del
07/12/2011, dep. 04/01/2012, Siciliano, Rv. 251760).

11

criticamente le fonti di prova utilizzate, ragionevolmente evidenziando i percorsi

Il controllo di legittimità è, infatti, limitato, in relazione alla peculiare natura
del giudizio e ai limiti che a esso ineriscono, all’esame del contenuto dell’atto
impugnato, al fine di stabilire se il testo di esso sia rispondente a due requisiti,
uno di carattere positivo e l’altro di carattere negativo, la cui contestuale
presenza, come avvenuto nella specie, rende l’atto per ciò stesso insindacabile:
l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato
e l’assenza nel testo di illogicità evidenti, ossia l’adeguatezza e la congruenza del
tessuto argomentativo riguardante la valutazione degli elementi indiziari rispetto

A

dep. 02/05/2000, Audino, Rv. 215828, e, tra le successive, Sez. 4, n. 22500 del
03/05/2007, dep. 08/06/2007, Terranova, Rv. 237012; Sez. 3, n. 40873 del
21/10/2010, dep. 18/11/2010, Merja, Rv. 248698; Sez. 4, n. 26992 del
29/05/2013, dep. 20/06/2013, P.M. in proc. Tiana, Rv. 255460; Sez. F, n. 47748
del 11/08/2014, dep. 19/11/2014, Contarini, Rv. 261400), senza che possa
integrare vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il

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ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze delle indagini (Sez. U, n. 19

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del 25/10/1994, dep. 12/12/1994, De Lorenzo, Rv. 199391, e, tra le successive,
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8

Sez. 1, n. 1496 del 11/03/1998, dep. 04/07/1998, Marrazzo, Rv. 211027; Sez.
1, n. 6972 del 07/12/1999, dep. 08/02/2000, Alberti, Rv. 215331; Sez. 1. n.
45847 del 26/02/2014, dep. 04/11/2014, Bentornato, non massimata).

CO

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3. Alla luce delle svolte considerazioni, il ricorso deve essere,

5.2

E 21
e
in ”

d

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conclusivamente, rigettato.
Al rigetto del ricorso segue per legge, in forza del disposto dell’art. 616 cod.
proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
La cancelleria dovrà provvedere all’adempimento prescritto dall’art. 94,
comma 1-ter, disco. att. cod. proc. pen.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Dispone trasmettersi, a cura della cancelleria, copia del provvedimento al
Direttore dell’Istituto penitenziario, ai sensi dell’art. 94, comma
cod. proc. pen.
Così deciso in Roma, il 29 maggio 2015
Il Consigliere estensore

r•

1-ter, disp. att.

al fine giustificativo del provvedimento (Sez. U, n. 11 del 22/03/2000,

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