Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22700 del 15/03/2016


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 22700 Anno 2016
Presidente: BIANCHI LUISA
Relatore: MENICHETTI CARLA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CANGIOTTI ENRICO N. IL 15/02/1977
avverso la sentenza n. 2006/2013 CORTE APPELLO di ANCONA, del
10/03/2015
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 15/03/2016 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. CARLA MENICHETTI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Ckuicr&e_
che ha concluso per

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Udito, per la parte civile, l’Avv
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Data Udienza: 15/03/2016

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza in data 10 marzo 2015 la Corte d’Appello di Ancona riduceva a
mesi 4 di arresto la pena detentiva inflitta a Cangiotti Enrico per il reato di guida in stato
di ebbrezza, con le aggravanti di aver provocato un incidente stradale e di aver
commesso il fatto in ora notturna; sostituiva la detta pena ex lege n.689/1981 con C
30.000,00 di ammenda e consentiva il pagamento in rate mensili dell’intera pena

2.

Propone ricorso l’imputato in proprio prospettando violazione di legge,

inosservanza di norme processuali stabilite a pena di inutilizzabilità e vizio di
motivazione. Deduce in particolare: il difetto del requisito della causazione di un incidente
stradale; il mancato bilanciamento delle concesse attenuanti generiche con l’aggravante
dell’art.186 comma 2 sexies CdS, giusta incostituzionalità dell’art.186 comma 2 septies
CdS per contrasto con gli artt.3 e 27 comma terzo Cost; la mancata concessione della
sospensione condizionale della pena, non subordinata ad alcuna prescrizione, ovvero
subordinata alla prestazione non retribuita in favore della collettività; infine, la
configurabilità di un fatto lieve rientrante nella nuova previsione dell’art.131 bis c.p.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è infondato e va respinto.
4. Sussiste, in primo luogo, l’aggravante di cui all’art.186 comma 2 bis CdS,
atteso che – come incontrovertibilmente emerso nel corso della istruttoria dibattimentale
il cui sviluppo è stato ripercorso dai giudici di merito – la Land Rover condotta dal
Cangìotti al momento dell’intervento dei verbalizzanti era finita fuori strada.
Più volte questa Corte si è pronunciata nel senso che in tema di guida in stato di
ebbrezza, per la configurabilità della circostanza aggravante di aver causato un incidente,
è sufficiente che si verifichi l’urto del veicolo contro un ostacolo ovvero la sua fuoriuscita
dalla sede stradale, senza che assumano rilevanza l’avvenuto coinvolgimento di terzi o di
altri veicoli, ovvero la constatazione di danni a persone o cose, poiché per incidente
stradale deve intendersi qualsiasi avvenimento inatteso che, interrompendo il normale
svolgimento della circolazione, costituisca turbativa al traffico potenzialmente idonea a
provocare pericolo alla collettività o a creare danni (così, ex multis, Sez.4, 2.7.2015,
n.36777; 6.11.2012, n.47276; 19.9.2012, n.42488).
Ricorre altresì l’aggravante dell’art.186 comma 2 sexies, in considerazione dell’ora
in cui è avvenuto il fatto.
Il trattamento sanzionatorio previsto nel caso di integrazione di detta seconda
aggravante – contestato dal ricorrente anche sotto il profilo della sua legittimità
costituzionale – con riferimento specifico ai limiti del giudizio di bilanciamento con le
1

pecuniaria di C 32.000,00.

circostanze attenuanti, rientra poi nella discrezionalità del legislatore che stabilisce
l’entità delle pene in base al grado del ritenuto disvalore sociale delle condotte
penalmente rilevanti. E’ nota la recentissima entrata in vigore della legge che introduce i
nuovi reati di omicidio stradale e di lesioni stradali, che aggrava le conseguenze
sanzionatorie per il conducente che guidando in stato di ebbrezza provochi danni alle
persone, a dimostrazione del fatto che spetta solo al potere legislativo, anche in risposta
alle aspettative della opinione pubblica, misurare la gravità degli illeciti e determinare le

della condotta, l’art.3, comma 55, della L.n.94/2009 ha introdotto il comma 2 septies che
non consente il giudizio di equivalenza o prevalenza delle circostanze attenuanti
concorrenti con l’aggravante di cui al precedente comma 2 sexies del medesimo art.186
CdS, prevedendo che le diminuzioni di pena si operino sulla quantità della stessa
risultante dall’aumento conseguente alla predetta aggravante.
La circostanza di aver provocato un sinistro stradale, proprio per la pericolosità
della condotta di guida cui si riferisce, preclude poi ai sensi del comma 9 bis la
sostituzione della pena detentiva e pecuniaria con il lavoro di pubblica utilità, come
correttamente ritenuto dalla Corte di Ancona.
5. Si duole ancora il ricorrente della mancata concessione della sospensione
condizionale della pena senza ulteriori prescrizioni: anche sul punto l’impugnata sentenza
ben motiva, rilevando che l’imputato aveva già usufruito una volta del beneficio e dunque
la seconda concessione doveva essere subordinata ad uno degli obblighi previsti
dall’art.165, secondo comma, c.p.
Lo stesso difensore peraltro, nei motivi di appello, aveva chiesto prima la
conversione rateizzata della pena, e quindi il beneficio della sospensione condizionale: la
conversione rateizzata è stata accolta e dunque, anche sotto questo profilo, nessuna
doglianza poteva essere avanzata con l’odierno ricorso, a parte il rilievo che la richiesta di
rateizzazione di una pena pecuniaria, anche se irrogata in sostituzione di quella
detentiva, avanzata in grado di appello, implica la rinuncia per fatto concludente al
beneficio della sospensione condizionale che, se concesso in primo grado, va revocato
(Sez.6, 24.4.2013, n.21219; Sez.3, 9.4.2015, n.41525).
6. Generico, infine, il motivo di impugnazione volto all’applicazione dell’art.131 bis
c.p., entrato in vigore dopo la sentenza della Corte d’Appello, non essendo stato
evidenziato alcun elemento della condotta dell’imputato da cui evincere la particolare
tenuità del fatto.
7. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali.

2

pene conseguenti. Nella specie, sempre nell’ambito della considerazione del disvalore

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 15 marzo 2016

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