Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22694 del 09/02/2016


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 22694 Anno 2016
Presidente: BIANCHI LUISA
Relatore: DOVERE SALVATORE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MUREDDU WILLIAM N. IL 15/08/1977
avverso la sentenza n. 1550/2010 CORTE APPELLO di BRESCIA, del
07/03/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 09/02/2016 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. SALVATORE DOVERE
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Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. .F.J
che ha concluso per k
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Udito, per la parte civile, l’Avv..6241),..
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Data Udienza: 09/02/2016

RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di Appello di Brescia ha
confermato la pronuncia emessa dal Tribunale di Cremona nei confronti di
Mareddu William, giudicato responsabile di omicidio colposo in danno di Romano
Francesco e di Ferro Marco, cagionato con violazione delle norme in materia di
circolazione stradale.
Secondo l’accertamento condotto nei gradi di merito, e per tali profili non
contestato dall’imputato, la mattina del 7 ottobre 2006, sulla strada provinciale

stradale tra l’autocarro “Man 390 FM’, targato “CX358WV”, condotto da Mureddu
William e il motociclo “Honda Transalp”, targato “CR071773”, condotto dal
Romano, con a bordo il Ferro.
L’autocarro, diretto verso San Daniele Po, veniva tamponato – all’altezza di
una laterale privata e sterrata, posta a sinistra rispetto alla sua direzione di
marcia – dal motociclo che si trovava in prossimità del centro strada. A seguito
del violento urto, il motociclo s’incendiava ed entrambi i motociclisti, militari in
servizio presso la caserma “Manfredin’ di Cremona, decedevano.
In particolare, sulla scorta dei rilievi planimetrici eseguiti dai carabinieri della
Stazione di Scandolara Ravara, nonché delle relazioni di consulenza tecnica
eseguite dall’ing. Ubaldo Mazzoncini (consulente del pubblico ministero) e
dall’ing. Achille Mori (consulente della parte offesa) e della dichiarazione del
teste Amenta Marco, la causa del sinistro é stata identificata nel comportamento
del Mureddu. Questi aveva intrapreso la manovra di svolta a sinistra, per
immettersi nella strada laterale, in modo repentino, senza previamente
assicurarsi che dalla zona posteriore non provenisse alcuno e senza accostarsi
preventivamente al centro della carreggiata per poi compiere con le dovute
cautele la deviazione a sinistra, così contravvenendo all’art. 154 Cod. str. Con la
manovra l’autocarro aveva sbarrato la strada al motociclo che procedendo ad
una velocità superiore al mezzo condotto dal Mureddu si trovava ormai a circa
venticinque metri di distanza, pari ad un tempo utile di reazione di un secondo e
mezzo, insufficiente all’arresto del mezzo e quindi ad evitare l’urto (così, in
particolare, la sentenza di primo grado, pg. 6).

2. Avverso tale decisione ricorre per cassazione l’imputato a mezzo del
difensore di fiducia, avv. Luigi Villa.
2.1. Con un primo motivo deduce violazione di legge e vizio motivazionale.
Ad avviso dell’esponente la motivazione che ascrive all’imputato di aver iniziato
la manovra di svolta a sinistra senza sincerarsi previamente del sopraggiungere
da tergo di altri mezzi, ed in particolare senza verificare che fosse in corso una

n. 33 che collega San Daniele Po a San Secondo, si verificava un incidente

manovra di sorpasso, fonda su due affermazioni errate e decisive. La prima é
che non sia rilevante stabilire se per effetto del cd. cono d’ombra il Mureddu
fosse nell’impossibilità di accorgersi della presenza del motociclo alle sue spalle;
la seconda é che poteva dedursi il mancato tempestivo azionamento
dell’indicatore di direzione per segnalare la svolta a sinistra dal fatto che non
sarebbe verosimile una distrazione del motociclista tanto macroscopica quanto
richiesto dalla durata del previo segnalamento.
Rileva il ricorrente che in realtà non é stato accertato quale posizione

avvicinamento al mezzo condotto dall’imputato; e non si é accertato quale
larghezza e profondità avesse il cono d’ombra. La seconda affermazione, poi,
opera un’inversione delle regole logiche, volendo desumere dalle ipotetiche
intenzioni di guida della vittima la ricostruzione della condotta dell’imputato.
Rimarca l’esponente che la Corte di Appello ha ritenuto che l’indicatore di
direzione fosse stato attivato, ascrivendo all’imputato di non averlo fatto con
adeguato anticipo; ritiene che non si comprende quale rilievo abbia dato la corte
a tale elemento. Tuttavia, si tratta di circostanza cruciale perché implicante
l’obbligo del motociclista di attendere l’esecuzione della manovra di svolta a
sinistra; e la Corte di Appello ha ritenuto il ritardo della segnalazione sulla base
di un sillogismo errato.
In sostanza, i giudici di merito non hanno risolto il dubbio in merito alla
avvistabilità del motociclo da parte del Mureddu.
Inoltre, continua l’esponente, essi hanno errato nel ritenere che il motociclo
fosse in fase di sorpasso perché il c.t. del p.m. affermò “non c’é dimostrazione
che fosse in sorpasso”; quindi l’intera ricostruzione della Corte di appello é
inficiata da tale errore.
Si aggiunge che la Corte di Appello non ha fornito ‘congrua spiegazione’
della condotta alternativa che avrebbe dovuto tenere il Mureddu, che teneva una
velocità contenuta nei limiti imposti e aveva iniziato una decelerazione già da
centosettanta metri. La Corte di Appello ha ampliato la portata dell’art. 157 Cod.
str. sino a rinvenire in esso la prescrizione di soprassedere alla svolta a sinistra
per il semplice sopraggiungere di un veicolo da tergo pur se questo non abbia
iniziato una manovra di sorpasso.
3.2. Con un secondo motivo lamenta la tardività dell’appello del Procuratore
generale della repubblica presso la Corte di Appello di Brescia, concernente
l’omessa inflizione della sanzione amministrativa accessoria della sospensione
della patente di guida.

CONSIDERATO IN DIRITTO
4. Il ricorso è fondato nel secondo motivo.

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occupasse il motociclista rispetto alla propria corsia durante la marcia di

4.1. Considerata la premessa dalla quale si diparte l’intera argomentazione
proposta dal ricorso, deve essere ribadito che compito di questa Corte non è
quello di ripetere l’esperienza conoscitiva del Giudice di merito, bensì quello di
verificare se il ricorrente sia riuscito a dimostrare, in questa sede di legittimità,
l’incompiutezza strutturale della motivazione della Corte di merito;
incompiutezza che derivi dalla presenza di argomenti viziati da evidenti errori di
applicazione delle regole della logica, o fondati su dati contrastanti con il senso
della realtà degli appartenenti alla collettività, o connotati da vistose e

presente fatti decisivi, di rilievo dirompente dell’equilibrio della decisione
impugnata, oppure dall’aver assunto dati inconciliabili con “atti del processo”,
specificamente indicati dal ricorrente e che siano dotati autonomamente di forza
esplicativa o dimostrativa tale che la loro rappresentazione disarticoli l’intero
ragionamento svolto, determinando al suo interno radicali incompatibilità cosi da
vanificare o da rendere manifestamente incongrua la motivazione (Cass. Sez. 2,
n. 13994 del 23/03/2006, P.M. in proc. Napoli, Rv. 233460; Cass. Sez. 1, n.
20370 del 20/04/2006, Simonetti ed altri, Rv. 233778; Cass. Sez. 2, n. 19584
del 05/05/2006, Capri ed altri, Rv. 233775; Cass. Sez. 6, n. 38698 del
26/09/2006, imp. Moschetti ed altri, Rv. 234989).
Va quindi puntualizzato che il rilievo del ricorrente incentrato sulla negazione
della circostanza dell’essere il motociclo impegnato nel sorpasso dell’autocarro
negli attimi immediatamente precedenti l’incidente non può trovare ascolto in
questa sede, concretizzandosi nella pretesa di veder affermata da questa Corte
una ricostruzione dell’accaduto difforme da quella fatta propria dai giudici di
merito. La Corte di Appello – e con essa già il Tribunale – ha ritenuto accertato
che il Romano si accingesse alla manovra di sorpasso, ovvero che egli si stesse
avvicinando all’autocarro per sorpassarlo (così, rispettivamente, a pg. 10 e 11),
traendo tale ricostruzione in modo coerente dalla posizione del motociclo al
momento dell’impatto con il veicolo che lo precedeva, individuata nei pressi della
linea di mezzeria, nella semicarreggiata di competenza.
Si tratta di un dato decisivo, perché conduce ad escludere la fondatezza
della censura mossa dal ricorrente alla sottovalutazione che la Corte di Appello
ha riservato al cono d’ombra, e quindi al tema della avvistabilità del centauro da
parte del Mareddu. Coglie il segno il ricorrente quando afferma, in opposizione
alla Corte di Appello, che si tratta di un dato di rilievo; infatti, é notoria
l’esistenza di una zona di totale invisibilità nella zona posteriore di un veicolo, nel
caso che questa sia osservabile solo grazie agli specchi retrovisori. Ed é
intrinsecamente illogica l’affermazione della Corte distrettuale per la quale
l’esistenza del cono d’ombra determinerebbe la rinuncia alla manovra di svolta,

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insormontabili incongruenze tra loro ovvero dal non aver il decidente tenuto

perché essa si traduce nel porre un divieto di svolta che non é congiunturale e
non é nelle norme che regolano tale tipo di manovra.
Sicché l’accertamento della reale esistenza e dimensione del cono d’ombra
non é in linea di massima irrilevante; lo é però nel caso che occupa, perché in
realtà la Corte di Appello ha chiaramente indicato che il Romano non si trovava
all’interno del cono d’ombra. Lo ha fatto quando ha evidenziato la rammentata
posizione della moto al momento dell’impatto, spostata sul lato sinistro della
semicarreggiata di pertinenza. A ciò deve aggiungersi la descrizione fatta del

posteriore di questo, con un andamento verso destra; a dimostrazione della
provenienza della moto dalla sinistra del camion. D’altro canto, se davvero la
moto fosse stata così prossima all’autocarro da essere in una zona non
visualizzabile dal conducente di questo, il centauro avrebbe operato una
manovra verso destra, dove la svolta dell’automezzo aveva lasciato libero lo
spazio di un metro.
Pertanto, ancorché non condivisibile l’argomento utilizzato dalla Corte di
Appello per dare conto della non decisività del tema difensivo incentrato sul cono
d’ombra, resta confermata la non influenza di esso nell’ambito del presente
giudizio.
Quanto alla trattazione del tema concernente l’uso degli indicatori di
direzione da parte del Mureddu, la Corte di Appello lo ha svolto non già per
dimostrare che questi non ne aveva fatto uso o lo aveva fatto tardivamente, ma
per verificare la persuasività dell’affermazione dell’imputato di averli attivati. E’ a
tale affermazione che la Corte di Appello ha replicato con argomenti tesi a
dimostrare l’impossibilità di prendere per vera quella dichiarazione, senza però
che tanto significhi la assunzione dell’ipotesi contraria. Detto altrimenti, la Corte
distrettuale reputa non raggiunta una certezza sul punto; tanto da concludere
che l’incidente si verificò perché il Mureddu effettuò una manovra di svolta
(accompagnata o meno dall’azionamento dell’indicatore di direzione) repentina e
senza prima assicurarsi di poterla effettuare senza creare pericolo o intralcio agli
altri utenti della strada.
Consegue a quanto sin qui osservato la infondatezza del primo motivo di
ricorso.
4.2. Come si evince dallo stesso atto di impugnazione del P.G. ricorrente, la
sentenza venne comunicata a tale ufficio il 26.3.2014; il ricorso risulta
depositato presso il Tribunale di Cremona 1’11.5.204, ovvero il quarantaseiesimo
giorno successivo alla predetta comunicazione. Pertanto tardivamente, posto che
avendo la Corte di Appello indicato un termine per il deposito della motivazione

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punto di impatto della moto sul camion: sull’estrema sinistra della parte

superiore a quindici giorni, il termine per la presentazione del ricorso era pari a
quarantacinque giorni.
Ne discende la nullità della statuizione adottata dalla Corte territoriale in
accoglimento del ricorso della parte pubblica, ovvero l’inflizione della sanzione
amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida per otto mesi.
Tale statuizione va eliminata.

5. In conclusione, la sentenza impugnata va annullata senza rinvio

per mesi otto, con il rigetto del ricorso nel resto e la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese del presente giudizio in favore delle parti civili, che
liquida in euro 4.500,00 oltre accessori come per legge.

P.Q.M.
annulla la sentenza impugnata limitatamentérdTsposta sospensione della
patente di guida per mesi otto, statuizione che elimina.
Rigetta nel resto il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese
in favore delle costituite parti civili che liquida in euro 4.500,00 oltre accessori
come per legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 9/2/2016.

limitatamente alla statuizione concernente la sospensione della patente di guida

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