Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22739 del 14/05/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 22739 Anno 2016
Presidente: CORTESE ARTURO
Relatore: TARDIO ANGELA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ROTOLO DOMENICO, nato a Taurianova il 26/11/1974
avverso l’ordinanza n. 545/2014 TRIBUNALE LIBERTÀ di REGGIO
CALABRIA del 18/06/2014;

sentita la relazione fatta dal Consigliere dott. Angela Tardio;
sentite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto
Procuratore Generale dott. Maria Giuseppina Fodaroni, che ha
chiesto il rigetto del ricorso;
udito per il ricorrente l’avv. Vincenzo Gennaro, che ha chiesto
l’accoglimento del ricorso.

Data Udienza: 14/05/2015

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 18 giugno 2014, il Tribunale di Reggio Calabria,
costituito ai sensi dell’art. 309 cod. proc. pen., ha respinto la richiesta di riesame
proposta avverso l’ordinanza applicativa della misura della custodia cautelare in
carcere, emessa il 23 maggio 2014 dal G.i.p. dello stesso Tribunale nei confronti
di Rotolo Domenico, sottoposto a indagini, in concorso con Crea Teodoro cl. 39,
Crea Giuseppe, Crea Antonio, Crea Domenico cl. 54, Crea Teodoro cl. 67, Russo
Domenico cl. 49, Cutrì Girolamo e Alessi Vincenzo, per il reato di cui all’art. 416-

bis, commi 1, 2, 3, 4, 5, 6 e 7, cod. pen., con riguardo alla partecipazione, dall’i
gennaio 2010 e perdurante, all’associazione per delinquere di tipo mafioso
denominata ‘ndrangheta, presente e operante sul territorio della provincia di
Reggio Calabria, sul territorio nazionale ed estero, costituita da molte decine di

locali,

articolata in tre

mandamenti e con organo di vertice denominato

provincia, e in particolare alla sua articolazione territoriale denominata cosca
Crea, operante prevalentemente nel locale di Rizziconi, compreso nel territorio
ricadente nella fascia tirrenica della provincia reggina.
A Rotolo Domenico, all’epoca assessore con delega allo sport e spettacolo
del comune di Rizziconi, era più specificatamente contestato il ruolo di partecipe,
quale diretto esecutore della volontà dei primati della cosca (Crea Teodoro cl. 39,
Crea Giuseppe e Crea Antonio), e, in particolare, di avere svolto, quale emissario
degli stessi, funzioni di trasferimento di comunicazioni tra Crea Antonio e
Bartuccio Antonino in merito alla necessità di mantenimento di Brunetto
Giuseppina nell’incarico di segretaria al Servizio LL. PP. dello stesso comune, e
alla volontà dei Crea di far destinare un terreno, loro confiscato, ad attività
sportive invece che ad alloggi popolari, e di avere contribuito, con le sue
dimissioni, allo scioglimento del consiglio comunale di Rizziconi il 31 marzo 2011.

2. Il Tribunale, dopo aver richiamato i principi di diritto regolanti il riesame
della misura cautelare e aver rilevato lo stretto collegamento e la
complementarietà tra il provvedimento restrittivo della libertà personale e
l’ordinanza che decide sul riesame, argomentava la decisione, ritenendo
l’infondatezza delle richieste difensive volte a contestare la sussistenza del
quadro indiziario in ordine alla fattispecie criminosa oggetto di addebito
provvisorio e delle esigenze cautelari.
2.1. La vicenda sottoposta a esame era inquadrata nel contesto di una
complessa attività di indagine coordinata dalla D.D.A. di Reggio Calabria e
condotta dalla Squadra Mobile di Reggio Calabria e dal Commissariato di P.S. di
Gioia Tauro, descritta nella informativa del 7 aprile 2012 e nelle note del 12 e 21
settembre 2012 e del 4 ottobre, 10 ottobre e 17 dicembre 2013, e nella emersa,

2

IN

attuale e perdurante operatività della cosca di

‘ndrangheta, nota come cosca

Crea, di struttura familiare, sviluppatasi intorno alle figure di Crea Teodoro cl. 39
e

dei figli Giuseppe, latitante nell’ambito del procedimento c.d. Toro, e

Domenico, e dominante nel territorio di Rizziconi e zone limitrofe, nel versante
tirrenico della provincia di Reggio Calabria.
2.2. L’esistenza di detta cosca era stata giudiziariamente riconosciuta da
plurime sentenze definitive, che ne avevano evidenziato l’operatività
nell’esercizio di tipiche attività criminali (estorsioni, rapine) e anche nel pesante

erano descritti in via generale e con riferimenti specifici, e che avevano, tra
l’altro, inciso anche sullo scioglimento di diversi consigli comunali per infiltrazioni
e condizionamenti mafiosi, rilevati anche dalle commissioni di accesso agli atti
nominate dai prefetti, e su quello di Rizziconi, sciolto per la terza volta il 31
marzo 2011.
Il controllo sul territorio esercitato dalla cosca CREA era anche dimostrato
dai lunghi periodi di latitanza di cui avevano goduto i suoi capi Crea Teodoro in
passato e il figlio Giuseppe a partire dal 4 gennaio 2006.
L’operatività della cosca era anche emersa con riguardo al rilevato,
sofisticato e articolato sistema di intestazioni fittizie, che aveva consentito il
reinvestimento del denaro, provento delle svariate attività illecite, nella
sistematica acquisizione di terreni nel territorio, e con riguardo alla commissione
di truffe alla Comunità europea per ingenti somme di denaro, convogliando a
proprio favore risorse pubbliche.
2.3. Nel complesso quadro delle ripercorse emergenze attinenti al
condizionamento -a opera della indicata cosca- dell’amministrazione comunale di
Rizziconi in vista del conseguimento di vantaggi illeciti, tratte dalla richiamata e
trascritta parte della richiesta cautelare dedicata al contestato reato associativo,
gli elementi indiziari a carico dell’indagato, riferiti alla ipotesi delittuosa elevata
nei suoi confronti, erano rappresentati:

dal contenuto delle sommarie informazioni testimoniali rilasciate da

Bartuccio Antonino, ex sindaco del comune di Rizziconi, ritenuto soggetto
ontologicamente credibile, avendo reso coerenti dichiarazioni circa il potere di
condizionamento della locale criminalità sull’esercizio dei

“pubblici consessi

democraticamente eletti”, culminato nella volontà, poi portata effettivamente a
compimento nell’aprile 2011, di determinare lo scioglimento anticipato del
consiglio comunale di Rizziconi, ed essendosi esposto in prima persona a pesanti
intimidazioni da parte degli esponenti della cosca Crea imperante nel territorio;
– dal contenuto delle registrazioni effettuate dallo stesso Bartuccio con
Russo Domenico, che riscontravano puntualmente le dichiarazioni del primo.

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condizionamento della vita pubblica manifestato utilizzando svariati sistemi, che

Tali contenuti erano ritenuti dimostrativi del ruolo rivestito dall’indagato in
relazione ad alcuni episodi che esprimevano il potere della cosca Crea sulla
gestione dell’attività amministrativa dell’ente locale e la posizione del medesimo
quale messaggero della volontà della cosca.
2.3.1. Il primo episodio riferito dal Bartuccio il 27 settembre 2010
riguardava Brunetto Giuseppina, che, per disposizione del 2 agosto 2010 dello
stesso Bartuccio, doveva essere rimossa dall’incarico di segretaria del dirigente
del Servizio LL. PP., non avendo i titoli necessari, ed essere assegnata al settore

Il 15 agosto 2010 l’indagato, che aveva il ruolo di assessore, aveva riferito
al sindaco Bartuccio che Crea Antonio, detto u’ Malandrinu, gli aveva chiesto,
dicendogli di non fare il suo nome, di mantenere la Brunetto nell’incarico già
ricoperto, facendo apparire tale mantenimento come espressione della volontà
dello stesso indagato, e non aveva dato corso alle direttive del sindaco, la cui
applicazione era avvenuta solo il 24 settembre 2010 per intervento del
segretario comunale Tripodi Elisabetta, a seguito della segnalazione del possibile
riconoscimento di un danno erariale nei confronti del dirigente comunale dei LL.
PP. Meliadò Antonio.
Tale episodio dimostrava che:
– Crea Antonio era assolutamente consapevole del timore che il suo
intervento avrebbe determinato nel destinatario finale del suo messaggio, forte
del potere mafioso esercitato, ed era anche consapevole di poter avvicinare e
veicolare trasversalmente la sua “ambasciata” attraverso l’assessore Rotolo, che
si era reso consapevole messaggero della sua volontà al sindaco, e di poter
contare sul dirigente dei LL. PP. Meliadò Antonio, che aveva eseguito le direttive
ricevute solo il 24 settembre 2010;
– l’indagato aveva dimostrato di essere a disposizione, per la veicolazione di
messaggi a contenuto mafioso, di Crea Antonio, il cui potere, esercitato
attraverso la indicata “ambasciata”, era espressione del potere mafioso della
cosca di appartenenza, e, consapevole di ciò, era un uomo a disposizione della
cosca mafiosa. Egli, contrariamente al rilievo difensivo di essersi limitato a far
pervenire al sindaco il messaggio di un esponente apicale della consorteria,
senza volerne minimamente assecondare la richiesta, si era fatto latore della
stessa, alla quale non aveva opposto la sua contrarietà, e aveva fatto
comprendere al sindaco, sia pure con

“linguaggio subliminale”,

la presenza

ingombrante del gruppo criminale organizzato e la volontà dello stesso di
influenzare le scelte amministrative dell’ente, avendo interesse al mantenimento
nel suo incarico della Brunetto, che predisponeva il contenuto degli atti
dell’ufficio aventi rilevanza esterna, come confermato dalle dichiarazioni dell’ex
segretario comunale Tripodi.
4

manutentivo.

2.3.2. Il secondo episodio riferito da Bartuccio Antonino il 27 settembre
2010 riguardava le circostanze apprese dall’indagato con riguardo alla presenza
di un interesse della cosca mafiosa “al momento della definizione del piano
regolatore”.
L’indagato aveva riferito al sindaco Bartuccio che i Crea, avendo saputo che
nel corso di una riunione, cui avevano partecipato alcuni assessori e membri
dell’ufficio tecnico, era emersa la volontà di costruire alloggi popolari su terreno
confiscato alla cosca Crea, avevano espresso la loro contrarietà e dichiarato di

Il sindaco Bartuccio aveva al riguardo rappresentato che per la costruzione
di sei alloggi popolari era stato richiesto un finanziamento già stanziato
dall’ATERP, salva la verifica della fattibilità tecnica, riscontrato dagli accertamenti
delegati svolti dalla P.G. e ampiamente illustrati.
Se, alla luce delle deduzioni difensive articolate in memoria e della
documentazione allegata, relativa alla già intervenuta destinazione ad area
ludico-sportiva del terreno confiscato alla

cosca e ubicato in altra zona, le

dichiarazioni del Bartuccio dovevano essere ulteriormente verificate, tuttavia era
da considerare veridica l’affermazione dello stesso laddove aveva dichiarato che i
Crea avevano manifestato il loro interesse alla definizione del piano regolatore
dell’ente locale, del quale si era fatto portavoce l’indagato.
2.3.3. Il terzo episodio, riferito dal Bartuccio, riguardava le vicende relative
allo scioglimento del consiglio comunale di Rizziconi.
Dal combinato disposto delle dichiarazioni rese dal detto Bartuccio e del
contenuto delle registrazioni effettuate dallo stesso con Russo Domenico era
emersa l’esistenza di un accordo politico-mafioso fra i consiglieri del gruppo
politico di riferimento dell’indagato e gli esponenti della cosca locale, diretto, con
l’utilizzo della “intimidazione strisciante”, a far cessare la consiliatura e con essa
l’amministrazione della cosa pubblica dell’ex-sindaco, inviso alla cosca per “la
sua intransigenza e la sua ferrea volontà di far rispettare la legalità”.
Le dichiarazioni del Bartuccio erano ampiamente illustrate anche nella parte
relativa alla riunione del marzo 2011, cui egli era stato invitato a partecipare da
Rotolo Giuseppe, fratello dell’indagato, e nel corso della quale -svoltasi presso
l’azienda agricola di Bruzzese Roberto Rocco nel comune di Taurianova pochi
giorni prima delle dimissioni di cinque consiglieri, tra cui l’indagato, e della
convocazione del consiglio comunale del 30 marzo 2011- alla sua richiesta della
provenienza della proposta della caduta dell’amministrazione comunale era stato
replicato e ribadito da Barresi Francesco, detto “Furia”, che la proposta proveniva
“da tutte le parti”, a conferma dell’esistenza di un accordo politico-mafioso
deciso ad abbattere, in un modo o nell’altro, l’amministrazione comunale
legittimamente eletta.

essere favorevoli a farvi sorgere strutture sportive.

Nel corso della conversazione tra il Bartuccio, che l’aveva registrata, e Russo
Domenico, che era a conoscenza del sistema elaborato dietro l’intervenuto
scioglimento del consiglio comunale il 31 marzo 2011 e dei meccanismi sottesi, il
secondo, parlando “spontaneamente e genuinamente, ignaro della registrazione

della conversazione”, aveva riferito circa le pesanti minacce e ritorsioni subite a
opera dei Crea per far dimettere il figlio Russo Michele dalla carica di assessore e
aveva riconosciuto che quanto accaduto, che aveva definito “la rovina”, era
dipeso dal comportamento dell’indagato, che aveva rassegnato le sue dimissioni

“quest’altri”, ovvero gli

esponenti della cosca Crea, mentre il Bartuccio si era rammaricato di non avere
allontanato subito l’indagato perché colpevole di fare gli interessi propri e della
cosca di cui era espressione.
2.4. Tali elementi investigativi, ad avviso del Tribunale, delineavano in modo
nitido il ruolo di ambasciatore della volontà della cosca Crea svolto dall’indagato,
la cui condotta era tale, per le sue qualità e le sue caratteristiche, da indurre a
qualificarlo quale “uomo a disposizione della cosca stessa, a cui offriva il proprio

concreto ed efficace contributo”, e che, strumentalizzando la carica pubblica
ricoperta, aveva perseguito gli interessi della

cosca in settori nevralgici e

contribuito, con le sue dimissioni, allo scioglimento del consiglio comunale, che
era un fatto

“dotato di autonomo determinismo causale ai fini della

conservazione e del rafforzamento del sodalizio”.
Tale condotta rientrava negli schemi di cui all’art. 416-bis cod. pen., i cui
elementi costitutivi venivano ripercorsi e ritenuti integrati dai gravi indizi di
colpevolezza emersi.
2.5. Le esigenze cautelari trovavano fondamento nell’elevato coefficiente di
allarme sociale promanante dal grave delitto ascritto, che si sovrapponeva, in
ragione della natura della fattispecie delittuosa contestata, alla presunzione di
pericolosità sociale, posta dall’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. nei confronti
dell’indagato del delitto di associazione di tipo mafioso, superabile con la
dimostrazione della stabile rescissione da parte dell’associato dei legami con
l’organizzazione criminosa, nella specie non provata, tenuto anche conto della
provata perdurante operatività del sodalizio.

3. Avverso detta ordinanza, reiettiva della richiesta di riesame, ricorre per
cassazione per mezzo dei suoi difensori, avvocati Demetrio Procopio e Vincenzo
Gennaro, l’indagato Rotolo, che ne chiede l’annullamento sulla base di unico
motivo, con il quale denuncia violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b), c) ed
e), cod. proc. pen., in relazione agli artt. 125, 192, 273 dello stesso codice e
416-bis cod. pen.

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non per scelta politica ma perché dietro vi erano

3.1. Secondo il ricorrente, che richiama i principi in tema di sindacato di
legittimità sulla motivazione, il Tribunale ha recepito acriticamente il contenuto
dell’ordinanza custodiale, ignorando la documentazione prodotta dalla difesa, o
travisandola, o rinviando a ulteriori approfondimenti.
Le dichiarazioni rese dal sindaco Bartuccio, non riscontrate, non potevano
essere ritenute spontanee, coerenti e logiche, poiché:
a) per la vicenda della costruzione delle case popolari è stato dimostrato che
il terreno confiscato è in località diversa da quella da lui indicata ed è adibito a

all’amministrazione guidata dallo stesso Bartuccio, mentre l’operazione delle
case popolari finanziata aveva a monte una procedura amministrativa di
esproprio;
b) per la vicenda Brunetta è evidente il travisamento, perché non si è
considerato che esso ricorrente ha riferito al sindaco Bartuccio una confidenza
che, riguardante il suggerimento del Crea che la richiesta di far rimanere
l’impiegata Brunetto al suo posto non apparisse come da lui proveniente,
smentisce il suo accordo con lo stesso Crea, mantenendo il sodale, in un corretto
ragionamento logico, il segreto circa il vero autore della richiesta;
c) il preteso conferimento dell’incarico legale all’avv. Anastasi per difendere
il comune di Rizziconi in una causa civile promossa da Tripodi Fortunata, per
nulla valutato dal Tribunale sebbene richiamato nell’ordinanza di custodia
cautelare, è smentito documentalmente;
d)

gli argomenti riguardanti lo scioglimento del consiglio comunale di

Rizziconi, utilizzati in motivazione, sono apodittici e privi di logico riscontro,
poiché non considerano la logica della politica, né il probabile motivo di acredine
del sindaco Bartuccio riconducibile allo scioglimento stesso, né la mancanza di
tracce di pressioni esercitate da alcuno dei Crea.
Non può superare la censura la valutazione parziale

della conversazione

intercorsa tra Bartuccio e Russo, della quale è stata sollecitata, con la richiesta di
riesame, una lettura globale, che desse conto della scelta dopo avere esaminato
le osservazioni difensive sul punto, invece ignorate.
3.2. Gli elementi emersi, secondo il ricorrente, non si pongono, pertanto,
come significativi facta concludentia per ritenerlo partecipe del sodalizio, non
essendo dimostrata la sua necessaria e stabile compenetrazione nel relativo
tessuto organizzativo, la permanenza del vincolo, la duratura e sempre
utilizzabile messa a disposizione della sua persona per ogni attività.

4. In data 19 marzo 2005 è stata depositata memoria nell’interesse del
ricorrente, che, richiamate le ragioni del ricorso, ulteriormente deduce la carenza
della valutazione, dapprima sinottica e poi globale, degli indizi, oltre che dei
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polo sportivo e parco giochi dal 2002, e quindi da data antecedente

documenti prodotti in sede di riesame e delle argomentazioni esposte a sostegno
della rivalutazione dell’ordinanza cautelare, e rappresenta che il Tribunale,
richiamando integralmente l’ordinanza coercitiva del G.i.p., ha pretermesso
ovvero ha esaminato in maniera incompleta elementi contrari alla ipotesi di
accusa.
Il Tribunale, in particolare, doveva collegare il dato d’indagine,
rappresentato dalla omessa indicazione di esso ricorrente tra i soggetti politici
messisi a disposizione del sodalizio, con le dichiarazioni del sindaco Bartuccio,

emissario della volontà dei Crea, essendo al contrario una persona che
conosceva tutti in paese e ne era amico; doveva tenere conto delle ragioni
squisitamente politiche delle sue dimissioni e di tutto il gruppo politico, facente
capo a diversi partiti, e dello scioglimento del consiglio comunale, e non
affermare apoditticamente il suo asservimento al sodalizio; né poteva trarre dalle
parole proferite al Bartuccio dal Barresi in occasione della riunione politica,
enfatizzata nell’ordinanza, una univocità d’interpretazione dimostrativa di
ipotetico accordo politico-mafioso, laddove invece l’argomento atteneva alle
elezioni provinciali, alle quali doveva candidarsi lo stesso Barresi, né alcun
riferimento è stato fatto a presunti sodali i cui nomi sono stati indicati e a titolo
di domanda solo dal Bartuccio, non vi sono riscontri oggettivi per ritenere riferita
al gruppo Crea l’espressione “da tutte le parti”, e le riunioni politiche non hanno
rilevanza penale in assenza di altri elementi che dimostrino l’ingerenza
dell’associazione mafiosa con i suoi tipici metodi intimidatori.
L’ordinanza, inoltre, ad avviso del ricorrente, ha proceduto a una valutazione
frammentaria dei colloqui del Bartuccio, estrapolandone alcuni passaggi, non letti
unitariamente alla luce delle altre risultanze processuali, e mal rappresentandone
il reale significato, e ha omesso di fornire una dimostrazione concreta in merito
al suo rapporto con il sodalizio, alla incidenza di detto rapporto sugli interessi
dell’associazione e alla sua incondizionata messa a disposizione del sodalizio,
limitandosi a individuare asseriti comportamenti antisociali in condotte rivelatesi,
alla luce della documentazione prodotta, impossibili (vicenda case popolari),
errate (vicenda Brunetto) o frutto di una realtà politica travisata nel suo reale
significato (scioglimento del consiglio comunale).

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso sviluppa nell’unico proposto motivo doglianze, che, riprese e
ulteriormente sviluppate nella memoria, sono infondate o generiche ovvero non
consentite.

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che ha affermato di potere escludere che egli fosse da considerare come

2. Deve premettersi che le valutazioni da compiersi dal giudice ai fini
dell’adozione di una misura cautelare personale devono essere fondate, secondo
le linee direttive della Costituzione, con il massimo di prudenza su un incisivo
giudizio prognostico di “elevata probabilità di colpevolezza”, tanto lontano da una
sommaria delibazione e tanto prossimo a un giudizio di colpevolezza, sia pure
presuntivo, poiché condotto, allo stato degli atti, sui soli elementi già acquisiti
dal Pubblico Ministero, e non su prove, ma su indizi (Corte Cost., sent. n. 121 del
2009, ord. n. 314 del 1996, sent. n. 131 del 1996, sent. n. 71 del 1996, sent. n.

2.1. Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, in tema di
misure cautelari personali, non è richiesto il requisito della precisione e della
concordanza, ma quello della gravità degli indizi di colpevolezza, per tali
intendendosi tutti quegli elementi a carico ancorati a fatti certi, di natura logica o
rappresentativa, che non valgono di per sé a dimostrare, oltre ogni dubbio, la
responsabilità dell’indagato e tuttavia, sottoposti a valutazione incidentale
nell’ambito del sub-procedimento cautelare e presi in considerazione dal giudice
chiamato a pronunciarsi nei modi di cui all’art. 292, comma 2, lett. c), cod. proc.
pen., sono tali da lasciar desumere con elevata valenza probabilistica
l’attribuzione del reato al medesimo (Sez. U, n. 11 del 21/04/1995,
dep. 01/08/1995, Costantino e altro, Rv. 202002, e, tra le successive, Sez. 6, n.
863 del 10/03/1999, dep. 15/04/1999, Capriati e altro, Rv. 212998; Sez. 6, n.
2641 del 07/06/2000, dep. 03/07/2000, Dascola, Rv. 217541; Sez. 2, n. 5043
del 15/01/2004, dep. 09/02/2004, Acanfora, Rv. 227511; Sez. 1, n. 19867 del
04/05/2005, dep. 25/05/2005, Lo Cricchio, Rv. 232601; Sez. 1, n. 46399 del
10/04/2012, dep. 30/11/2012, Franco, non massimata; Sez. 2, n. 28865 del
14/06/2013, dep. 08/07/2013, Cardella, Rv. 256657), e la loro valutazione, a
norma dell’art. 273, comma 1-bis, cod. proc. pen. -introdotto dall’art. 11 della
legge n. 63 del 2001, attuativa della legge costituzionale sul giusto processodeve procedere applicando, tra le altre, le disposizioni contenute nell’art. 192,
commi 3 e 4, cod. proc. pen., che delineano, pertanto, i confini del libero
convincimento del giudice cautelare (tra le altre, Sez. U, n. 36267 del
30/05/2006, dep. 31/10/2006, P.G. in proc. Spennato, Rv. 234598; Sez. 1, n.
22853 del 09/05/2006, dep. 03/07/2006, Liang, Rv. 234890; Sez. 5, n. 50996
del 14/10/2014, dep. 04/12/2014, Scalia, Rv. 264213).
2.2. Nella giurisprudenza di questa Corte è anche costante il principio che, in
tema di associazione di tipo mafioso, la condotta di partecipazione è riferibile a
colui che si trovi in rapporto di stabile e organica compenetrazione con il tessuto
organizzativo del sodalizio, tale da implicare, più che uno status di appartenenza,
un ruolo dinamico e funzionalistico, in esplicazione del quale l’interessato prende

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432 del 1995).

parte al fenomeno associativo, rimanendo a disposizione dell’ente per il
perseguimento dei comuni fini criminosi.
Sviluppandosi poi tale premessa, si è osservato che la partecipazione può
essere desunta da indicatori fattuali dai quali, sulla base di attendibili regole di
esperienza attinenti propriamente al fenomeno della criminalità di stampo
mafioso, possa logicamente inferirsi l’appartenenza nel senso indicato, purché si
tratti di elementi gravi -tra i quali, esemplificandosi, i comportamenti tenuti nelle
pregresse fasi di osservazione e prova, l’affiliazione rituale, l’investitura della

però significativi,

facta concludentia-

idonei, senza alcun automatismo

probatorio, a dare la sicura dimostrazione della costante permanenza del vincolo
nonché della duratura, e sempre utilizzabile, messa a disposizione della persona,
con puntuale riferimento, peraltro, allo specifico periodo temporale considerato
dalla imputazione (tra le altre, Sez. U, n. 33748 del 12/07/2005,
dep. 20/09/2005, Mannino, Rv. 231670; Sez. 1, n. 1470 del 11/12/2007,
dep. 11/01/2008, P.G. in proc. Addante e altri, Rv. 238838; Sez. 6, n. 16958 del
08/01/2014, dep. 16/04/2014, Costantino, Rv. 261475; Sez. 5, n. 48676 del
14/05/2014, dep. 24/11/2014, Calce, Rv. 261909).
2.3. Si rileva ulteriormente in diritto, quanto ai limiti del sindacato di
legittimità al riguardo delle proposte censure, che, secondo costante
giurisprudenza, questa Corte, in materia di misure cautelari personali, non ha
alcun potere di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende
indagate, ivi compreso il peso probatorio degli indizi, né di verificare la
rispondenza delle argomentazioni poste a fondamento della decisione impugnata
alle acquisizioni processuali, né di rivalutare le condizioni soggettive dell’indagato
in relazione alle esigenze cautelari e all’adeguatezza della misura, trattandosi di
apprezzamenti di merito rientranti nel compito esclusivo del Giudice che ha
applicato la misura o che ne ha valutato il mantenimento o la modifica e del
Tribunale del riesame (tra le altre, Sez. 6, n. 2146 del 25/05/1995,
dep. 16/06/1995, Tontoli, Rv. 201840; Sez. 2, n. 56 del 07/12/2011,
dep. 04/01/2012, Siciliano, Rv. 251760).
Il controllo di legittimità sui punti devoluti è, perciò, limitato, in relazione
alla peculiare natura del giudizio e ai limiti che a esso ineriscono, all’esame del
contenuto dell’atto impugnato e alla verifica delle ragioni giuridicamente
significative che lo hanno determinato e dell’assenza d’illogicità evidente, ossia
dell’adeguatezza e della congruenza del tessuto argomentativo riguardante la
valutazione degli elementi indiziari rispetto ai canoni della logica e ai principi di
diritto che ne governano l’apprezzamento (Sez. U, n. 11 del 22/03/2000,
dep. 02/05/2000, Audino, Rv. 215828, e, tra le successive, Sez. 4, n. 22500 del
03/05/2007, dep. 08/06/2007, Terranova, Rv. 237012; Sez. 4, n. 26992 del

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qualifica di uomo d’onore, la commissione di delitti-scopo, oltre a molteplici, e

29/05/2013, dep. 20/06/2013, P.M. in proc. Tiana, Rv. 255460), senza che
possa integrare vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il
ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze delle indagini (Sez. U, n. 19
del 25/10/1994, dep. 12/12/1994, De Lorenzo, Rv. 199391, e, tra le successive,
Sez. 1, n. 1496 del 11/03/1998, dep. 04/07/1998, Marrazzo, Rv. 211027; Sez.
1, n. 6972 del 07/12/1999, dep. 08/02/2000, Alberti, Rv. 215331; Sez. 1. n.
45847 del 26/02/2014, dep. 04/11/2014, Bentornato, non massimata).

Svolte le indicate premesse, e passando alla concreta verifica di

legittimità della decisione impugnata, si rileva che il convincimento manifestato
dal Tribunale circa la sussistenza a carico del ricorrente di gravi indizi di
colpevolezza, in ordine alla contestata condotta di partecipazione all’associazione
criminosa di tipo mafioso denominata

‘ndrangheta,

di cui al capo A della

imputazione provvisoria, appare immune da vizi giuridici e logici perché
espressione di un percorso argomentativo corretto nella interpretazione e
applicazione dei criteri di valutazione del materiale disponibile e coerente con le
regole della logica e della non contraddizione.

4. Il Tribunale, che ha adottato una tecnica ampiamente informativa circa le
diverse fonti di prova utilizzate nell’ordinanza genetica e ripercorse con ampi
richiami testuali al loro contenuto, già diffusamente richiamato dal G.i.p.,
sintetizzate nella precedente parte espositiva, ha, in particolare, ritenuto, previo
riferimento all’articolata attività investigativa nel cui contesto ha inquadrato la
vicenda cautelare, che l’esistenza e l’operatività della cosca di

‘ndrangheta, nota

come cosca Crea, non solo sono state giudiziariamente accertate con sentenze
definitive, ma hanno trovato riscontro, quanto alle sfere di intervento, alle
modalità oggettive, ai metodi utilizzati e alle finalità perseguite, in plurime
emergenze, che ha congruamente correlato, nello sviluppo argomentativo
seguito, alle svolte indagini, di cui alle plurime recenti note informative poste alla
base del procedimento cautelare.
4.1. La disamina svolta, che ha rappresentato le inferenze logicoargomentative ritraibili dal coordinato esame delle riferite emergenze, ha
specificamente individuato -richiamando anche, a dimostrazione del controllo sul
territorio esercitato dalla indicata cosca, la perdurante latitanza di uno dei capi,
Crea Giuseppe, dal 4 gennaio 2006, oltre a quella precedente del padre e
capocosca Crea Teodoro- gli ambiti di operatività della dominante cosca Crea, da
quelli tipici sul piano criminale (come estorsioni e rapine) a quelli esplicatisi nel
condizionamento della scelte di indirizzo politico della vita pubblica locale,
sovrapponendosi ovvero sostituendosi -nella gestione amministrativa- ai legittimi
rappresentanti eletti dal popolo, e ha apprezzato dette attività -unitamente a
11

3.

quelle volte alla sistematica acquisizione di terreni attraverso il reinvestimento
del denaro illecito e alla percezione truffaldina di contributi comunitari- come
dimostrative della perduranza e, quindi, attualità dell’azione della cosca.
4.2. Il Tribunale, logicamente ripercorrendo, in detto contesto, la condotta
associativa ascritta al ricorrente (sì come enucleata per sintesi sub 2.3. e relativi
sottoparagrafi 2.3.1., 2.3.2. e 2.3.3. del “ritenuto in fatto”):

– ha valorizzato, in particolare, le dichiarazioni rese, in sede di sommarie
informazioni testimoniali, da Bartuccio Antonino, eletto sindaco del comune di
Rizziconi in occasione delle consultazioni amministrative tenutesi il 28 e 29
marzo 2010, nelle parti relative agli operati specifici riferimenti al potere di
condizionamento della locale criminalità organizzata sull’esercizio dei

“pubblici

consessi democraticamente eletti”, rimarcando il condiviso giudizio di ontologica
assoluta credibilità del dichiarante e di coerenza delle sue dichiarazioni,
riscontrate puntualmente dal contenuto delle registrazioni effettuate dallo stesso
Bartuccio dei colloqui avuti con il suo interlocutore Russo Domenico, padre di un
ex assessore;

ha rappresentato in termini ragionevoli che le emergenze di dette

dichiarazioni e registrazioni, oggetto di ampia trascrizione e trattazione
nell’ordinanza genetica, trasposta nella parte espositiva dell’ordinanza
impugnata, cui ha rinviato, erano dimostrative del ruolo svolto dall’indagato,
come descritto nella imputaziorie ; provv
– iSoria elevata a suo carico, di partecipe
alla cosca Crea “quale diretto esecútore della volontà dei primati della cosca e
quale emissario di questi”, con riferimento a tre specifici episodi, afferenti,
rispettivamente, alla vicenda relativa al trasferimento/mantenimento di Brunetto
Giuseppina nell’incarico di segretaria del dirigente del Servizio LL.PP., alla
vicenda relativa alla destinazione di un terreno confiscato alla cosca nel contesto
della definizione del piano regolatore comunale, e alla vicenda relativa alla fine
anticipata della consiliatura comunale;
– ha evidenziato con congruenti rilievi che detti episodi, tra loro collegati,
dimostrativi dei potere della cosca Crèa sulla gestione della res publica, offrivano
contezza della posizione dell’indagato, che, messaggero della volontà della cosca
-nel primo episodio- nei confronti dell’amministrazione comunale veicolando al
sindaco Bartuccio “l’ambasciata”/”rneksaggio trasversale” di Crea Antonio, ha
espresso la volontà dei Crea -nel secondo episodio- contraria alla costruzione di
alloggi popolari su un terreno confiscato a loro carico e favorevole, invece, alla
sua destinazione alla costruzione di strutture sportive, e ha dimostrato il suo
asservimento agli interessi della cosca -nel terzo episodio- per essersi posto lo
scioglimento del consiglio comunale, cui ha contribuito con le sue dimissioni,
come epilogo, con l’utilizzo della intimidazione strisciante, di un emerso accordo

12

politico-mafioso tra i consiglieri del suo gruppo politico di riferimento e gli
esponenti della cosa di ‘ndrangheta;
– ha plausibilmente rimarcato, richiamati pertinenti principi di diritto e svolte
coerenti riflessioni sulla condotta partecipativa al sodalizio criminoso

dell’intraneus

(appartenente alla categoria della c.d. borghesia mafiosa,

composta da politici, pubblici funzionari, professionisti, imprenditori), che le
• qualità e le caratteristiche della condotta dell’indagato riconducevano lo stesso,
che aveva agito come ambasciatore della volontà della

cosca Crea

chiamato a tutelarne gli interessi nel suo qualificato ruolo di “uomo politico delle

istituzioni elettive locali del territorio di influenza della cosca”, strumentalizzando
la carica pubblica ricoperta.
4.3. Tale analisi non è stata disgiunta dalla congrua valutazione delle
deduzioni difensive, afferenti a ciascuno dei predetti episodi, avendo l’ordinanza
impugnata argomentativamente rilevato l’incoerenza del ragionamento difensivo
riferito al primo episodio, oltre alla dimostrata sussistenza, attraverso le
richiamate dichiarazioni dell’ex segretario comunale Tripodi Elisabetta Rosa, di
un concreto interesse della cosca Crea al mantenimento della Brunetto nelle se
pregresse funzioni di segretaria; la non incidenza sulla veridicità delle
affermazioni del Bartuccio circa il manifestato interesse dei Crea alla definizione
del piano regolatore, quanto al secondo episodio, delle verifiche da farsi con
riguardo alle ulteriori dichiarazioni dello stesso, indotte dalle deduzioni difensive
espresse in memoria e dalle allegazioni documentali; la contrarietà alle univoche
emergenze fattuali del tentativo difensivo, espresso dall’indagato anche nel suo
interrogatorio di garanzia, di inquadrare lo scioglimento del consiglio comunale di
Rizziconi e delle dimissioni dei consiglieri del suo gruppo politico di riferimento,
quanto al terzo episodio, come “fatto squisitamente politico”, legato al normale
svolgimento di rapporti conflittuali tra gruppi all’interno degli organi di indirizzo
politico.
Né il Tribunale ha prescisso dal sottoporre ad analisi l’obiezione difensiva
relativa alla dichiarazione del sindaco Bartuccio, nel corso della sua escussione
del 27 settembre 2010, di non ritenere l’indagato emissario della volontà degli
esponenti della cosca Crea, apprezzando il carattere prudenziale di detta
affermazione, che ha giudicato come confermativa della genuinità del narrato, e
ulteriormente evidenziando, a conferma delle conclusioni raggiunte, le univoche
emergenze indiziarie tratte dalle circostanze e dai fatti dallo stesso affermati e
dalle illustrate risultanze processuali.

5. A fronte dell’articolato giudizio espresso dal Tribunale, fondato su
apprezzamenti di merito non incongrui ai dati riferiti, né assertivi né meramente
13

perseguendone gli interessi in settori nevralgici, alla figura di affiliato alla cosca,

ripetitivi del provvedimento custodiale, e su premesse in diritto, corrette e non
incompatibili con le valutazioni richieste nella incoata procedura, in un contesto
in cui il Tribunale si è confrontato con le risultanze del procedimento e con i
rilievi difensivi disattesi singolarmente e nel loro insieme, il ricorrente oppone
censure prospettate come attinenti a incorse violazioni in ordine alle valutazioni
del quadro indiziario e alla ritenuta integrazione della condotta associativa nei
• termini di cui alla imputazione, e alla illegittimità e inadeguatezza del discorso
giustificativo della decisione in rapporto alle emergenze processuali e alle

5.1. Tali censure sono infondate quanto alle considerazioni in diritto sulla
natura e sulla valutazione dei gravi indizi di colpevolezza a fini cautelari, da
intendersi, nei termini già detti, come elementi di prova, di natura storica/diretta
o critica/indiretta, che, sottoposti a valutazione incidentale allo stato degli atti,
siano tali da far ragionevolmente prevedere, anche in rapporto alle regole di
giudizio tipiche della futura decisione finale, la qualificata probabilità di condanna
del soggetto destinatario della misura; sono destituite di fondamento anche nella
contestazione della verifica svolta in ordine al contributo conoscitivo di Bartuccio
Antonino, trascurando il giudizio espresso, nella sede cautelare e

de libertate,

circa la sua credibilità e le verifiche gvolte in ordine ai rilevati elementi di
riscontro; sono generiche ove, nel contestare la partecipazione del ricorrente alla
cosca Crea e il ruolo da lui rivestito e nel minimizzare la valenza delle emergenze
investigative acquisite, esprimono un diffuso dissenso rispetto al non condiviso
sviluppo interpretativb e valutativo dell’ordinanza attraverso il richiamo a talune
affermazioni e la rappresentazione di singole omissioni e incongruenze, avulse
dal riferimento alle indicazioni t contenute nell’ordinanza genetica e a quelle
specificamente valorizzate nella seconda, alle non incongrue inferenze logiche da
esse ragionevolmente tratte in termini compatibili con le valutazioni richieste
nelle rispettive sedi, e ai pertinenti, e non criticati, principi di diritto applicati.
5.2. Esse, inoltre, mentre sulla base di tale dissenso sono sostanzialmente
tese a sollecitare una rivalutazione nel merito del materiale indiziario e una
rinnovata risposta rispetto alle . già !D’imposte osservazioni, eccezioni e obiezioni,
con ripetuti inviti a questa Corte a ripetere in sovrapposizione argomentativa il
giudizio di fatto già svolto, e con esso una esperienza conoscitiva e interpretativa
non pertinente a questa fase, soho’anci -ie ‘prive della necessaria autosufficienza
nel riferimento ad atti e alla memoria’ depositata in sede di riesame, né allegati
né integralmente trascritti per consentire un apprezzamento della loro effettiva
incidenza sulla tenuta della decigioné, e Si traducono, pertanto, in ragioni diverse
da quelle consentite dalla legge con il ricorso per cassazione ai sensi dell’art.
606, comma 3, cod. proc. pen.

14

questioni e alle obiezioni mosse in sede di riesame.

6. Alla luce delle espresse considerazioni, il ricorso deve essere,
conclusivamente, rigettato.
Segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese del procedimento.
La Cancelleria dovrà provvedere all’adempimento prescritto dall’art. 94,
comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Dispone trasmettersi, a cura della Cancelleria, copia del provvedimento al
Direttore dell’Istituto penitenziario, ai sensi dell’art. 94, comma
1

cod. proc. pen.
Così deciso in Roma, il 14 maggio 2015
43

1-ter, disp. att.

P.Q.M.

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