Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22715 del 12/04/2016


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 22715 Anno 2016
Presidente: BIANCHI LUISA
Relatore: MENICHETTI CARLA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SORACE NICODEMO N. IL 18/09/1955
avverso la sentenza n. 683/2005 CORTE APPELLO di ANCONA, del
10/10/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 12/04/2016 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. CARLA MENICHETTI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. i•-LQUiìol_
che ha concluso per

±-ocitouocvu,

J'((gou(vvtryorb-1.6 -e/elr-c

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

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– -C7a0

Liht,

Data Udienza: 12/04/2016

RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di Appello di Ancona con sentenza in data 10.10.2013 confermava la
sentenza di condanna di Sorace Nicodemo per il reato di cui agli artt.81 cpv. c.p. e 73,
commi 1 e 4, DPR n.309/90 per avere coltivato e detenuto, anche al fine di cessione a
terzi, diverse piante di marijuana – cinque delle quali ancora “in pianta” ed altre 18
recise, tutte rinvenute all’interno di una serra sita su un terreno di proprietà del
prevenuto – e detenuto all’interno della propria abitazione infiorescenze, foglie e semi

precedente, il tutto per un peso complessivo di kg.4,112 corrispondente a 3.762 dosi.
2. La Corte territoriale riteneva accertato sia lo svolgimento da parte del Sorace di
un’attività di coltivazione, resa evidente dalle circostanze oggettive rilevate dalla polizia
giudiziaria, sia l’ulteriore condotta di detenzione. Richiamava la giurisprudenza di questa
Corte regolatrice secondo la quale ogni condotta di coltivazione, anche quando sia
realizzata per la destinazione del prodotto ad uso personale, costituisce illecito penale ed
escludeva infine la possibilità di riconoscere un fatto lieve in considerazione della
rilevante quantità dello stupefacente oggetto di coltivazione e detenzione, sicuro sintomo
di una notevole potenzialità offensiva del fatto e di diffusività della condotta di spaccio.
3. Ha proposto ricorso il difensore dell’imputato per violazione di legge, erronea
valutazione ed applicazione della legge penale con riferimento alla fattispecie di cui agli
artt.73-75 DPR n.309/90 ed alla determinazione del trattamento sanzionatorio, anche
alla luce della sentenza della Corte Costituzionale n.32 del 2014. Lamenta che i giudici di
merito avevano erroneamente escluso la irrilevanza penale della condotta, sull’assunto
che l’attività di coltivazione di sostanze stupefacenti non rientrasse nella previsione di cui
all’art.75 del citato DPR, seppure destinata ad uso esclusivamente personale, come pure
avevano escluso la possibilità di applicazione dell’art.73, quinto comma; quanto alla
detenzione, difettando gli indici sintomatici richiesti di un’attività di spaccio, si trattava di
condotta perseguibile solo in via amministrativa o comunque, qualora si valorizzasse il
mero dato ponderale, di un fatto di lieve entità. L’intervento della Corte Costituzionale in
merito al trattamento sanzionatorio ed il “ripristino” della pregressa disciplina, trattandosi
nel caso di specie di sostanza stupefacente di tipo marijuana, imponeva poi un diverso
calcolo della pena.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso non merita accoglimento.
2. Con riferimento alla condotta di coltivazione, i giudici di merito si sono
uniformati al principio di diritto più volte enunciato da questa Corte secondo cui è
penalmente rilevante qualsiasi attività non autorizzata di coltivazione di piante dalle quali
sono estraibili sostanze stupefacenti, anche quando sia realizzata per la destinazione del
prodotto ad uso personale; la punibilità infatti va esclusa solo allorché il giudice ne

essiccati di piante verosimilmente pertinenti alla coltivazione effettuata l’anno

accerti la inoffensività “in concreto”, nel senso che la condotta deve essere così
trascurabile da rendere sostanzialmente irrilevante l’aumento di disponibilità della droga
e non prospettabile alcun pericolo di ulteriore diffusione di essa (così, Sez.Un.,
10.7.2008, n.28605; Sez.4, 29.1.2016, n.3787; Sez.6, 9.2.2016, n.5254).
Nel caso di specie, del tutto correttamente la Corte di Ancona ha considerato
indubbia l’offensività della condotta in concreto accertata, avuto riguardo al principio
attivo dello stupefacente sequestrato (pari ad una percentuale variabile dal 4.1 al 6.2) e

3. Quanto alla condotta di detenzione, più volte questa Corte Suprema ha ribadito
che in materia di stupefacenti, il considerevole numero di dosi ricavabili ben può essere
ritenuto un indice della destinazione della droga ad un uso non esclusivamente personale
(così Sez.3, 9.11.2012, n.43496; Sez.6, 28.2.2013, n.9723), anche in difetto di quegli
ulteriori elementi sintomatici della finalità di spaccio cui fa riferimento il ricorrente, e
dunque, anche sotto questo profilo, l’argomentazione svolta dai giudici di merito per
escludere la possibilità di ravvisare un mero illecito amministrativo è corretta.
Infondata è altresì la censura rivolta all’impugnata sentenza nella parte in cui non
ha riconosciuto il fatto di lieve entità di cui all’art.73, comma 5, DPR n.309/90. Sul punto
infatti la Corte di Ancona si è attenuta al principio consolidato nella giurisprudenza di
questa Corte Suprema secondo cui la circostanza del fatto di lieve entità (oggi autonoma
fattispecie incriminatrice) può essere riconosciuta solo in ipotesi di minima offensività
penale della condotta, deducibile sia dal dato quantitativo che qualitativo, sia dagli altri
parametri richiamati dallo stesso art.73 (mezzi, modalità, circostanze dell’azione), con la
conseguenza che va esclusa, ove venga meno anche uno soltanto degli indici previsti
dalla legge (Sez.3, 27.7.2015, n.32695).
Nella specie, le considerazioni svolte in ordine alla notevole potenzialità offensiva
del fatto, desunta dalla rilevante quantità di droga coltivata in serra e detenuta in casa,
appaiono congrue ed immuni dal denunciato vizio motivazionale.
4. Con un ultimo motivo il ricorrente chiede infine una riduzione della pena alla
luce della sentenza della Corte Costituzionale n.32 del 2014, intervenuta dopo la
pronuncia di appello, che ha ripristinato la pregressa disciplina normativa in materia di
sostanze stupefacenti con particolare riferimento al trattamento sanzionatorio previsto in
caso di droghe “leggere”.
Anche tale ragione di ricorso è infondata.
La declaratoria di incostituzionalità degli artt. 4 bis e 4 vicies ter del
D.L.30.12.2005, n.272, convertito con modificazioni dalla L.21.2.2006, n.49, ha
determinato l’applicazione della disciplina più favorevole con riferimento al trattamento
sanzionatorio per i delitti previsti dall’art.73 in relazione alle c.d. “droghe leggere”,
ripristinando la precedente cornice edittale.

2

al numero di dosi complessivamente ricavabili, pari a 3.762.

Sul caso di specie tuttavia la richiamata sentenza n.32/2014 non spiega effetti
poiché la sentenza di primo grado è stata emessa dal GUP del Tribunale di Pesaro nel
gennaio 2005, prima cioè che intervenisse la modifica legislativa del dicembre 2005,
come del resto facilmente evincibile dal calcolo della pena che con la concessione delle
attenuanti generiche, l’aumento per la continuazione e la diminuente per il rito, è stata
irrogata nella misura di anni uno mesi quattro e giorni venti di reclusione ed C 3.000,00
di multa.

processuali.

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 12 aprile 2016

Il Consigl

nsore

5. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese

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