Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22712 del 05/12/2012


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 22712 Anno 2013
Presidente: ZAMPETTI UMBERTO
Relatore: TARDIO ANGELA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BOSTI ETTORE, nato il 16/12/1979
avverso l’ordinanza n. 4257/2012 TRIBUNALE UBERTÀ di NAPOLI
del 25/06/2012;

sentita la relazione fatta dal Consigliere dott. Angela Tardio;
sentite le conclusioni del Procuratore Generale dott. Alfredo
Pompeo Viola, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso;
uditi per il ricorrente l’avv. Antonio Di Nocera, in sostituzione
dell’avv. Michele Cerabona, e l’avv. Mauro Dezio, che hanno chiesto
raccoglimento dei motivi.

Data Udienza: 05/12/2012

RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 25 giugno 2012 il Tribunale di Napoli, costituito ai sensi
dell’art. 310 cod. proc. pen., ha rigettato l’appello proposto nell’interesse di Bosti
Ettore avverso l’ordinanza del 21 maggio 2012, con la quale la terza sezione
della Corte d’assise d’appello di Napoli aveva rigettato l’Istanza difensiva volta
alla declaratoria di nullità del decreto di rinvio a giudizio del medesimo dinanzi
aprile 2009, e per i reati allo stesso collegati.
Il Tribunale, a ragione della decisione, rilevava che:
– con l’appello proposto era stato dedotto che il Bosti aveva partecipato in
videoconferenza all’udienza preliminare celebrata 11 marzo 2011 dinanzi al G.i.p.
del Tribunale di Napoli nel processo pendente a suo carico per l’indicato omicidio,
senza aver ricevuto, prima della chiusura del verbale di udienza (ore 10,45) e
della interruzione del collegamento in videoconferenza (ore 10,46), l’indicazione
della data del rinvio a giudizio e della sezione che lo avrebbe trattato, richieste
dal G.i.p. con fax solo alle ore 11,30 e comunicate dalla Corte d’assise alle ore
12,16 dello stesso giorno;
– tale circostanza, secondo l’appellante, aveva reso nullo il decreto di
citazione a giudizio, non notificatogli neppure in seguito, e la nullità, poiché
assoluta e insanabile, non poteva essere ritenuta sanata per la sua presenza alla
prima udienza di trattazione dinanzi alla Corte d’assise e per la mancata
eccezione;
– contrariamente a quanto assunto dall’appellante, era attestato nel decreto
di rinvio a giudizio, firmato dal Giudice e dal Cancelliere di udienza, che
l’indicazione del giudice del dibattimento e della data e dell’ora dell’udienza era
avvenuta prima della chiusura del verbale e della interruzione del collegamento
in videoconferenza con il medesimo;
– la natura fidefacente del verbale di udienza rendeva insuperabile tale
circostanza;
– la spedizione della richiesta della data da parte del G.i.p., dopo la
celebrazione della udienza, con l’attestazione del rinvio a giudizio era valsa solo
a regolarizzare una richiesta informale della data di trattazione dibattimentale
già fatta in precedenza, come logicamente rilevato dalla Corte d’assise.
2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione, per mezzo
dei suoi difensori di fiducia, Bosti Ettore, che ne chiede l’annullamento sulla base
di tre motivi.

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alla stessa Corte per l’omicidio di Fontanarosa Ciro, commesso in Napoli il 24

2.1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia inosservanza o erronea
applicazione della legge processuale penale, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett.

b) e c), cod. proc. pen., con riferimento alla violazione dell’art. 429, comma 4,
cod. proc. pen., in combinato disposto con gli artt 179, comma 1, e 185, commi
1 e 3, cod. proc. pen.
Il ricorrente, in particolare, rileva che la comunicazione della data di rinvio a
giudizio e dell’aula di udienza da parte del Presidente coordinatore della Corte
d’assise, a seguito di richiesta del G.i.p. delle ore 9,55 dell’i marzo 2011, è
10,46 era stato interrotto definitivamente il video collegamento con esso
ricorrente, non messo, pertanto, in condizioni di conoscere l’esito dell’udienza e
di sapere dove, quando e dinanzi a chi era stato rinviato a giudizio.
Secondo il ricorrente, il Tribunale, nell’affermare la valenza fidefacente del
verbale della udienza preliminare, che ha dato atto della sua presenza nel
momento della indicazione del giudice del dibattimento, della data e dell’ora dello
stesso, non ha considerato che dal verbale di partecipazione del procedimento a
distanza, pure di contenuto fidefacente, risultava la chiusura del collegamento
alle ore 10,46, ben prima della comunicazione delle ore 12,16, pervenuta al
G.i.p., confermativa della eccepita omessa sua partecipazione all’udienza
preliminare nel momento in cui si è comunicato l’esito dell’udienza stessa
Alla intervenuta violazione dell’art. 429, comma 4, cod. proc. pen. consegue
la nullità assoluta e insanabile, per omessa citazione dell’imputato, del decreto e
degli atti successivi con conseguente necessaria regressione del procedimento
nella fase in cui si è perfezionata la nullità dell’atto.
2.2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia inosservanza o erronea
applicazione della legge processuale penale, ovvero dell’art. 136 cod. proc. pen.,
ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., rilevando che il
Tribunale del riesame non ha in alcun modo considerato le implicazioni derivanti
dal contenuto di pari natura fidefacente del verbale della sua partecipazione al
procedimento penale a distanza.
2.3. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia manifesta contraddittorietà e
illogicità della motivazione, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc.
pen., perché l’ordinanza, pur tenendo conto di due momenti procedimentali, e
cioè della interruzione del collegamento in videoconferenza alle ore 10,46 e della
comunicazione alle ore 12,16 della indicazione del giudice del dibattimento,
dell’ora e della data della udienza, non ne ha tratto le debite conseguenze.
Né li Tribunale si è pronunciato sulla questione della natura della nullità,
assoluta secondo la difesa, e relativa secondo la Corte d’assise.

avvenuta alle ore 12,16, come da documentazione in atti, dopo che alle ore

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile, poiché la questione prospettata non è
suscettibile di sindacato in questa sede come non lo era dinanzi al Tribunale
adito ai sensi dell’art. 310 cod. proc. pen.
Tale rilievo è strettamente correlato alla natura del provvedimento
impugnato con appello de libertate e al contenuto e ai limiti della cognizione del

2. Si rileva in fatto che Bosti Ettore ha impugnato con appello cautelare
l’ordinanza della Corte d’assise di Napoli, che, quale giudice del dibattimento,
aveva rigettato la richiesta di declaratoria della nullità del decreto dell’i marzo
2011 del G.i.p. del Tribunale di Napoli che aveva disposto il giudizio nei suoi
confronti dinanzi alla stessa Corte.
2.1. Secondo il consolidato orientamento di questa Corte l’ordinanza,
emessa in sede di trattazione delle questioni preliminari ai sensi dell’art. 491
cod. proc. pen., nel cui ambito va dedotta ogni eventuale nullità incorsa nella
udienza preliminare o di cui può essere oggetto il decreto con il quale il G.i.p.
dispone il giudizio, non suscettibile di autonomo gravame (tra le altre, Sez. 1, n.
5388 del 18/10/1996, dep. 12/11/1996, Vitalone, Rv. 206083; Sez. 6, n. 1230
del 08/04/1999, dep. 13/05/1999, Chiriatti, Rv. 213477; Sez. 5, n. 30588 del
28/05/2008, dep. 22/07/2008, Leuzzi, Rv. 240429), e diretta a governare
l’andamento del processo senza chiudere alcuno stato né grado del
procedimento, senza contenere alcuna decisione sulla res iudicanda e senza
alcun pregiudizio per l’imputato, che può sempre riproporre la questione (Sez. 4,
n. 827 del 12/03/1996, dep. 23/04/1996, P.M. in proc. Garber, Rv. 204455), è
suscettibile di impugnazione congiuntamente alla sentenza, salvo che la legge
disponga altrimenti, in virtù del disposto dell’art. 586 cod. proc. pen. (Sez. 5, n.
1509 del 30/09/1992, dep. 16/10/1992, Bartolomucci, Rv. 192278 Sez. 5, n.
1557 del 14/12/1995, dep. 09/02/1996, Stazi, Rv. 203878).
2.2. È anche costante l’affermazione che i rimedi del riesame e dell’appello
dinanzi al tribunale del capoluogo di provincia (cosiddetto Tribunale della
libertà), previsti rispettivamente dagli artt. 309 e 310 cod. proc. pen., sono
esperibili, al fine di garantire una duplice pronuncia di merito sulla libertà
personale, contro tutti i provvedimenti cautelari comunque adottati da qualsiasi
giudice, sia nella fase delle indagini preliminari che in quelle successive (Sez. U,
n. 11 del 23/11/1990, dep. 02/01/1991, Santucci, Rv. 1861309), e anche contro
le ordinanze in materia di libertà personale contestuali alla sentenza o
materialmente in essa contenute in considerazione dell’autonomia concettuale

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giudice di appello nel relativo procedimento.

del procedimento incidentale de libertate da quello avente a oggetto la decisione
sul merito della impugnazione (Sez. 1, n. 5536 del 24/10/1996,
dep. 25/11/1996 Caiazza, Rv. 206042).
In coerenza con tale rilevo si è, tra l’altro, rilevato che, in tema di divieto di
un secondo giudizio, l’istanza di proscioglimento o di non luogo a procedere ex
art. 649 cpv. cod. proc. pen. può essere proposta in qualsiasi stato e grado del
procedimento al giudice cui è rivolto l’esercizio dell’azione penale che, ove la
ritenga fondata, pronuncia sentenza enunciandone la causa nel dispositivo e

essere diretta al giudice d’appello in materia cautelare, che ha competenza
funzionale ristretta, potendo interloquire sul fatto imputato nei limiti e per le
finalità di cui all’art. 273 cod. proc. pen. (Sez. 5, n. 1907 del 17/07/1995,
dep. 02/08/1995, Zafforo, Rv. 202630), e si è rimarcato che detto Tribunale ha
solo il potere di annullare, riformare o confermare l’ordinanza applicativa di
misura cautelare, in relazione ai parametri di valutazione stabiliti dagli artt. 273,
274 e 275 cod. proc. pen. (Sez. 1, n. 4378 del 07/10/1994, dep. 21/11/1994,
Buconi, Rv. 199653) per essere la sua competenza esclusiva, tra l’altro, legata
alla necessità di decisioni tempestive su ogni gravame concernente la libertà
personale (Sez. 5, n. 3375 del 29/05/1998, dep. 30/07/1998, P.M. in proc. Lasi
e altri, Rv. 211775).

3. Alla luce di detti principi, che il Collegio condivide e riafferma, l’ordinanza
della Corte d’assise di Napoli, che ha esaminato – rigettandola – l’istanza
difensiva relativa alla dedotta nullità del decreto di rinvio a giudizio, proseguendo
nel dibattimento, e che è impugnabile solo con la sentenza che definisce il
giudizio perché estranea al tema della libertà personale, non poteva essere
impugnata dinanzi al Tribunale della libertà mediante appello ai sensi dell’art.
310 cod. proc. pen.
Né il Tribunale poteva pronunciarsi sull’appello, assumendo poteri estranei ai
limiti della sua cognizione, riferiti ai provvedimenti riguardanti la libertà
personale, e derivanti dalla limitazione dell’appello, previsto dalla indicata norma
come proponibile dal pubblico ministero, dall’imputato e dal suo difensore contro
le ordinanze in materia di misure cautelari personali, e svolgendo valutazioni
riguardanti il merito del processo penale pendente, sul quale non poteva
intervenire, e pertanto prive di alcun valore processuale.
Il ricorrente, che in tale contesto ha insistito nelle dedotte censure riferite
alla eccepita nullità del decreto di rinvio a giudizio e nel dissenso di merito
rispetto alle risposte rese con l’ordinanza impugnata, senza in alcun modo porsi
la questione, di sicura e assorbente rilevanza, della natura non de libertate della

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revoca, conseguentemente, i provvedimenti cautelari in atto, mentre non può

richiesta e del provvedimento appellato, è incorso nel vizio della deduzione di
rilevi ed eccezioni conducenti alla manifesta inammissibilità del ricorso.
4. Alla dichiarazione dì inammissibilità del ricorso consegue la condanna del
• ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché – valutato il contenuto
del ricorso e in difetto dell’ipotesi di esclusione di colpa nella proposizione
dell’impugnazione – al versamento della somma, ritenuta congrua, di euro

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 5 dicembre 2012
Il Consigliere estensore

Il Presidente

1.000,00 alla Cassa delle ammende.

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