Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22715 del 05/12/2012


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 22715 Anno 2013
Presidente: ZAMPETTI UMBERTO
Relatore: CAIAZZO LUIGI PIETRO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
1) GENTILE FIORE N. IL 17/09/1984
avverso l’ordinanza n. 702/2012 TRIB. LIBERTA’ di BOLOGNA, del
15/06/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUIGI PIETRO
CAIAZZO;
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1~a/sentite le conclusioni del PG Dott. ik-k
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Uditi difensor Avv.; /,/.

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Data Udienza: 05/12/2012

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RILEVATO IN FATTO
Con ordinanza in data 15.6.2012 il Tribunale del riesame di Bologna
confermava l’ordinanza del GIP del Tribunale di Bologna in data 10.8.2011 con
la quale era stata rigettata la richiesta di revoca o sostituzione con misura
meno afflittiva della custodia in carcere applicata a GENTILE FIORE in ordine ai
delitti di cui agli artt. 648-ter e 56/629 c.p., 2 e 8 D.L.vo 74/2000, 223 e 216 L.
Fall., delitti tutti aggravati dall’art. 7 legge 203/1991 e per i quali era già
intervenuta condanna nel giudizio abbreviato alla pena complessiva di anni sei

Il

Tribunale,

con

specifica

motivazione,

aderiva

all’orientamento

giurisprudenziale che ritiene l’operatività della presunzione di cui all’art. 275/3
c.p.p. per tutta la durata della coercizione e non solo nel momento applicativo
della misura.
Osservava che la sentenza dell’autorità giudiziaria di Catanzaro, prodotta dalla
difesa, con la quale il padre dell’imputato era stato assolto dal delitto di cui
all’art. 12-quinquies legge 356/92, non rappresentava un elemento di novità
favorevole all’appellante, in quanto con la stessa sentenza il padre dell’imputato
era stato condannato alla pena di anni 10 di reclusione per il delitto di cui
all’art. 416-bis c.p..
A nulla rilevava, inoltre, l’intervenuto fallimento della società POINT ONE,
poiché l’attività delittuosa in cui era stato coinvolto l’imputato prevedeva
l’utilizzo di diverse società di comodo.
Riteneva, infine, che il decorso di due anni dalla data di applicazione della
misura non fosse di per sé idoneo a determinare la cessazione del pericolo di
recidiva, in quanto non provava la recisione dei legami con la criminalità
organizzata.

Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso per cassazione la difesa dell’imputato,
chiedendone l’annullamento per violazione dell’art. 275/3 c.p.p., come
rinnovellato a seguito degli interventi della Corte Costituzionale.
Il Tribunale aveva ritenuto sussistente una presunzione assoluta di adeguatezza
della custodia cautelare, non essendo venute a mancare in toto le esigenze
cautelari, in quanto era stata contestata l’aggravante prevista dall’art. 7 legge
203/1991.
Non aveva però tenuto conto dei plurimi interventi della Corte di cassazione,
anche a sezioni unite, nei quali si era affermato che la presunzione di cui all’art.
275/3 c.p.p. e il divieto di applicare una misura diversa dalla custodia in carcere
riguarda solo il provvedimento genetico e non le successive fasi nelle quali è
sempre necessaria la verifica della perdurante idoneità della misura applicata a
fronteggiare le esigenze che concretamente permangono o residuano.
1

di reclusione.

0..

Con un secondo motivo la difesa ha contestato gli argomenti con i quali
l’ordinanza impugnata aveva escluso la rilevanza dei fatti intervenuti
successivamente all’applicazione della misura cautelare.
Il reato di cui all’art. 12-quinquies legge 356/1992, dal quale era stato assolto il
padre dell’imputato, è uno degli elementi a carico indicati nell’ordinanza
cautelare emessa nei confronti di Gentile Fiore, quindi l’insussistenza del fatto
dichiarata dall’autorità giudiziaria di Catanzaro rilevava anche nei confronti del
predetto.

fatti addebitati e al periodo di carcerazione sofferto, nonostante la più recente
giurisprudenza abbia stabilito che la dimensione temporale della misura in
rapporto alla pena inflitta non è un parametro inconferente ai fini della
decisione sul mantenimento della misura.
Il Tribunale non aveva tenuto conto che l’imputato era incensurato e non era
stato mai coinvolto in procedimenti di criminalità organizzata.
Non aveva considerato neppure che era divenuta impossibile la reiterazione
della condotta criminosa, poiché la società POINT ONE era stata dichiarata
fallita il 15.10.2007.

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
Gentile Fiore è stato condannato in primo grado, a seguito di giudizio
abbreviato, per i gravi reati sopra indicati alla pena complessiva di anni sei di
reclusione.
Trascorsi due anni di custodia cautelare in carcere, il difensore ha chiesto la
sostituzione della misura cautelare in atto con quella degli arresti domiciliari,
ma la richiesta è stata respinta dal giudice che aveva pronunciato la suddetta
condanna nei confronti dell’imputato.
Il difensore ha proposto appello al Tribunale del riesame, che ha confermato
l’ordinanza del GIP con la quale era stata rigettata la richiesta di arresti
domiciliari.
Il Tribunale non si è limitato a far valere la presunzione di adeguatezza della
custodia cautelare prevista dall’art. 275/3 c.p.p. in caso di contestazione
dell’aggravante di cui all’art. 7 legge 203/1991, ma ha considerato specifici
elementi in base ai quali ha ritenuto che non potesse essere sostituita la misura
cautelare in atto con gli arresti domiciliari.
In particolare, ha considerato il ruolo del Gentile negli affari della cosca Arena
gestiti in provincia di Modena attraverso la società POINT ONE, utilizzata per
reinvestire il denaro di provenienza delittuosa.

Non era stato dato il giusto rilievo al tempo trascorso dalla commissione dei

Ha considerato, inoltre, che la pericolosità dimostrata dall’imputato non fosse
diminuita per l’intervenuto fallimento della suddetta società, in quanto il Gentile
avrebbe facilmente potuto reiterare condotte analoghe, anche mediante
prestanome, costituendo altre società di comodo.
Ha ritenuto, infine, che il decorso del tempo non fosse idoneo a determinare la
cessazione del pericolo di recidiva, poiché non erano stati prospettati concreti
indicatori di una seria e concreta volontà di allontanamento dalle logiche
delittuose in cui l’imputato risultava inserito.

sotto l’aspetto logico giuridico, ed essendo basata su elementi decisivi, in
ragione della pericolosità dell’imputato, che sconsigliano la concessione dei
richiesti arresti domiciliari non può essere censurata in sede di legittimità,
sebbene il ricorrente abbia offerto una lettura alternativa delle risultanze e della
personalità dell’imputato, lettura che però si basa su considerazioni di merito
che non possono essere verificate da questa Corte.
Pertanto, il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Dispone trasmettersi a cura della cancelleria copia del provvedimento al
cc

direttore dell’istituto penitenziario, ai sensi dell’art. 94/1-ter disp. att. c.p.p..
Così deciso in Roma in data 5 dicembre 2012

La riportata motivazione dell’ordinanza impugnata non presenta alcuna pecca

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