Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22633 del 19/02/2016


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 22633 Anno 2016
Presidente: AMORESANO SILVIO
Relatore: ACETO ALDO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
OSTUNI ANDREA N. IL 10/10/1987
avverso la sentenza n. 538/2015 CORTE APPELLO di LECCE, del
15/07/2015
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALDO ACETO;

Data Udienza: 19/02/2016

RGN 42630/2015

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

1.11 sig. Andrea Ostuni ricorre per l’annullamento della sentenza del
15/07/2015 della Corte di appello di Lecce che, in parziale riforma di quella del
01/07/2014 del Tribunale di Brindisi, applicato il quinto comma dell’art. 73,
d.P.R. n. 309 del 1990, ha rideterminato la pena, diminuita per il rito, di due
anni, nove mesi, dieci giorni di reclusione e 7.333,00 euro di multa, conferman-

detenzione, a fine di cessione a terzi, di gr. 70,00 circa di sostanza stupefacente
del tipo hashish e di gr. 35,00 circa di marijuana; fatto commesso in Brindisi il
28/08/2013, con recidiva di cui all’art. 99, comma 4, ultima parte, cod. pen.
1.1.Con unico motivo eccepisce, ai sensi dell’art. 606, lett. b) ed e), cod.
proc. pen., la violazione degli artt. 125, 546, lett. e), cod. proc. pen., e 99,
comma 4, e 69 e 133, cod. pen., in conseguenza della mancata specificazione
delle ragioni del rigetto della richiesta di concessione delle circostanze attenuanti
generiche quantomeno con giudizio di equivalenza sulla contestata recidiva.

2.11 ricorso è inammissibile perché manifestamente infondato.

3.Diversannente da quanto sostenuto dal ricorrente, la Corte di appello ha
affermato con chiarezza di non poter attenuare il trattamento sanzionatorio a
causa dei suoi numerosissimi e gravi precedenti penali per reati contro la persona e contro il patrimonio, commessi anche con violenza e minaccia, indicativi di
una elevata pericolosità sociale.
3.1.51 tratta di valutazione che, privilegiando ai fini sanzionatori la capacità
a delinquere dell’imputato, non è sindacabile da questa Suprema Corte.
3.2.La concessione o il diniego delle attenuanti generiche rientra nel potere
discrezionale del giudice di merito, il cui esercizio, positivo o negativo che sia,
deve essere bensì motivato ma nei soli limiti atti a far emergere in misura sufficiente il pensiero dello stesso giudice circa l’adeguamento della pena concreta
alla gravità effettiva del reato ed alla personalità del reo, non essendo necessaria
l’analitica valutazione di tutti gli elementi, favorevoli o sfavorevoli, dedotti dalle
parti poiché è sufficiente, in una visione globale di ogni particolarità del caso,
dare l’indicazione di quelli ritenuti rilevanti e decisivi ai fini della concessione o
del diniego, rimanendo implicitamente disattesi e superati tutti gli altri, pur in
carenza di stretta contestazione (così, in motivazione, Sez. 3, n. 19639 del
27/01/2012, Gallo; si veda anche Sez. 5, n. 7562 del 17/01/2013, La Selva).

do, nel resto, l’affermazione della sua responsabilità per il reato continuato di

3.3.Non è perciò consentito, nell’ambito del giudizio di legittimità, opporre
argomenti diversi finalizzati a sollecitate un’inammissibile rivalutazione da parte
di questa Corte delle ragioni difensive del dissenso rispetto alla decisione presa.
3.4. Del resto, «in tema di attenuanti generiche, posto che la ragion d’essere della relativa previsione normativa è quella di consentire al giudice un adeguamento, in senso più favorevole all’imputato, della sanzione prevista dalla legge, in considerazione di peculiari e non codificabili connotazioni tanto del fatto
quanto del soggetto che di esso si è reso responsabile, ne deriva che la merite-

sunta, sì da dar luogo all’obbligo, per il giudice, ove questi ritenga invece di
escluderla, di giustificarne sotto ogni possibile profilo, l’affermata insussistenza.
Al contrario, è la suindicata meritevolezza che necessita essa stessa, quando se
ne affermi l’esistenza, di apposita motivazione dalla quale emergano, in positivo,
gli elementi che sono stati ritenuti atti a giustificare la mitigazione del trattamento sanzionatorio» (Sez. 1, n. 11361 del 19/10/1992, Gennuso, Rv. 192381;
nonché Sez. 5, 7562 del 17/01/2013, La Selva, Rv. 254716).

4.Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso (che impedisce di rilevare la
prescrizione maturata successivamente alla sentenza impugnata) consegue, ex
art. 616 cod. proc. pen., non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa
del ricorrente (C. Cost. sent. 7-13 giugno 2000, n. 186), l’onere delle spese del
procedimento nonché del versamento di una somma in favore della Cassa delle
ammende, che si fissa equitativamente, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di € 1000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di € 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 19/02/2016

volezza di detto adeguamento non può mai essere data per scontata o per pre-

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