Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22723 del 22/04/2016


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 22723 Anno 2016
Presidente: BLAIOTTA ROCCO MARCO
Relatore: PAVICH GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
HAJDARI SONI N. IL 31/01/1994
KRUSEVCI ALIJA N. IL 23/03/1997
avverso l’ordinanza n. 103/2016 TRIB. LIBERTA’ di ROMA, del
28/01/2016
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIUSEPPE PAVICV;
1907sentite le conclusioni del PG Dott.
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Udibitifensok0Avv.b0.1/0 I d ,

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Data Udienza: 22/04/2016

RITENUTO IN FATTO

1. Soni Hajdari e Alija Krusevci ricorrono, per il tramite del loro difensore di
fiducia, avverso l’ordinanza in data 28 gennaio 2016 con la quale il Tribunale del
Riesame di Roma rigettava l’istanza di revoca o sostituzione della misura della
custodia cautelare in carcere a loro applicata dal Giudice per le indagini
preliminari del Tribunale di Cassino in relazione alla detenzione e al trasporto di
450 chilogrammi di marijuana, nonché al reato di resistenza a pubblico ufficiale.

motivazione dell’originaria ordinanza applicativa in punto di esigenze cautelari;
analoga decisione reiettiva veniva adottata dal Tribunale adìto in relazione alla
richiesta di sostituzione della misura con quella degli arresti domiciliari anche con
controllo elettronico a distanza.

2. L’unico atto di ricorso dei sunnominati indagati é articolato in due motivi.
2.1. Il primo motivo di doglianza attiene alla violazione di legge e al vizio di
motivazione, lamentati dai ricorrenti con riferimento alle esigenze cautelari del
pericolo di fuga e di quello di reiterazione del reato, atteso che la motivazione del
Tribunale del Riesame é, sul punto, apparente e non in linea con le modifiche
apportate alla disciplina delle misure cautelari dalla legge n. 47/2015, con
particolare riguardo all’attualità del periculum. Nel ricorso si evidenziano la
giovanissima età e l’incensuratezza degli indagati, nonché il loro atteggiamento
collaborativo, elementi di contrasto rispetto alle esigenze cautelari oggetto di
conferma nell’ordinanza impugnata.
2.2. Con il secondo motivo i ricorrenti lamentano violazione di legge e vizio
di motivazione in relazione alla mancata sostituzione della misura con quella
degli arresti domiciliari, anche con supporto di controllo a distanza (c.d.
braccialetto elettronico): sostituzione negata unicamente sul rilievo che i due
indagati vivono in un campo nomadi, domicilio giudicato inidoneo a fini di
controllo, laddove tale problema d’inidoneità non dovrebbe porsi in caso di
utilizzo del controllo elettronico a distanza.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo motivo di ricorso é manifestamente infondato e perciò
inammissibile.
La motivazione del Tribunale del Riesame é affatto congrua e puntuale,
nonché rispondente ai principi enunciati dalla giurisprudenza di legittimità per
l’individuazione dell’attualità e concretezza del pericolo di recidivanza.
2

Veniva fra l’altro rigettata la doglianza difensiva riferita alla carenza di

Nell’individuare detti principi la Corte ha affermato che, in tema di
presupposti per l’applicazione delle misure cautelari personali, la legge 16 aprile
2015, n. 47 4, introducendo nell’art. 274, lett. c), cod. proc. pen. il requisito
dell’attualità del pericolo di reiterazione del reato, ha evidenziato la necessità che
tale aspetto sia specificamente valutato dal giudice emittente la misura, avendo
riguardo alla sopravvivenza del pericolo di recidivanza al momento della
adozione della misura in relazione al tempo trascorso dal fatto contestato ed alle
peculiarità della vicenda cautelare (Sez. 5, Sentenza n. 43083 del 24/09/2015,

dall’art. 274, comma primo, lett. b) e c), cod. proc. pen., come modificato dalla
I. n. 47 del 2015, non consenta di desumere il pericolo di fuga e/o di recidiva
dalla astratta gravità del titolo del reato per il quale si procede, esso non osta
alla considerazione della concreta condotta perpetrata, in rapporto al contenuto e
alle circostanze fattuali che la connotano (vds. Sez. 1, n. 45659 del 13/11/2015,
Restuccia, Rv. 265168).
Nella specie, oggetto dell’ordinanza é una condotta criminosa non solo
particolarmente grave (detenzione e trasporto di un notevole quantitativo di
sostanza stupefacente, seguita da una condotta di resistenza a pubblico
ufficiale), ma altresì commessa in epoca assai recente (tra il 30 e il 31 dicembre
2015), dalla quale quindi correttamente il Tribunale ha ricavato ed enunciato
convenientemente il convincimento di una persistente pericolosità di natura
cautelare, resa evidente dal fatto che la condotta di detenere e trasportare
siffatto quantutativo di droga implica all’evidenza un contatto e uno stretto
collegamento con ambienti criminosi di non trascurabile caratura, e che l’assenza
di radicamento sul territorio dei due indagati, privi di domicilio e di lecito lavoro e
presumibilmente soggetti a una risposta sanzionatoria non lieve, possa indurli a
sottrarsi alla giustizia.

2. Parimenti inammissibile si rivela anche il secondo motivo di ricorso, per
sopravvenuta carenza d’interesse oltreché per manifesta infondatezza.
Va in primo luogo rilevato che, in base alla documentazione disponibile, i
due ricorrenti, medio tempore (e segnatamente dal 10 marzo 2016), sono stati
posti agli arresti domiciliari, essendo stata così sostituita la misura inframuraria a
loro inizialmente applicata, di tal che deve ritenersi venuto meno l’interesse, da
parte dei medesimi, a insistere nella richiesta avanzata in tal senso. Peraltro, nel
merito, risulta esaustiva la motivazione con la quale il Tribunale adìto aveva
rigettato la richiesta di sostituzione della misura in atto applicata con quella degli
arresti domiciliari con supporto di controllo elettronico a distanza, essendo i due
indagati non solo sprovvisti di un idoneo domicilio (tale non essendo stato

Maio, Rv. 264902); ma ha altresì precisato che, sebbene il divieto previsto

ritenuto il campo nomadi da loro all’uopo indicato) e di stabile lavoro, ma altresì
presumibilmente legati ad ambienti criminosi di rilevante spessore; ed é noto
che, in tema di arresti domiciliari, la prescrizione del cosiddetto “braccialetto
elettronico” non configura un nuovo tipo di misura coercitiva, ma un modo di
esecuzione ordinaria della cautela domiciliare, con la conseguenza che il giudice,
ove, per la pericolosità dell’indagato e le peculiarità del fatto contestato, abbia
ritenuto adeguata unicamente la custodia inframuraria, non deve altresì
motivare sull’inidoneità degli arresti pur connotati dall’adozione di tale

Rv. 265891).

3. Alla declaratoria d’inammissibilità consegue la condanna dei ricorrenti al
pagamento delle spese processuali; ed inoltre, alla luce della sentenza 13 giugno
2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non
sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza
versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», i ricorrenti
vanno condannati al pagamento di una somma che si stima equo determinare in
C 1000,00 per ciascuno in favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle
spese processuali e ciascuno della somma di C 1000 in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma il 22 aprile 2016.

braccialetto (ex multis vds. Sez. 6, n. 1084 del 12/11/2015, dep. 2016, Masella,

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