Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22714 del 05/12/2012


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 22714 Anno 2013
Presidente: ZAMPETTI UMBERTO
Relatore: CAIAZZO LUIGI PIETRO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
1) NAHI ALAIN FRANCK N. IL 05/02/1968
avverso l’ordinanza n. 3494/2012 TRIB. LIBERTA’ di NAPOLI, del
11/06/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUIGI PIETRO
CAIAZZO;
re 4001.
1e4/sentite le conclusioni del PG Dott.

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Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 05/12/2012

RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza in data 11.6.2012 il Tribunale del riesame di Napoli rigettava
l’appello proposto nell’interesse di NANI ALAIN FRANK avverso l’ordinanza della
Corte d’appello di Napoli del 26.4.2012 con la quale era stata rigettata la
richiesta di sostituzione della misura cautelare della detenzione in carcere con
quella degli arresti domiciliari.
Il predetto è stato condannato in primo e secondo grado per i delitti di cui agli
artt. 73 e 74 DPR 309/90 e la Corte d’appello di Napoli, con sentenza in data

Il Tribunale riteneva che, rispetto al quadro cautelare esistente all’epoca del
provvedimento genetico della misura cautelare (ordinanza del GIP del Tribunale
di Napoli in data 27.2.2009), l’unico elemento sopravvenuto fosse il mero
decorso del tempo, il quale, di per sé, non poteva

costituire un fattore di

affievolimento delle esigenze cautelari.
Non assumeva rilievo neppure il fatto che fosse stato considerato partecipe
dell’associazione, e non più organizzatore, in quanto tale aspetto era stato già
considerato dal giudice di primo grado.
Infine, non appariva idoneo il luogo (Firenze) in cui il detenuto aveva chiesto di
essere posto agli arresti domiciliari, in quanto le imputazioni per le quali
l’istante era stato condannato si riferiscono anche a fatti commessi nella
provincia di Firenze.

Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore,
chiedendone l’annullamento per mancanza di motivazione.
Il Tribunale non aveva tenuto nel debito conto gli elementi nuovi e
sopravvenuti, rispetto all’iniziale applicazione della misura cautelare, atti a
dimostrare l’affievolimento delle esigenze cautelari, nonostante gli stessi
fossero stati messi in evidenza nell’atto di appello.
In particolare, non aveva considerato l’esclusione dell’aggravante di cui all’art.
4 legge 146/2006 (attività criminale svolta dall’associazione in più di uno
stato); il comportamento processuale dell’imputato (aveva reso un’ampia
confessione); l’incensuratezza e l’assenza di processi penali pendenti a suo
carico; il breve periodo di partecipazione al sodalizio criminoso; la posizione
regolare in Italia e l’attività lavorativa svolta dal 2000 al 2004.
Il Tribunale del riesame aveva considerato solo il decorso del tempo, che era
solo uno degli elementi su cui era fondata l’istanza, senza peraltro tener conto
della consistente riduzione di pena operata nel giudizio di secondo grado.

1

11.4.2012, ha ridotto la pena da 9 anni ad anni 5 e mesi 8 di reclusione.

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
Il ricorrente si duole per il fatto che il Tribunale del riesame non avrebbe
considerato alcuni elementi intervenuti successivamente all’applicazione della
misura cautelare, quali l’esclusione dell’aggravante di cui all’art. 4 della legge
146/2006, il comportamento processuale, l’incensuratezza e la regolare attività
lavorativa svolta dal ricorrente in Italia dal 2000 a al 2004.
Quanto all’incensuratezza, all’assenza di processi penali pendenti a suo carico e

all’evidenza di elementi non nuovi che erano già stati considerati dal GIP
all’epoca in cui era stato adottato il provvedimento genetico della misura
cautelare.
Dalla motivazione dell’ordinanza del Tribunale si evince che il giudicante non ha
considerato soltanto il decorso del tempo, ritenendo che lo stesso non fosse
idoneo a modificare il quadro delle esigenze cautelari, ma ha specificatamente
considerato sia il fatto che era stato diversamente considerato il ruolo
dell’imputato nell’ambito dell’associazione per delinquere finalizzata al traffico di
sostanze stupefacenti, con conseguente riduzione di pena, sia il fatto che la
città, dove l’imputato aveva chiesto di essere posto agli arresti domiciliari, non
appariva rispondente alle esigenze cautelari, in quanto nella stessa era stata
svolta in parte l’attività delittuosa per la quale il ricorrente era stato
condannato.
Con quest’ultima osservazione, posta a base del rigetto dell’istanza di arresti
domiciliari, è stato indicato un elemento decisivo che giustifica il mancato
accoglimento dell’appello, e quindi il provvedimento del Tribunale del riesame
risulta adeguatamente motivato.
Pertanto, il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Dispone trasmettersi a cura della cancelleria copia del provvedimento al
direttore dell’istituto penitenziario, ai sensi dell’art. 94/1-ter disp. att. c.p.p..
Così deciso in Roma in data 5 dicembre 2012

allo svolgimento di una regolare attività lavorativa dal 2000 al 2004, si tratta

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