Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22711 del 05/12/2012


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 1 Num. 22711 Anno 2013
Presidente: ZAMPETTI UMBERTO
Relatore: TARDIO ANGELA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE della REPUBBLICA presso il TRIBUNALE di
CATANZARO
nei confronti di:
COLACINO ANTONIO, nato il 26/04/1980
avverso l’ordinanza n. 192/2012 TRIBUNALE LIBERTÀ di
CATANZARO del 03/05/2012;

sentita la relazione fatta dal Consigliere dott. Angela Tardio;
sentite le conclusioni del Procuratore Generale dott. Alfredo
Pompeo Viola, che ha chiesto annullarsi con rinvio l’ordinanza
impugnata.

Data Udienza: 05/12/2012

RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 3 maggio 2012 il Tribunale di Catanzaro, costituito ai
sensi dell’art. 310 cod. proc. pen., ha accolto l’appello proposto da Colacino
Antonio avverso l’ordinanza dell’i febbraio 2012 con la quale il G.i.p. dello stesso
Tribunale aveva rigettato l’istanza di revoca o sostituzione della misura cautelare
della custodia in carcere, allo stesso applicata in ordine al delitto di tentata
Impugnata ordinando la scarcerazione dell’appellante se non detenuto per altra
causa.
Il Tribunale, che riteneva cessate le esigenze cautelari per l’assenza di un
concreto e attuale pericolo di recidivanza, argomentava la decisione, rilevando
che:
– l’appellante era stato sottoposto alla misura custodiale perché sottoposto a
Indagini, in concorso con Villirillo Domenico, per un episodio estorsivo, aggravato
dal metodo mafioso, commesso in Scandale 1’8 luglio 2011, per avere, nella sua
qualità di amministratore della CO.GE.CO . s.r.I., con sede in Cutro, unitamente al
detto coindagato, chiesto al commissario straordinario della Banca di credito
cooperativo di Scandale, Gallicchio Angelo Pio, di fruire di anticipo su fatture,
avendo in sospeso due assegni per un importo di ottomila euro, privi di
provvista, e non disponendo di fondi;
– a fronte del rifiuto opposto, il Villirillo aveva minacciato di morte il
commissario straordinario, ove fosse stato elevato protesto degli assegni,
qualificandosi rappresentante della ‘ndrangheta, e, in seguito, aveva, da solo e
Insieme con tale Ciampà Antonio, reiterato dette minacce, anche affermando di
avere assunto informazioni sulla famiglia dello stesso commissario;
– il ruolo dell’appellante era stato marginale nella vicenda, tanto da aver
cercato di indurre il Villirillo a stare zitto, portando il dito alla bocca, come riferito
dalla persona offesa in sede di denuncia;
– la complessiva valutazione di tale dato, del carattere occasionale
dell’episodio, del tempo decorso dal fatto e in regime carcerario, dello stato di
incensuratezza dell’indagato e dell’assenza di carichi pendenti, consentiva di
rilevare una personalità non particolarmente proclive a delinquere;
– restava assorbita la richiesta di arresti domiciliari ai sensi dell’art. 275,
comma 4, cod. proc. pen.
2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore
della Repubblica della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, che ne
chiede l’annullamento sulla base di due motivi di censura alla cui illustrazione

2

estorsione, aggravata dal metodo mafioso, e per l’effetto ha revocato l’ordinanza

premette il richiamo alla vicenda processuale, in particolare evidenziando che
l’ordinanza di custodia cautelare in carcere del 3 ottobre 2011 è stata
confermata dal Tribunale del riesame di Catanzaro il 18 ottobre 2011 e da
questa Corte, che ha rigettato, con sentenza del 16 maggio 2012, il ricorso per
cassazione dell’indagato, e rappresentando che quest’ultimo ha chiesto al G.i.p.
la sostituzione della misura in corso con quella degli arresti domiciliari, ai sensi
dell’art. 275, comma 4, cod. proc. pen., per l’assistenza della figlia minore di due
anni per esigenze lavorative della madre, e ha proposto appello avverso il rigetto
2.1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia inosservanza ed erronea
applicazione della legge penale processuale, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett.

b), cod. proc. pen., sotto un duplice profilo:
il primo afferisce alla violazione degli artt. 299, 648 e 649 cod. proc. pen. e
del principio della “preclusione endoprocessuale”, volto a impedire, in assenza di
elementi di novità, la reiterazione di domande su questioni già dedotte e
trattate;
il secondo profilo riguarda l’oggetto del giudizio, perché il Tribunale del
riesame, chiamato a decidere in sede di appello su una specifica richiesta
cautelare proposta ai sensi dell’art. 275, comma 4, cod. proc. pen., ha escluso la
sussistenza delle esigenze cautelari, che aveva invece rimarcato nella propria
precedente ordinanza del 18 ottobre 2011.
2.2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia mancanza,
contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, ai sensi dell’art. 606,
comma 1, lett. e), cod. proc. pen., per avere il Tribunale escluso la sussistenza
di esigenze cautelari con una motivazione apparente, articolata in affermazioni
apodittiche, in contrasto con le risultanze investigative, con le conclusioni
dell’ordinanza del 18 ottobre 2011, che avevano ritenuto la sussistenza delle
medesime richiamando anche la presunzione di cui al terzo comma dell’art. 275
cod. proc. pen., e con il provvedimento adottato nei confronti del coindagato
Villirillo, con riguardo a una operazione della quale l’indagato era diretto
beneficiario con ruolo di concorrente non defilato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è basato su motivi infondati.
2. In materia di misure cautelari il legislatore ha predisposto un articolato
sistema giurisdizionale di controllo – attraverso il riesame del provvedimento
genetico della custodia cautelare e mediante l’appello per i provvedimenti

3

della richiesta in assenza dei presupposti di legge.

confermativi, modificativi o di revoca – che, con i necessari adattamenti, mutua i
principi regolatori dei vari gradi di giurisdizione.
Ne deriva che la mancata tempestiva attivazione di tutti i mezzi di
impugnazione previsti o l’esito negativo di questi determina una sorta di
“giudicato” allo stato degli atti,
2.1. La preclusione di natura endoprocessuale, suscettibile di formarsi a
seguito delle pronunzie emesse, all’esito del procedimento incidentale di
impugnazione, dalla Corte di Cessazione ovvero dal Tribunale in sede di riesame
portata più modesta rispetto a quella propria della res iudicata, sia perché è
operante soltanto allo stato degli atti sia perché non copre anche le questioni
deducibili, ma unicamente le questioni dedotte, implicitamente o esplicitamente,
nei pregressi procedimenti di impugnazione, intendendosi queste ultime come le
questioni che, quantunque non enunciate in modo specifico, integrano il
presupposto logico di quelle espressamente dedotte (tra le altre, Sez. 1, n. 1192
del 18/02/1997, dep. 23/05/1997, P.M. in proc. Rallo, Rv. 207652; Sez. 4, n.
26430 del 29/04/2003, dep. 19/06/2003, Mask, Rv. 226197; Sez. 4, n. 32929
del 04/06/2009, dep. 12/08/2009, Mariani, Rv. 244976).
2.2. L’efficacia preclusiva (limitata allo stato degli atti e alle questioni
dedotte) del cosiddetto giudicato cautelare può conseguire esclusivamente alle
decisioni, non impugnate, adottate dal Tribunale ai sensi degli artt. 309 e 310
cod. proc. pen. in sede di esame o di appello, ovvero alle pronunzie della Corte
di Cassazione rese nel procedimento incidentale de libertate (tra le altre, Sez.
2, n. 4713 del 26/11/1996, dep. 19/12/1996, Apicella, Rv. 206500; Sez. 3, n.
3986 del 21/11/1997, dep. 02/02/1998, Barbaro A., Rv. 209794; Sez. 1, n.
2093 del 11/03/1999, dep. 29/04/1999, P.M. in proc. Pipitone, Rv. 213302; Sez.
5, n. 13083 del 09/02/2011, dep. 29/03/2011, P.M. in proc. Docea, Rv.
2498459).
In questa ipotesi, le ordinanze in materia di misure cautelari – qualora non
siano state impugnate o siano esaurite le impugnazioni di merito o di legittimità
previste dalla legge – possono essere modificate o revocate solamente quando
siano dedotti elementi nuovi (perché mai valutati, anche se esistenti ab origine)
oppure quando siano sopraggiunti nuovi fatti che determinino il mutamento del
quadro indiziario, il venir meno delle esigenze cautelari ovvero la scadenza dei
termini di fase o complessivi, previsti dalla legge in relazione alla misura
cautelare di cui si tratta.
3. Nel caso in esame, il Tribunale di Catanzaro ha illustrato, con motivazione
esente da vizi logici e giuridici, le ragioni per le quali, con riferimento al pericolo
di reiterazione degli illeciti, potevano ritenersi cessate le esigenze cautelari,
4

o di appello avverso le ordinanze in tema di misure cautelari ha, peraltro, una

valorizzando al fine di ritenere superato il giudizio di particolare proclività a
delinquere dell’indagato, a suo tempo formulato, accanto al ruolo occasionale
rivestito nella vicenda dal medesimo, la mancanza di una sua biografia penale,
evidenziata dalla incensuratezza e dall’assenza di carichi pendenti, la data della
commissione del fatto e il periodo decorso dall’applicazione della misura
cautelare carceraria.
Tale valutazione, che non ha investito il quadro indiziario, ma il tema della
libertà personale introdotto con l’istanza introduttiva e con l’appello avverso il
assorbimento della richiesta di arresti domiciliari pure formulata ai sensi dell’art.
275, comma 4, cod. proc. pen., resiste alle censure del Procuratore ricorrente.
Le deduzioni svolte, che sono infondate nella parte in cui oppongono la
violazione del principio della preclusione endoprocessuale e dei limiti dell’appello
cautelare, senza correlarsi con le ragioni argomentate che hanno sorretto la
decisione in coerente applicazione dei principi che si assumono violati, sono
Inammissibilmente invasive del merito laddove contrappongono ai dati fatteli e ai
criteri logici, in cui si è espressa la ragionevole valutazione prognostica del
Tribunale nell’escludere il rischio cautelare, una diversa lettura dei dati
processuali e una diversa valutazione della loro rilevanza, entrambe non
consentite a questa Corte.
4. Consegue il rigetto del ricorso.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, il 5 dicembre 2012
Il Consigliere estensore

Il Presidente

rigetto della prima, e che ha fondato la revoca della misura in corso con

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA