Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 2267 del 16/11/2012


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 2267 Anno 2013
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: AMORESANO SILVIO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
1) SABBANI ABDEL MOLTNIM N. IL 25/09/1980
avverso la sentenza n. 20704/2011 GIP TRIBUNALE di TORINO, del
03/04/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SILVIO AMORESANO;

Data Udienza: 16/11/2012

1. Con sentenza del 3.4.2012 il &IP del Tribunale di Torino applicava a Sabbani Abdel
Mounim, ritenuta la diminuente per la scelta del rito, la pena concordata ex art.444
c.p.p. di anni 2 di reclusione ed turo 2.200,00 di multa per i reati di cui all’art.73 bPR
309/90 ascritti, riconosciuta l’ipotesi di cui al comma V.
Propone ricorso per cassazione Sabbani Abdel Mounim, denunciando la mancanza di
motivazione della sentenza impugnata.
2. Il ricorso è manifestamente infondato.
2.1. L’applicazione della pena su richiesta delle parti è un meccanismo processuale in
virtù del quale l’imputato ed il pubblico ministero si accordano sulla qualificazione
giuridica della condotta contestata, sulla concorrenza di circostanze, sulla
comparazione delle stesse, sull’entità della pena, su eventuali benefici. Da parte sua il
giudice ha il potere-dovere di controllare l’esattezza dei menzionati aspetti giuridici e
la congruité della pena richiesta e di applicarla dopo aver accertato che non emerga in
modo evidente una della cause di non punibilità previste dall’art.129 c.p.p.
2.2. Quanto alla motivazione in ordine alla mancata applicazione dell’art.129 c.p.p.
questa Corte ha costantemente affermato che occorre una specifica indicazione
“soltanto nel caso in cui dagli atti o dalle deduzioni delle parti emergano concreti
elementi circa la possibile applicazione di cause di non punibilità, dovendo invece
ritenersi sufficiente in caso contrario, una motivazione consistente nella enunciazione
anche implicita che è stata compiuta la verifica richiesta dalla legge e che non
ricorrono le condizioni per la pronuncia di proscioglimento ex art.129 c.p.p.” (ex multis
sez.un.27.3.1992- Di Benedetto; sez.un.27.9.1995 n.18-Serafino).
Il &IP ha effettuato la necessaria verifica, evidenziando che non ricorrevano le
condizioni per la pronuncia di una sentenza di proscioglimento ex art.129 c.p.p., tenuto
conto di tutti gli atti processuali legittimamente acquisiti.
In ordine alla lamentata omessa motivazione sulla congruità della pena, secondo la
giurisprudenza di questa Corte “In mancanza di elementi macroscopicamente
rivelatori di incongruità, per eccesso o per difetto, il giudizio in ordine alla ritenuta
congruità della pena patteggiata nei limiti di cui all’art.27 comma terzo Costituzione
può dirsi adeguatamente motivato, quando il giudice si limiti ad esplicitare la propria
valutazione in tal senso, allorchè risulti dal contesto dell’intera decisione che, nella
valutazione complessiva, egli ha tenuto presenti quegli elementi che possono assumere
rilevanza determinante, come le circostanze dei reato e la condizione personale
dell’imputato” (cfr.Cass.sez.6, ord. n.549 dell’11.2.1994).
Infine, In tema di patteggiamento , la possibilità di ricorrere per cassazione
deducendo l’erronea qualificazione del fatto contenuta in sentenza deve essere
limitata ai casi di errore manifesto, ossia ai casi in cui sussiste l’eventualità che
l’accordo sulla pena si trasformi in accordo sui reati, mentre deve essere esclusa

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OSSERVA

tutte le volte in cui la diversa qualificazione presenti margini di opinabilità “(ex
plurimis Cass.pen. sez.4 n.10692 dell’11.3.2010; sez.6 n.45688 del 20.11.2008; sez.3
n.44278 del 23.10.2007).
Il GIP ha ratificato l’accordo tra le parti, ritenendo corretta la qualificazione
giuridica e congrua (avuto riguardo alla personalità dell’imputato ed a tutti i criteri di
cui all’art.133 c,p.) la pena concordata
2.3. Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile, con condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad
escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento
della somma che pare congruo determinare in euro 1.500,00 ai sensi dell’art.616 c.p.p.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali, nonché al versamento alla cassa delle ammende della somma di curo
1.500,00.
Così deciso in Roma il 16 novembre 2012
Il Consiglier est.
nte

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