Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22718 del 06/05/2016


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 22718 Anno 2016
Presidente: BLAIOTTA ROCCO MARCO
Relatore: MENICHETTI CARLA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MAZZONI NAZARIO N. IL 12/01/1934
avverso la sentenza n. 2717/2013 CORTE APPELLO di FIRENZE, del
22/01/2015
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 06/05/2016 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. CARLA MENICHETTI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

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Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

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Data Udienza: 06/05/2016

RITENUTO IN FATTO
1. La Corte d’Appello di Firenze con sentenza in data 22.1.2015, in accoglimento
dell’impugnazione del P.M., riformava la sentenza di assoluzione emessa dal Tribunale di
Livorno e pronunciava la condanna di Mazzoni Nazario per il reato di cui all’art.189,
commi 6 e 7, CdS perché, dopo aver tagliato la strada al motoveicolo condotto da Adamo
Eleonora provocandone la caduta a terra, aveva omesso di arrestare la marcia e di
prestare soccorso alla parte lesa che aveva riportato lesioni.

elementi probatori decisivi: il primo costituito dall’entità dell’impatto verificatosi tra auto
e ciclomotore, documentata dai danni riportati dalla vettura, e dunque del rumore
provocato, che non poteva essere ascritto né a un sobbalzo sull’asfalto, né a un urto
contro un cassonetto, come dichiarato dall’imputato; il secondo costituito proprio dalla
contraddittorietà oggettiva della versione dei fatti offerta dall’imputato, che, soffermatosi
per qualche secondo, era in condizioni di accorgersi del motorino a terra, poiché le luci
erano accese e l’infortunata aveva alzato la testa vedendo che l’auto si stava fermando.
L’entità dell’urto e l’istintivo soffermarsi per accertare l’accaduto dimostrerebbero quanto
meno il dolo eventuale del reato: non poteva infatti ragionevolmente sostenersi che
l’imputato non si fosse prospettato di aver provocato un incidente ed allontanandosi dal
luogo aveva accettato il rischio che vi fossero persone lese a cui prestare assistenza.
3. Ha proposto ricorso l’imputato, a mezzo del difensore di fiducia, affidato a
quattro motivi.
Con un primo motivo deduce inosservanza e/o erronea applicazione della legge
penale (art.49 c.p. e 189 CdS) in relazione all’elemento soggettivo del dolo eventuale,
rilevante anche per gli effetti di cui all’art.129 c.p. Rilevava che il meccanismo di
punibilità a titolo di dolo delle condotte descritte nell’art.189 CdS implicava la necessità
che ogni componente del fatto tipico (segnatamente la causazione dell’incidente, il danno
alle persone e la presenza di feriti cui prestare assistenza) fosse conosciuta e voluta
dall’agente. Nel caso di specie il dolo eventuale poteva cadere sul fatto che vi fosse una
persona bisognosa di assistenza ma non sul fatto stesso dell’incidente.
Con un secondo motivo lamenta difetto e/o manifesta illogicità della motivazione
sulla consapevolezza dell’imputato di aver provocato un incidente. Il fatto era accaduto di
sera, mentre pioveva, l’imputato dopo l’urto non era sceso dall’auto per verificare
eventuali danni e dopo essersi fermato per pochi secondi aveva proseguito la marcia con
andatura normale ed era rientrato a casa distante un centinaio di metri.
Con un terzo motivo prospetta inosservanza di norme processuali in relazione agli
artt.191, 192 e 546 lett.e) c.p.p., rilevante anche quale vizio di motivazione su un punto
essenziale della vicenda. La gravata sentenza aveva omesso di esaminare tutto il
materiale probatorio acquisito ed in particolare non aveva tenuto conto dell’avanzata età
dell’imputato (75 anni) e delle condizioni di tempo che limitavano le percezioni uditive e
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2. La Corte territoriale riteneva che il primo giudice non avesse valutato due

visive. Il Mazzoni stava svoltando a destra e non aveva notato nulla che potesse far
pensare ad un impatto contro un altro veicolo e ad una persona caduta a terra.
Con un ultimo motivo censura poi l’impugnata sentenza per vizio di motivazione,
avendo la Corte ribaltato la pronuncia assolutoria fornendo un’interpretazione conforme
alla ipotesi accusatoria attraverso un percorso motivazionale che non spiegava perché
non potesse essere accolta, almeno con un ragionevole dubbio, la versione alternativa

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è meritevole di accoglimento.
2. L’art.189 del CdS impone all’utente della strada, in caso di incidente comunque
ricollegabile al suo comportamento, di fermarsi e di prestare l’assistenza occorrente a
coloro che, eventualmente, abbiano subito danno alla persona (comma 1) e punisce
chiunque, in caso di incidente con danno alle persone, non ottemperi all’obbligo di
fermarsi (comma 6) e di prestare l’assistenza occorrente alle persone ferite (comma 7).
2.1. Questa Corte ha più volte affermato che nel reato di “fuga”, punito solo a
titolo di dolo, l’accertamento dell’elemento psicologico va compiuto in relazione al
momento in cui l’agente pone in essere la condotta e, quindi, alle circostanze dal
medesimo concretamente rappresentate e percepite in quel momento, le quali devono
essere univocamente indicative della sua consapevolezza di aver provocato un incidente
idoneo ad arrecare danno alle persone, rilevando solo in un successivo momento il
definitivo accertamento delle effettive conseguenze del sinistro (Sez.4, 4.2.2013, n.5510,
rv 254667); l’elemento soggettivo può essere integrato anche dal dolo eventuale, ossia
dalla consapevolezza del verificarsi di un incidente riconducibile al proprio
comportamento che sia concretamente idoneo a produrre eventi lesivi, senza che debba
riscontrarsi l’esistenza di un effettivo danno alle persone (Sez.4, 9.5.2012, n.17220, rv
252374). Si è ancora precisato che nel reato di “fuga” previsto dai commi 6 e 7 del citato
art.189, il dolo deve investire non solo l’evento dell’incidente ma anche il danno alle
persone e, conseguentemente, la necessità del soccorso, che non costituisce una
condizione di punibilità; tuttavia la consapevolezza che la persona coinvolta nell’incidente
ha bisogno di soccorso può sussistere anche sotto il profilo del dolo eventuale, che si
configura normalmente in relazione all’elemento volitivo, ma che può attenere anche
all’elemento intellettivo, quando l’agente consapevolmente rifiuti di accertare la
sussistenza degli elementi in presenza dei quali il suo comportamento costituisce reato,
accettandone per ciò stesso l’esistenza (Sez.4, 6.9.2007, n.34134, rv 237239). Per la
sussistenza del reato di omissione di assistenza è poi necessaria l’effettività di bisogno
dell’investito (Sez.4, 9.5.2000, n.5416, rv 216465).
3. Ciò posto, la Corte di Firenze ha affermato, a sostegno della pronuncia di
condanna, che l’entità dell’urto e l’essersi il Mazzoni soffermato sia pure per pochi istanti,
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favorevole all’imputato.

dimostrerebbero quantomeno il dolo eventuale del reato, non potendosi ragionevolmente
sostenere che l’imputato non si fosse prospettato di aver provocato un incidente
accettando il rischio che vi fossero persone lese cui prestare assistenza.
Il ragionamento, censurato nel primo motivo di ricorso, è errato nella
impostazione in diritto poiché prospetta il dolo eventuale con riferimento alla condotta
causativa del sinistro e non a quelle costituenti reato.
Come autorevolmente affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte (sent.

dell’imputazione soggettiva dagli incerti confini in cui l’evento non costituisce l’esito
finalistico della condotta, né è previsto come conseguenza certa o altamente probabile:
l’agente si rappresenta un possibile risultato della sua condotta e ciononostante si induce
ad agire accettando la prospettiva che l’accadimento abbia luogo…..si tratta di un
atteggiamento psichico che indichi una qualche adesione interiore all’evento per il caso
che esso si verifichi quale conseguenza non direttamente voluta dalla propria condotta”.
Ed allora, nel caso di specie, può parlarsi di dolo eventuale solo con riferimento
alle conseguenze dell’incidente, nel senso della condotta di chi – certo di aver provocato
un sinistro – si allontani senza fermarsi pur nella prospettiva della presenza di feriti da
soccorrere ed accettando quindi come possibile risultato di incorrere nelle omissioni
penalmente rilevanti.
La Corte territoriale non offre però adeguata motivazione sul raggiungimento di
una prova certa del fatto che il conducente Mazzoni si fosse reso realmente conto di aver
provocato un sinistro„ ed ancor più che avesse assunto su di sé il dubbio in ordine
all’esistenza di conseguenze lesive che esigessero soccorso.
Il deficit motivazionale è ancor più ragguardevole se si considerano le circostanze
di fatto poste in luce dal ricorrente, afferenti alle condizioni del conducente ed alle
contingenze in cui il fatto si verificò. D’altra parte la esaustività delle indagini in fatto
esperite nei giudizi di merito conduce univocamente a ritenere che nessun ulteriore
approfondimento possa essere utilmente compiuto.
4. In conseguenza la sentenza va annullata senza rinvio perché il fatto non
costituisce reato in assenza di prova certa in ordine all’elemento soggettivo dell’illecito.

P.Q. M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non costituisce reato.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 6 maggio 2016

Il Consi

Il Presidente

n.38343 del 24.4.2014, Espenhahn ed altri) “il dolo eventuale designa l’area

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