Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22717 del 22/04/2016


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 22717 Anno 2016
Presidente: BLAIOTTA ROCCO MARCO
Relatore: PAVICH GIUSEPPE

Data Udienza: 22/04/2016

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CAMERA ROBERTO N. IL 21/05/1943
avverso la sentenza n. 2124/2010 CORTE APPELLO di TORINO, del
23/03/2015
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 22/04/2016 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIUSEPPE PAVICH
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. 6M.:Go
che ha concluso per Zt A.ro %ce

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Udito, pel la parte civile, l’Avv
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RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza resa in data 23 marzo 2015, la 3 Sezione penale della Corte
d’appello di Torino, in riforma della sentenza con la quale il Tribunale di Asti, 1’8
luglio 2009, aveva assolto Roberto Camera perché il fatto non costituisce reato,
lo condannava alla pena di tre mesi di reclusione – previa concessione delle
attenuanti di cui agli artt. 62- bis e 62 n. 6 cod.pen., prevalenti sulla contestata
aggravante, e con concessione dei doppi benefici di legge – in relazione al reato

d’Asti il 28 ottobre 2006 in danno di Domenico Aiassa.
Oggetto del processo, nel quale il Camera risponde del reato a lui ascritto
quale direttore dello stabilimento della

Fuchs Lubrificanti s.p.a.

sedente in

Buttigliera d’Asti, é un infortunio verificatosi in occasione di un’operazione di
verniciatura di due serbatoi dell’impianto antincendio ivi presente. Per
l’esecuzione di detta lavorazione era stato noleggiato un autocarro dotato di
piattaforma elevabile presso la ditta di Giuseppe Aiassa, fratello della vittima;
dell’esecuzione del lavoro venivano incaricati dal Camera Domenico Aiassa,
Giulio Anese e Antonio Cerniglia, tutti e tre dipendenti della Fuchs. L’Aiassa e
l’Anese salivano sulla piattaforma elevabile senza indossare le cinture di
sicurezza; l’Aiassa manovrava l’impianto per elevare la piattaforma, nel tentativo
di portarla sulla parte retrostante dei due serbatoi, tentativo che riusciva dopo
alcune ripetizioni della manovra; successivamente però la base del cestello
elevabile si abbassava ed entrava in contatto con i due serbatoi. L’Aiassa cercava
di svincolare il cestello, rimasto bloccato, dapprima con un braccio, poi – dopo
avere fatto scendere l’Anese dal cestello e avendolo fatto posizionare sulla
sommità di uno dei serbatoi – cercando di manovrare sui comandi dell’impianto.
La forza impressa con la manovra faceva però salire il cestello fino alla sommità
dei serbatoi, quindi lo faceva liberare in modo improvviso, creando un effetto
“catapulta”; il repentino sblocco del cestello faceva sbalzare l’Aiassa fuori dello
stesso e, nonostante il tentativo del lavoratore di aggrapparsi a una maniglia di
plastica, ne cagionava la caduta al suolo e quindi il decesso.
Al Camera é mosso l’addebito di avere cagionato il decesso dell’Aiassa per
avere omesso di fornire ai dipendenti l’istruzione e l’addestramento necessari per
l’esecuzione della lavorazione e per la prevenzione dei rischi connessi; per avere
omesso di predisporre un servizio di vigilanza mediante preposti, che consentisse
l’adozione delle corrette procedure d’intervento; e per avere omesso di verificare
che l’impianto fosse dotato di sufficienti dispositivi di sicurezza individuale, in
relazione a quanto previsto dall’allora vigente art. 41 D.Lgs. 626/1994.

2

a lui contestato ex art. 589, commi 1 e 2, cod. pen., commesso in Buttigliera

Il ribaltamento della decisione di primo grado, conseguente ad appello
proposto dal Pubblico ministero, era dovuto al fatto che, diversamente da quanto
ritenuto dal Tribunale nella sentenza assolutoria, doveva escludersi la
qualificazione del rapporto fra la Fuchs e il noleggiatore dell’impianto come
contratto d’appalto, trattandosi di fornitura con nolo “a freddo” e di operazione
che la vittima eseguiva in assenza di una posizione di autonomia organizzativa,
ma quale dipendente della ditta del Camera. Ciò posto, secondo la Corte di
merito, le prove assunte avevano confermato che l’Aiassa e l’Anese non avevano

grazie al parapetto del cestello; che sul cestello vi era solo una cintura di
sicurezza, a fronte del fatto che vi operassero due lavoratori; che la tipologia di
lavoro necessitasse la designazione di un preposto che esercitasse la vigilanza
sul compimento delle operazioni in sicurezza; che il bagaglio d’esperienza
personale dell’Aiassa non fosse tale da rendere inutile una specifica attività di
formazione in suo favore; che comunque la lavorazione in esame era stata fatta
eseguire dal Camera non già, in regime d’appalto, a una ditta specializzata che
ne curasse per intero l’esecuzione, ma in economia, ossia noleggiando l’impianto
presso una ditta esterna e provvedendo all’impiego di risorse umane interne alla
propria ditta, ossia di dipendenti sprovvisti di adeguata formazione su lavorazioni
così rischiose e adeguata informazione sui connessi pericoli.

2. Avverso la prefata sentenza ricorre il Camera, con un primo atto a sua
firma e con la successiva presentazione di motivi aggiunti a cura del suo
difensore di fiducia.
2.1. Iniziando dall’atto personalmente sottoscritto dall’imputato, esso consta
di un unico motivo, con il quale si censura vizio di motivazione nella sentenza
impugnata, riferito, in particolare, alla questione della presunta carenza di
formazione ed esperienza della vittima, laddove – lamenta l’esponente – sono
state invece del tutto trascurate dalla Corte territoriale le deposizioni dei testi
Arato e Anese: secondo il teste Arato, l’Aiassa era soggetto sicuramente esperto
nelle lavorazioni del tipo di quella in esame, come era stato possibile constatare
un mese prima, in occasione di analogo utilizzo della piattaforma in quota, per la
sostituzione di vetri a un’altezza di 13 metri; il teste Anese, dal canto suo, ha
raccontato come l’Aiassa avesse provato a eseguire le manovre di scostamento
del cestello dai serbatoi, descrivendo le operazioni compiute dalla vittima e
sottolineando come esse presupponevano notevole esperienza nell’impiego
dell’impianto, e oltretutto riferendo che l’Aiassa, invitando l’Anese a uscire dal
cestello e a posizionarsi sulla sommità di un serbatoio, gli avesse praticamente
salvato la vita sulla scorta della sua esperienza e delle sue conoscenze
3

ricevuto alcuna formazione e nella convinzione di operare comunque in sicurezza

dell’impianto, prevedendo il rischio di un possibile effetto “catapulta” come quello
poi concretizzatosi. Quanto, poi, all’individuazione di un preposto, che la Corte
ha ritenuto essere stata omessa dal Camera, l’esponente evidenzia come in
realtà il preposto fosse proprio l’Aiassa, in virtù della sua esperienza nell’uso
dell’impianto, sicuramente superiore rispetto agli altri dipendenti della ditta. Si
duole infine il ricorrente del fatto che la Corte di merito abbia omesso ogni
valutazione in ordine al comportamento colposo della vittima e all’idoneità dello
stesso a interrompere il nesso causale tra la condotta ascritta al Camera e

2.2. L’atto successivamente depositato, a firma del difensore di fiducia
dell’imputato, consta di due motivi aggiunti.
2.2.1. Con il primo motivo si denuncia vizio di motivazione in riferimento
all’omessa valutazione della deposizione del teste Arato, con argomenti che
richiamano nella sostanza quelli svolti sul punto nel ricorso presentato
personalmente dall’imputato, ai quali quindi si può fare rinvio.
2.2.2. Con il secondo motivo si denuncia vizio di motivazione in riferimento
al c.d. giudizio controfattuale operato dalla Corte di merito in relazione alla
condotta omissiva contestata al Camera con riferimento all’omessa formazione e
istruzione dell’Aiassa, laddove la condotta di quest’ultimo si inserì in modo
sicuramente determinante nell’iter causale dell’evento, non avendo l’Aiassa
utilizzato la cintura di sicurezza presente sull’impianto e avendo altresì insistito
in modo maldestro nell’eseguire le manovre volte a sbloccare il cestello; nonché
con riferimento alla mancata nomina di un preposto, laddove tale figura doveva
identificarsi, nella specie, proprio nella vittima.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso é infondato, in tutti i motivi in cui esso é articolato.
Può in primo luogo dirsi pacifico che fu il Camera a curare l’esecuzione della
lavorazione: ossia a noleggiare l’autocarro presso la ditta di Giuseppe Aiassa e
ad incaricare i tre dipendenti sopra indicati (fra cui la vittima) di eseguire la
pitturazione dei serbatoi, ossia un’operazione di manutenzione in quota.
Ciò posto, va preliminarmente chiarito che appare superata, ed é comunque
irrilevante, la questione della configurabilità o meno di un rapporto qualificabile
come contratto d’appalto tra la Fuchs e la ditta che noleggiò il macchinario
(facente capo al fratello della vittima). Essendo pacifico che tale rapporto si
risolse in realtà nel c.d. nolo a freddo dell’autocarro munito di piattaforma
elevabile, senza cioé che la ditta noleggiatrice mettesse a disposizione uno o più
propri dipendenti, deve considerarsi che, in tema di prevenzione degli infortuni
4

l’evento mortale.

sul lavoro, il soggetto titolare dell’impresa che noleggia macchinari
(eventualmente mettendo a disposizione anche un soggetto addetto al loro
utilizzo) non ha l’obbligo di cooperare all’attuazione delle misure di prevenzione e
protezione che l’appaltatore di lavori deve adottare in favore dei lavoratori alle
sue dipendenze, e pertanto non assume, nei confronti di questi ultimi, una
posizione di garanzia in relazione ai rischi specifici connessi all’ambiente di lavoro
nel quale essi sono chiamati ad operare, non esercitando alcuna attività
produttiva (Sez. 4, n. 23604 del 05/03/2009, Cossi e altri, Rv. 244216).

Aiassa, che era dipendente della Fuchs, il Camera aveva pienamente assunto, in
tema di prevenzione degli infortuni, le responsabilità derivanti dalla sua posizione
di garanzia, quale direttore dello stabilimento e delegato alla sicurezza del
lavoro, nonché la gestione del rischio poi concretizzatosi.
Perciò, conviene preliminarmente verificare se all’assunzione di dette
responsabilità abbia fatto riscontro, nel caso del ricorrente, l’osservanza dei
corrispondenti doveri o se egli abbia omesso di ottemperare a quelli indicati
nell’imputazione: ossia il dovere di formazione e di informazione dei dipendenti,
ed in specie dell’Aiassa Domenico, con riferimento al tipo di operazione a lui
affidata; il dovere di designare un preposto ai fini dell’esecuzione in sicurezza
dell’operazione (verificando altresì se tale incarico potesse essere assunto
direttamente dall’Aiassa); il dovere di curare che fossero disponibili i dispositivi
di protezione individuale di cui all’art. 41, D.Lgs. 626/1994 (nella specie, le
imbracature di sicurezza).

2. Quanto al primo profilo, risulta ampiamente e congruamente motivato
nella sentenza impugnata il convincimento della Corte di merito in ordine
all’assoluta insufficienza della formazione e informazione dei dipendenti, e in
specie dell’Aiassa, da parte del Camera, in riferimento al rischio insito
nell’operazione che costò la vita al dipendente: a tal fine valgono le
considerazioni svolte dalla Corte territoriale a pag. 7 della sentenza in ordine alla
deposizione dello stesso fratello della vittima e alla carenza di elementi
specificamente riferiti al rischio in esame nella documentazione fornita al
personale (c.d. manuale ABC della sicurezza); ma, anche, in ordine al fatto che
l’avere eseguito in una singola occasione un’operazione analoga, per tipologia e
rischio, a quella a lui fatale (la sostituzione di vetrate avvenuta un mese prima
del fatto) non rendeva superflua la formazione del dipendente rimasto vittima
dell’infortunio (sul punto, a differenza di quanto denunciato nei motivi di ricorso,
la Corte ha svolto brevi ma puntuali considerazioni a pag. 8 della sentenza). A
fronte di ciò, deve ricordarsi che, in tema di tutela della salute e della sicurezza
5

Quanto precede rende evidente che, rispetto alla posizione di Domenico

dei lavoratori, l’attività di formazione del lavoratore, alla quale é tenuto il datore
di lavoro, non é esclusa dal personale bagaglio di conoscenza del lavoratore,
formatosi per effetto di una lunga esperienza operativa, o per il travaso di
conoscenza che comunemente si realizza nella collaborazione tra lavoratori,
anche posti in relazione gerarchica tra di loro. L’apprendimento insorgente da
fatto del lavoratore medesimo e la socializzazione delle esperienze e della prassi
di lavoro non si identificano e tanto meno valgono a surrogare le attività di
informazione e di formazione prevista dalla legge (Sez. 4, n. 21242 del

Da tali considerazioni deriva anche la soluzione riferita alla seconda
questione, ossia quella relativa alla presenza o meno di un preposto sul luogo
dell’infortunio, presenza che viene affermata dal ricorrente, che individua nella
stessa vittima colui che in concreto aveva assunto tale qualifica. Invero, come si
é detto (e come chiaramente argomentato nella sentenza impugnata), é emerso
che l’Aiassa non aveva una specifica formazione, né una specifica esperienza
nella conduzione di impianti del tipo di quello utilizzato il giorno dell’incidente, né
tanto meno una conoscenza dei rischi connessi a simili operazioni, e non poteva
quindi assumere una posizione di preminenza rispetto agli altri lavoratori, così da
poter loro impartire ordini, istruzioni o direttive sul lavoro da eseguire; perciò
egli non poteva comunque assimilarsi a un preposto, neppure in via di fatto (sul
punto si veda fra le altre Sez. 4, n. 35666 del 19/06/2007, Lanzellotti, Rv.
237468).

3. Quanto all’addebito di non aver curato la presenza di dispositivi di
protezione individuale nella piattaforma su cui l’Aiassa e l’Anese dovevano
operare, é bensì emerso che era disponibile una sola cintura di sicurezza (e non
due, a fronte dell’impiego di due lavoratori), che peraltro l’Aiassa non usava
neppure quando era rimasto solo sul cestello dopo averne fatto uscire l’Anese;
ma soprattutto – e di ciò, come si é detto poc’anzi, la sentenza impugnata offre
adeguata contezza – é emerso che né l’Aiassa, né l’Anese erano stati formati né
informati circa l’obbligo di indossare la cintura di sicurezza a fini prevenzionistici,
e che anzi essi ritenevano che a tal fine fosse sufficiente la presenza di un
parapetto nel cestello, protezione sicuramente non idonea a prevenire il rischio
concretizzatosi nel caso specifico (infatti il cestello, dopo essere stato liberato
bruscamente, si era ribaltato facendo cadere l’Aiassa).
Sul piano del giudizio controfattuale operato dalla Corte di merito, deve
parimenti convenirsi con le argomentazioni svolte nell’impugnata sentenza, nella
premessa che il rapporto di causalità tra omissione ed evento non può ritenersi
sussistente sulla base del solo coefficiente di probabilità statistica, ma deve
6

12/02/2014, Nogherot, Rv. 259219).

essere verificato alla stregua di un giudizio di alta probabilità logica, che a sua
volta deve essere fondato, oltre che su un ragionamento di deduzione logica
basato sulle generalizzazioni scientifiche, anche su un giudizio di tipo induttivo
elaborato sull’analisi della caratterizzazione del fatto storico e sulle particolarità
del caso concreto (Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014, Espenhahn e altri, Rv.
261103).

4. Ciò posto, dallo svolgimento dei fatti oggetto dell’impugnata sentenza

soprattutto informato l’Aiassa e l’Anese in ordine al corretto modo di eseguire
l’operazione, ai rischi che essa comportava e a quali fossero gli accorgimenti per
evitarli, sicuramente i due lavoratori avrebbero potuto operare in sicurezza e non
avrebbero corso i rischi cui invece si trovarono esposti e che si concretizzarono
nell’incidente; se il Camera avesse incaricato un preposto, provvisto di adeguata
preparazione, di attendere ed assistere all’operazione, costui avrebbe potuto
impedire che quest’ultima venisse eseguita in modo pericoloso e azzardato,
come invece accadde; e se infine il Camera avesse considerato la disponibilità di
un solo dispositivo di protezione individuale sulla piattaforma, avrebbe avuto la
possibilità di riconsiderare le modalità esecutive dell’operazione, anziché farla
eseguire da due lavoratori, per di più completamente privi di formazione non
solo sul corretto svolgimento di detta operazione, ma anche sui rischi connessi e
su come prevenirli ed evitarli. In definitiva, se il Camera avesse ottemperato ai
doveri prevenzionistici discendenti della posizione di garanzia da lui assunta (e,
quindi, del rischio da lui gestito), con ogni probabilità l’evento non si sarebbe
verificato. Detto evento, del resto, rientrava sicuramente tra quelli
intrinsecamente prevedibili per un’operazione, quale quella in corso al momento
dell’evento e consistente in una manutenzione effettuata in quota, che implicava
il pericolo di cadute dall’alto del personale all’uopo impiegato, pericolo in
funzione del quale era del resto presente sulla piattaforma elevabile un apposito
dispositivo di protezione individuale; é appena il caso di ricordare, al riguardo,
che, in tema di colpa, la necessaria prevedibilità dell’evento – anche sotto il
profilo causale – non può riguardare la configurazione dello specifico fatto in tutte
le sue più minute articolazioni, ma deve mantenere un certo grado di
categorialità, nel senso che deve riferirsi alla classe di eventi in cui si colloca
quello oggetto del processo (Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014, Espenhahn e
altri, Rv. 261106).

5. Resta da dire dell’ultimo argomento sostenuto dal ricorrente e riferito
all’omessa motivazione, da parte della Corte di merito, in ordine al contributo
7

emerge con chiarezza che, se il Camera avesse adeguatamente formato e

causale del comportamento negligente della vittima nel prodursi dell’evento
mortale.
In realtà la Corte di merito fornisce adeguata motivazione sul punto (vds.
pp. 9-10 sentenza impugnata). Può solo aggiungersi che, per pacifica
giurisprudenza, il datore di lavoro, in quanto titolare di una posizione di garanzia
in ordine all’incolumità fisica dei lavoratori, ha il dovere di accertarsi del rispetto
dei presidi antinfortunistici vigilando sulla sussistenza e persistenza delle
condizioni di sicurezza ed esigendo dagli stessi lavoratori l’osservanza delle

sopravvenuta, solo in virtù di un comportamento del lavoratore avente i caratteri
dell’eccezionalità, dell’abnormità e, comunque, dell’esorbitanza rispetto al
procedimento lavorativo ed alle precise direttive organizzative ricevute,
connotandosi come del tutto imprevedibile o inopinabile (Sez. 4, n. 3787 del
17/10/2014 – dep. 27/01/2015, Bonelli, Rv. 261946). Più precisamente, come
recentemente chiarito dalla giurisprudenza apicale di legittimità, é interruttiva
del nesso di condizionamento la condotta abnorme del lavoratore quando essa si
collochi in qualche guisa al di fuori dell’area di rischio definita dalla lavorazione in
corso. Tale comportamento é “interruttivo” (per restare al lessico tradizionale)
non perché “eccezionale” ma perché eccentrico rispetto al rischio lavorativo che il
garante é chiamato a governare. Tale eccentricità renderà magari in qualche
caso (ma non necessariamente) statisticamente eccezionale il comportamento
ma ciò é una conseguenza accidentale e non costituisce la reale ragione
dell’esclusione dell’imputazione oggettiva dell’evento (Sez. U, n. 38343 del
24/04/2014, Espenhahn e altri, non massimata sul punto).
Nel caso specifico, é di tutta evidenza che il contributo causale dell’Aiassa al
prodursi dell’evento é al più consistito in una sua imprudenza e negligenza nel
manovrare l’impianto per liberarne il cestello, nonché nell’omettere di indossare
la cintura di sicurezza; ma ciò era dovuto più che altro alla sua scarsa
formazione nell’utilizzo dell’impianto e alla sua carente informazione sui rischi
connessi all’operazione a lui affidata (ossia a condotte omissive imputabili al
Camera), e non si trattava sicuramente di comportamento abnorme nel senso
sopra illustrato, non potendosi esso qualificare come eccentrico rispetto al rischio
lavorativo gestito dall’odierno ricorrente.

6. Per le considerazioni suesposte il ricorso va dunque rigettato e il
ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali.

8

regole di cautela, sicché la sua responsabilità può essere esclusa, per causa

P.Q.M.

Rigetta i ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.

Così deciso in Roma, il 22 aprile 2016.

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