Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22738 del 15/04/2016


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 1 Num. 22738 Anno 2016
Presidente: CORTESE ARTURO
Relatore: CENTONZE ALESSANDRO

SENTENZA

Sul ricorso proposto da:
i.) De La Cruz Cuevas Victor Marino, nato il 16/11/1987;

Avverso la sentenza n. 62/2014 emessa 1’01/04/2015 dalla Corte di assise di
appello di Milano;

Udita la relazione svolta dal Consigliere dott. Alessandro Centonze;

Udito il Procuratore generale, in persona del dott. Aurelio Galasso, che ha
concluso per il rigetto del ricorso;

Udito per il ricorrente l’avv. Davide Cesare Toscani;

Data Udienza: 15/04/2016

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza emessa il 13/02/2014 il G.U.P. del Tribunale di Busto
Arsizio, procedendo con rito abbreviato, giudicava Victor Marino De La Cruz
Cuevas colpevole dell’omicidio di Alì Hazay Qurban – di cui cagionava la morte
con diverse coltellate al tronco – condannandolo alla pena di anni quattordici di
reclusione; i fatti di reato in contestazione si verificavano a Busto Arsizio il
30/09/2012.

generiche, ritenute equivalenti all’aggravante dei futili motivi.
L’imputato, inoltre, veniva condannato alle pene accessorie di legge e al
risarcimento dei danni in favore della parte civile costituita, da liquidarsi in
separato giudizio.

2. Con sentenza emessa 1’01/04/2015 la Corte di assise di appello di Milano,
decidendo sull’impugnazione proposta dall’imputato, confermava il giudizio di
responsabilità nei confronti di Victor Marino De La Cruz Cuevas, rideterminando il
trattamento sanzionatorio – con l’eliminazione dell’aggravante dei futili motivi e riducendo la pena irrogata all’appellante in anni dodici di reclusione.
La sentenza, nel resto, veniva confermata.

3. Da entrambe le sentenze di merito emergeva che il cadavere del cittadino
afgano Alì Hazay Qurban, in data 27/10/2012, a seguito delle ricerche attivate
dopo la sua scomparsa, veniva trovato all’interno del suo appartamento, ubicato
a Busto Arsizio, in via Gozzano n. 23. Al momento dell’arrivo delle forze
dell’ordine, il cadavere veniva trovato in stato di avanzata decomposizione e di
putrefazione, inducendo il medico legale a collocarne il decesso in almeno trenta
giorni prima.
La morte dell’Hazay Qurban veniva ricollegata, fin dalla prima fase delle
indagini, a Victor Marino De La Cruz Cuevas, un individuo di nazionalità
dominicana che aveva coabitato con la vittima in epoca coeva alla sua morte.
In tale ambito, innanzitutto, si riteneva certa la causa omicidiaria del
decesso dell’Hazay Qurban, sulla base delle tracce di sangue rinvenute
nell’appartamento e sui vestiti della vittima.
Tale ricostruzione dei fatti, inoltre, si riteneva avvalorata dalle dichiarazioni
dei vicini di casa, che riferivano di avere udito delle urla provenire
dall’appartamento della vittima, nella giornata del 30/09/2012.
Quanto, invece, al coinvolgimento del De La Cruz Cuevas nell’omicidio,
questo veniva affermato sulla base del fatto che l’imputato era stato l’ultimo
2

Tale quantificazione della pena conseguiva alla concessione delle attenuanti

coinquilino dell’Hazay Qurban – così come accertato sulla base delle dichiarazioni
rese da un amico della vittima, Procopio Beretta – dal cui appartamento si era
improvvisamente trasferito per andare ad abitare presso un cugino che risiedeva
a Cremona, il quale, a sua volta, veniva individuato attraverso la sua utenza
cellulare.
In questo contesto, si esaminava Rosanna Valdez Aquino, la compagna del
congiunto dell’imputato, che riferiva di avergli lavato i vestiti dopo il suo arrivo e,
a parte, la camicia che indossava, successivamente sparita, notando anche che

Sulla scorta di questi elementi indiziari il De La Cruz Cuevas veniva
sottoposto a fermo di polizia.
In sede di convalida del fermo, il De La Cruz Cuevas riferiva di avere vissuto
per circa sei mesi nell’abitazione della vittima, alla quale pagava un canone di
affitto, con cui divideva la stanza da letto.
Il De La Cruz Cuevas, inoltre, riferiva che, la sera del 30/09/2012,
l’imputato e la vittima avevano litigato, perché quest’ultima non voleva
restituirgli il personal computer prestatogli e lo aveva minacciato; il De La Cruz
Cuevas, quindi, aveva staccato la spina del computer, ma l’Hazay Qurban lo
aveva colpito prima con un pugno e poi con una sedia; per difendersi l’imputato
aveva preso un coltello dalla cucina, con cui aveva colpito il coinquilino un paio di
volte, non ricordando però le parti del corpo in cui lo aveva attinto; la
colluttazione era poi proseguita sul divano e la vittima aveva cercato di afferrare
il coltello impugnato dal ricorrente, ferendosi a una mano.
Dopo avere ucciso l’Hazhay Qurban e prima di uscire dall’appartamento,
l’imputato si era cambiato, aveva pulito il coltello utilizzato per uccidere la
vittima e l’aveva portato con sé, per paura di reazioni dell’Hazay Qurban, non
pensando che fosse morto; il coltello, quindi, l’aveva riposto nella cucina del
cugino, presso la cui abitazione si era trasferito la sera stessa dell’omicidio.
Aveva, inoltre, buttato via il telefono cellulare e la SIM card, anche se non
ricordava dove.
Nello stesso interrogatorio, il De La Cruz Cuevas riferiva ulteriormente che la
vittima era un uomo irascibile e violento, che litigava sia con i suoi familiari, sia
sul luogo di lavoro, precisando che lui era rimasto in quell’appartamento perché,
essendo la sua permanenza sul territorio italiano clandestina, non aveva alcun
possibilità di trovare un alloggio regolare e aveva accettato le condizioni di affitto
impostegli dall’Hazay Qurban.
In questa cornice, sul presupposto della confessione resa dal De La Cruz
Cuevas, i giudici di merito ritenevano concordemente che, nel caso in esame,
non potesse ipotizzarsi né un omicidio preterintenzionale né un eccesso colposo
3

l’imputato aveva un coltello.

nella legittima difesa dell’imputato, atteso che gli organi vitali attinti dai fendenti,
la natura micidiale dell’arma da taglio utilizzata per l’accoltellamento – che aveva
una lama lunga 16 centimetri – e il numero dei colpi inferti alla vittima durante
la colluttazione imponevano di ritenere dolosa la determinazione omicida
sottostante all’azione armata che ne causava il decesso.
Secondo i giudici di merito, dopo l’inizio del litigio, che si verificava nell’area
dell’appartamento dove la vittima veniva ritrovata, il De La Cruz Cuevas si
allontanava per prendere un coltello dalla cucina, tornando quindi nella zona

un’azione autonoma rispetto allo scontro iniziale, che impediva di ipotizzare una
condotta di reazione all’altrui aggressione. Il ricorrente, dunque, poneva in
essere una serie di manovre che rendevano evidente come, in quei frangenti,
disponeva di una libertà di movimento che non si conciliava con l’inquadramento
difensivo del suo comportamento.
In ogni caso, tale sequenza dinamica imponeva di affermare che il De La
Cruz Cuevas avrebbe potuto comunque allontanarsi dalla vittima o chiudersi in
un’altra stanza, senza dovere affrontare fisicamente il coinquilino.
Al contempo, le lesioni riscontrate in sede autoptica sulle mani dell’Hazay
Qurban evidenziavano che la vittima aveva tentato di difendersi dall’azione
omicida dell’aggressore, smentendo la tesi difensiva secondo cui il De La Cruz
Cuevas aveva reagito all’aggressione del coinquilino in circostanze di tempo e di
luogo tali da imporre l’applicazione della fattispecie dell’eccesso colposo nella
legittima difesa.
Sul piano dell’elemento soggettivo, la determinazione omicida dell’imputato
si riteneva dimostrata sulla base dalla condotta successiva all’accoltellannento
della vittima, atteso che, anche a volere ipotizzare che il ricorrente non si fosse
accorto della sua morte, non si attivava per arrestare l’emorragia provocata
dall’accoltellamento, né soccorreva in altro modo l’Hazay Qurban.
Nelle sottostanti sentenze di merito si riteneva ulteriormente sintomatico
della volontà omicida del De La Cruz Cuevas l’atteggiamento mantenuto dopo
l’uscita dall’abitazione della vittima, atteso che l’imputato faceva sparire la
camicia intrisa delle tracce ematiche conseguenti all’accoltellamento dell’Hazay
Qurban e nascondeva il coltello nell’abitazione del cugino – dove nel frattempo si
era trasferito – rendendo evidente di avere ben compreso quale fosse la sua
situazione e che cosa fosse accaduto quella sera.
Entrambi i giudici di merito, per altro verso, non ritenevano credibili le
dichiarazioni dell’imputato in ordine ai suoi rapporti con la vittima e all’indole
violenta di quest’ultima, la quale non trovava nelle testimonianze acquisite nel
corso delle indagini preliminari.
4

dove lo scontro era iniziato e colpendo ripetutamente l’Hazay Qurban con

Questi elementi probatori, infine, imponevano di escludere l’esistenza di
pregresse vessazioni, anche in considerazione del fatto che l’imputato avrebbe
potuto trovare un’altra sistemazione abitativa grazie al denaro che gli veniva
fornito dalla madre.
Come si è detto, le sottostanti sentenze di merito divergevano in ordine alla
sussistenza dell’aggravante dei futili motivi, riconosciuta dal G.U.P. del Tribunale
di Busto Arsizio ed esclusa dalla Corte di assise di appello di Milano, sul
presupposto che l’assenza di elementi certi sulla causa scatenante dell’azione

delitto contestato.
Ne discendeva l’assenza di elementi probatori che consentissero di
individuare il movente del delitto e di qualificare come futili i motivi che avevano
supportato la condotta dell’imputato. Nel dubbio, pertanto, la Corte territoriale
riteneva di escludere l’aggravante di cui all’art. 61, n. 1, cod. pen.
Sulla base di tale compendio probatorio, il De La Cruevas veniva condannato
alla pena di cui in premessa.

4. Avverso la sentenza di appello l’imputato ricorreva personalmente per
cassazione, deducendo tre doglianze difensive.
Con la prima di tali doglianze, proposta in via principale nell’ambito del
primo motivo di ricorso, si deducevano violazione di legge e vizio di motivazione,
conseguenti al fatto che la ricostruzione della Corte territoriale non appariva
conforme alle emergenze probatorie che imponevano di ricondurre l’episodio
criminoso in esame nell’ambito dell’eccesso colposo nella legittima difesa, atteso
che l’imputato era stato aggredito e si era difeso, pur avendo errato nell’uso dei
mezzi difensivi e, nella concitazione del momento, provocato la morte dell’Hazay
Qurban.
Né era ipotizzabile che il ricorrente si riparasse in una delle stanze
dell’appartamento della vittima, atteso che l’immobile nel quale si verificavano i
fatti delittuosi era un bilocale, costituito da un angolo cottura e da una stanza da
letto. Ne conseguiva che, al contrario di quanto affermato nelle sottostanti
sentenze, il De La Cruz Cuevas non aveva a disposizione alcuno spazio all’interno
del quale muoversi, né una stanza dove ripararsi dall’aggressione messa in atto
dall’Hazay Qurban, tanto è vero che la colluttazione a seguito della quale la
vittima veniva accoltellata si svolgeva nell’angolo cottura dell’appartamento.
In questa cornice, si contestava la ricostruzione della Corte territoriale secondo cui l’imputato si recava in cucina e, prelevato un coltello, colpiva a
morte la vittima – attese le dimensioni ristrette del luogo dove si svolgeva la

5

omicida del De La Cruz Cuevas non consentiva dì individuare il movente del

colluttazione, che imponevano di ritenere contraddetta dalle emergenze
probatorie le conclusioni della decisione impugnata.
Con la seconda di tali doglianze, proposta in via subordinata nell’ambito del
primo motivo di ricorso, si deducevano violazione di legge e vizio di motivazione,
conseguenti alla necessità di riqualificare i fatti delittuosi contestati all’imputato
come omicidio preterintenzionale, sussistendo tutti gli elementi costitutivi
dell’ipotesi di cui all’art. 584 cod. pen., atteso che l’arma impiegata per uccidere
la vittima non poteva essere ritenuta micidiale, essendo un coltello da cucina,

Né le emergenze processuali consentivano di ipotizzare una soluzione
alternativa, atteso che le risultanze autoptiche evidenziavano che il ricorrente, a
fronte dell’elevato numero di coltellate riscontrate sul cadavere della vittima,
aveva inferto una sola coltellata mortale all’Hazay Qurban, costituita da una
fendente al torace, che aveva interessato il lobo superiore del polmone sinistro, il
perforamento del quale provocava il decesso della vittima.
In ogni caso, l’arma utilizzata non poteva attestare, di per sé sola,
l’esistenza di una volontà omicida in capo all’imputato, dovendosi ribadire che il
ricorrente si era limitato a difendersi dai colpi ricevuti dal coinquilino e che
difettava nei suoi confronti ogni intento omicidiario, non avendo alcuna ragione
per uccidere o desiderare la morte del proprio antagonista.
Con l’ulteriore e conclusiva doglianza difensiva, si deducevano violazione di
legge e vizio di motivazione, conseguenti al fatto che la Corte territoriale, pur
avendo concesso le attenuanti generiche ed escluso l’aggravante dei futili motivi,
non aveva applicato la riduzione di pena prevista per la circostanza di cui all’art.

62-bis cod. pen. nella sua massima estensione edittale.
Si deduceva, in particolare, che, nella sentenza impugnata, non si
esplicitava il percorso argomentativo attraverso il quale si riteneva, a fronte della
concessione delle attenuanti generiche, di disporre una limitata riduzione di
pena, che si quantificava in anni tre di reclusione, partendo da una pena base di
anni ventuno di reclusione.
In questo modo, non si dava conto dell’andamento della vicenda processuale
e della condotta del De La Cruz Cuevas che aveva reso ampia confessione sulle
sue responsabilità già nell’immediatezza dei fatti.
4.1. L’originario ricorso veniva integrato dalle memorie difensive, depositate
dall’avv. Davide Toscani il 30/03/2016, con cui si ribadivano le ragioni poste a
fondamento dell’impugnazione introduttiva del presente procedimento, che
venivano articolate nell’ambito di tre doglianze, con cui si censurava la sentenza
impugnata sia sul piano della responsabilità penale del ricorrente, sia sul piano
del trattamento sanzionatorio.
6

con cui il De La Cruz Cuevas si limitava a colpire la vittima agli arti.

Sotto il primo profilo, la sentenza impugnata veniva censurata, in via
principale, per non avere applicato al caso di specie la fattispecie dell’eccesso
colposo nella legittima difesa e, in via subordinata, per non avere riconosciuto
sussistenti i presupposti dell’omicidio preterintenzionale.
Sotto il secondo profilo, il provvedimento in esame veniva censurato in
ordine alla riduzione di pena irrogata all’imputato per le attenuanti generiche,
pur concessegli dalla Corte territoriale, dalle quali discendeva l’applicazione di
una pena non rispettosa dei criteri dosimetrici di cui all’art. 133 cod. pen.

impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è -TondatOiTnifRamente alla

• ••

tra amento’

2. Con la prima doglianza, proposta in via principale nell’ambito del primo
motivo di ricorso, si deducevano violazione di legge e vizio di motivazione,
conseguenti al fatto che le emergenze probatorie imponevano di ricondurre la
vicenda criminosa nell’ambito dell’eccesso colposo nella legittima difesa, così
come prefigurato dagli artt. 52 e 55 cod. pen., essendosi il De La Cruz Cuevas
limitato a difendersi dall’aggressione dell’Hazay Qurban, pur avendo errato
nell’uso dei mezzi difensivi nella concitazione della colluttazione.
Deve, invero, rilevarsi che le emergenze processuali non consentono di
affermare che il comportamento dell’imputato poteva essere giustificato dalla
condotta della vittima, alla quale non poteva essere attribuito rilievo ai fini
dell’applicazione dell’esimente della legittima difesa prevista dall’art. 52 cod.
pen., tenuto conto del fatto che la ricostruzione degli accadimenti delittuosi
conseguiva a una valutazione degli elementi probatori lineare ed esente da
discrasie motivazionali.
Si consideri, in proposito, che la Corte territoriale riteneva che, nel caso in
esame, non potesse ipotizzarsi un eccesso colposo nella legittima difesa
dell’imputato, atteso che la natura micidiale del coltello utilizzato, il numero di
fendenti sferrati all’indirizzo della vittima e gli organi vitali attinti imponevano di
ritenere univoca la determinazione omicida sottostante all’azione armata che
causava il decesso dell’Hazay Qurban.
Questi elementi probatori, di per sé decisivi, venivano correlati dalla Corte di
assise di appello di Genova al comportamento tenuto dall’odierno ricorrente nelle
fasi immediatamente successive all’accoltellamento della vittima, atteso che non
7

Queste ragioni processuali imponevano l’annullamento della sentenza

2/

soltanto l’imputato aggrediva il suo antagonista disarmato con un arma
correttamente definita micidiale, ma non si attivava per soccorrerlo allo scopo di
impedirne il decesso.
In questa cornice, tenuto conto della dinamica dell’omicidio, non è possibile
ritenere la condotta del De La Cruz Cuevas giustificabile ai sensi dell’art. 52 cod.
pen., nemmeno sotto il profilo dell’eccesso colposo invocato dal difensore
dell’imputato ex art. 55 cod. pen., alla stregua dei presupposti richiesti per
l’applicazione della legittima difesa, così come canonizzati dalla giurisprudenza di

difesa sono costituiti da un’aggressione ingiusta e da una reazione legittima:
mentre la prima deve concretarsi nel pericolo attuale di un’offesa che, se non
neutralizzata tempestivamente, sfocia nella lesione di un diritto […] tutelato dalla
legge, la seconda deve inerire alla necessità di difendersi, alla inevitabilità del
pericolo e alla proporzione tra difesa e offesa. L’eccesso colposo sottintende i
presupposti della scriminante con il superamento dei limiti a quest’ultima
collegati, sicché, per stabilire se nel fatto si siano ecceduti colposamente i limiti
della difesa legittima, bisogna prima accertare la inadeguatezza della reazione
difensiva, per l’eccesso nell’uso dei mezzi a disposizione dell’aggredito in un
preciso contesto spazio temporale e con valutazione

ex ante, e occorre poi

procedere ad un’ulteriore differenziazione tra eccesso dovuto ad errore di
valutazione ed eccesso consapevole e volontario, dato che solo il primo rientra
nello schema dell’eccesso colposo delineato dall’art. 55 cod. pen., mentre il
secondo consiste in una scelta volontaria, la quale comporta il superamento
doloso degli schemi della scriminante» (cfr. Sez. 1, n. 45425 del 25/10/2005,
Bollardi, Rv. 233352).
In questo ambito, nell’escludere la ricorrenza dei presupposti legittimanti
l’applicazione dell’art. 52 cod. pen., in relazione al comportamento del De La
Cruz Cuevas, anche ai fini dell’eventuale eccesso colposo, non si può non
concordare con la ricostruzione compiuta dal giudice di appello ed esplicitata a
pagina 7 della sentenza impugnata, laddove si affermava: «I predetti dati di
fatto supportano quindi la sussistenza in capo all’imputato di un dolo d’impeto,
che lo ha fatto correre in cucina, prendere il coltello, colpire più volte la vittima,
per poi allontanarsi in tutta fretta, lasciandola in una pozza di sangue […]».
In questi termini, dall’esclusione della ricorrenza dei presupposti applicativi
della legittima difesa discende l’inapplicabilità della disciplina dell’eccesso
colposo, dovendosi in proposito ribadire che la condotta dell’imputato, secondo
quanto dallo stesso riferito, era il frutto di una scelta consapevole, maturata nel
corso della convivenza con la vittima, durante la quale si erano verificati altri
litigi a causa del carattere prevaricatore dell’Hazay Qurban.
8

legittimità consolidata, secondo cui: «I presupposti essenziali della legittima

Ricostruita in questi termini la sequenza comportamentale che sfociava
nell’omicidio dell’Hazay Qurban, non era possibile ipotizzare alcuna contestualità
dell’azione del De La Cruz Cuevas con il comportamento della vittima, in
considerazione delle modalità aggressive unilaterali con cui l’imputato aveva
accoltellato il suo coinquilino.
L’assenza di contestualità tra le condotte dell’imputato e della vittima,
quindi, impongono a questa Corte di condividere la ricostruzione dei giudici di
merito e di ritenere insussistenti i presupposti necessari per ipotizzare un

configurazione imponeva la verifica preliminare delle condizioni applicative
dell’esimente dell’art. 52 cod. pen., insussistenti nel caso di specie, dovendosi
ribadire che l’assenza «dei presupposti della scriminante della legittima difesa, in
specie del bisogno di rimuovere il pericolo di un’aggressione mediante una
reazione proporzionata ed adeguata, impedisce di ravvisare l’eccesso colposo
nella medesima scriminante, che si caratterizza per l’erronea valutazione di detto
pericolo e della adeguatezza dei mezzi usati» (cfr. Sez. 5, n. 2505 del
14/11/2008, Diari, Rv. 242349).
In

definitiva,

la

dinamica

della

vicenda

criminosa

culminata

nell’accoltellamento dell’Hazay Qurban deve ritenersi dimostrativa della
determinazione con cui l’aggressione armata del ricorrente si sviluppava,
consentendo a questa Corte di escludere la ricorrenza della legittima difesa – sia
pure nella forma dell’eccesso colposo – invocata nell’interesse dell’imputato.
Queste ragioni processuale impongono di ritenere infondata la doglianza
difensiva esaminata.

3. Parimenti infondata deve ritenersi l’ulteriore doglianza difensiva, proposta
in via subordinata nell’ambito del primo motivo di ricorso, relativa alla ricorrenza
degli elementi costitutivi dell’omicidio preterintenzionale.
Deve, in proposito, rilevarsi che l’assenza di univocità dell’intento omicidiario
sotteso alla condotta del De La Cruz Cuevas risulta smentita dalla dinamica degli
accadimenti, così come ricostruita dalla Corte territoriale, che consentivano di
accertare che l’azione armata del ricorrente era il frutto di una sua autonoma
determinazione, resa evidente dalla circostanza che l’imputato si armava del
coltello con cui uccideva la vittima, allontanandosi subito dopo dal luogo dello
scontro iniziale con l’Hazaj Qurban.
In questa cornice, osserva questa Corte che le verifiche autoptiche condotte
dopo il ritrovamento del cadavere della vittima fornivano elementi di valutazione
della condotta delittuosa del ricorrente tali da renderla incompatibile con
l’accidentalità del fendente mortale invocata in sua difesa, escludendo la
9

eccesso colposo nella legittima difesa del De La Cruz Cuevas, la cui

plausibilità della ricostruzione fornita dal De La Cruz Cuevas, secondo la quale dopo l’accoltellamento – si era allontanato dal luogo della colluttazione, proprio
perché non intendeva uccidere ma soltanto ferire la vittima.
Tali elementi, con particolare riferimento alla dinamica della colluttazione e
alle modalità dell’accoltellamento, su cui ci si è soffermati nel paragrafo
precedente, valgono a escludere che il delitto possa qualificarsi come
preterintenzionale, non potendosi ipotizzare l’accidentalità dei numerosi fendenti,
tra cui quello mortale, sferrati dal ricorrente all’indirizzo dell’Hazay Qurban.

argomentazioni congrue, a pagina 7 della sentenza impugnata, nell’armarsi e
nello scagliarsi all’indirizzo della vittima, il De La Cruz Cuevas «si è
necessariamente rappresentato il possibile esito del suo agore: ciò nonostante è
andato avanti fino in fondo, ponendo fine alla sua condotta soltanto quando
l’Hazay rimaneva esanime a terra».
Queste considerazioni impongono di escludere la configurabilità di un
omicidio preterintenzionale, ipotizzato in via residuale dalla difesa del ricorrente,
per configurare il quale occorre richiamare il principio di diritto affermato da
questa Corte, nel solco di una giurisprudenza consolidata, secondo cui:
«L’elemento soggettivo del delitto di omicidio preterintenzionale non è costituito
da dolo e responsabilità oggettiva né dal dolo misto a colpa, ma unicamente dal
dolo di percosse o lesioni, in quanto la disposizione di cui all’art. 43 cod. pen.
assorbe la prevedibilità di evento più grave nell’intenzione di risultato. Pertanto,
la valutazione relativa alla prevedibilità dell’evento da cui dipende l’esistenza del
delitto “de quo” è nella stessa legge, essendo assolutamente probabile che da
una azione violenta contro una persona possa derivare la morte della stessa»
(cfr. Sez. 5, n. 791 del 18/10/2012, dep. 2013, Palazzolo, Rv. 254386).
In altri termini, sulla base delle evidenze processuali, correttamente vagliate
dalla Corte territoriale, non è possibile affermare che l’area del corpo della
vittima attinta dal fendente mortale del De La Cruz Cuevas non fosse quella che
questi intendeva colpire. Di più, l’assunto difensivo, secondo cui il ricorrente non
intendeva ferire mortalmente l’Hazay Qurban risulta smentito dalla violenza del
colpo, nel valutare la quale occorre tenere presente la forza necessaria affinchè
la lama del coltello raggiunga una certa profondità, tenuto conto delle
circostanze di tempo e di luogo nelle quali la colluttazione si sviluppava tra i due
coinquilini.
Queste conclusioni, infine, appaiono perfettamente armoniche rispetto alla
giurisprudenza di questa Corte, correttamente richiamata nel provvedimento
impugnato, che, nel distinguere l’omicidio volontario dall’omicidio
preterintenzionale, afferma: «Il criterio distintivo tra l’omicidio volontario e
10

In questo ambito, secondo quanto riferito dalla Corte territoriale, con

l’omicidio preterintenzionale risiede nell’elemento psicologico, nel senso che
nell’ipotesi della preterintenzione la volontà dell’agente è diretta a percuotere o a
ferire la vittima, con esclusione assoluta di ogni previsione dell’evento morte,
mentre nell’omicidio volontario la volontà dell’agente è costituita dall'”animus
necandi”, ossia dal dolo intenzionale, nelle gradazioni del dolo diretto o
eventuale, il cui accertamento è rimesso alla valutazione rigorosa di elementi
oggettivi desunti dalle concrete modalità della condotta» (cfr. Sez. 1, n. 35369

4. Analogo giudizio di infondatezza deve esprimersi con riferimento alla
residua doglianza difensiva, con cui con cui si deduceva il vizio di motivazione
della sentenza impugnata, in relazione al mancato riconoscimento delle
circostanze attenuanti generiche nella loro massima estensione edittale, che si
imponeva tenuto conto delle emergenze processuali, di cui la Corte territoriale
non aveva tenuto conto.
Deve, invero, rilevarsi che, nel caso di specie, la quantificazione della
riduzione di pena per la Concessione delle attenuanti generiche, nella misura di
anni tre di reclusione, determinata la pena base in anni ventuno di reclusione,
non risulta contrastante con la ricostruzione effettuata dal giudice di appello, che
teneva adeguatamente conto delle emergenze processuali, che non consentivano
l’applicazione della riduzione circostanziale di pena nella sua massima estensione
edittale. Nel compiere tale valutazione la Corte territoriale richiamava
correttamente gli stessi argomenti sui quali la sentenza di primo grado si era
soffermata nelle pagine 6 e 7, ai fini della concessione delle attenuanti
generiche, pur nell’ambito di un giudizio di equivalenza con l’aggravante dei futili
motivi, esclusa nel giudizio di appello.
La Corte territoriale, in particolare, applicava al De La Cruz Cuevas le
attenuanti generiche nella misura richiamata con un percorso motivazionale
congruo, esplicitato a pagina 8 della sentenza impugnata, che dava conto del
disvalore del fatto omicidiario, della condizione soggettiva dell’imputato e del suo
comportamento successivo alla commissione del reato, compiendo una
valutazione dosimetrica pienamente rispettosa dei parametri enucleati dall’art.
133 cod. pen.
Ne discende che, in presenza degli indicatori dosimetrici che si sono
evidenziati, la Corte di assise di appello di Milano, esercitando correttamente í
suoi poteri discrezionali, ai sensi dell’art. 133 cod. pen., riteneva di concedere le
attenuanti generiche invocate dalla difesa del ricorrente in una misura adeguata
alla gravità dei fatti delittuosi contestati, fondando tale giudizio su una verifica

11

del 04/07/2007, Zheng, Rv. 237685).

congrua del disvalore dell’azione criminosa e del comportamento dell’imputato
(cfr. Sez. 6, n. 41365 del 28/10/2010, Straface, Rv. 248737).
Si consideri, in ogni caso, che le attenuanti generiche rispondono alla
funzione di adeguare la pena al caso concreto nella globalità degli elementi
oggettivi e soggettivi che la connotano, sul presupposto del riconoscimento di
situazioni fattuali riscontrate con riferimento alla posizione processuale del De La
Cruz Cuevas. La necessità di un giudizio che coinvolga tale posizione nel suo
complesso – e che secondo la Corte territoriale impediva la concessione

sintetizzata dal principio di diritto affermato da questa Corte, secondo cui: «Le
attenuanti generiche non possono essere intese come oggetto di benevola e
discrezionale “concessione” del giudice, ma come il riconoscimento di situazioni
non contemplate specificamente, non comprese cioè tra le circostanze da
valutare ai sensi dell’art. 133 cod. pen., che presentano tuttavia connotazioni
tanto rilevanti e speciali da esigere una più incisiva, particolare, considerazione
ai fini della quantificazione della pena» (cfr. Sez. 6, n. 2642 del 14/01/1999,
Catone, Rv. 12804).

5. Per queste ragioni, il ricorso proposto nell’interesse di Victor Marino De La
Cruz Cuevas deve essere rigettato con la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna 1191 ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso il 15/04/2016.

all’imputato delle attenuanti generiche nella loro massima estensione edittale – è

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA