Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22617 del 19/02/2016


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Penale Sent. Sez. 7 Num. 22617 Anno 2016
Presidente: AMORESANO SILVIO
Relatore: ACETO ALDO

019WANZA

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sul ricorso proposto da:
KANTEH ALAGIE N. IL 01/10/1994
avverso la sentenza n. 17183/2013 TRIBUNALE di ROMA, del
09/10/2013
datotvviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALDO ACETO;

Data Udienza: 19/02/2016

RGN 39604/2015

RITENUTO IN FATTO

1.Con sentenza del 09/10/2013 resa ai sensi degli artt. 444 e segg., cod.
proc. pen., il Tribunale di Roma, ritenuta l’ipotesi lieve di cui al quinto comma, ha
applicato, nei confronti del sig. Kanteh Alagie, la pena concordata di dieci mesi di
reclusione ed C 3.000,00 di multa per il reato continuato di cui agli artt. 81, cpv.,
cod. pen., 73, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, per aver ceduto a terzi gr. 0.65 di

stesso fine; fatto commesso in Roma il 08/10/2013.

2.Propone ricorso per cassazione l’imputato chiedendo l’annullamento della
sentenza per erronea applicazione della legge penale, lamentando l’assenza di
prova sicura in ordine alla reale efficacia drogante della sostanza sequestrata per
mancanza di dati certi circa la quantità di principio attivo.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3.11 ricorso è proposto per motivi generici, tuttavia la sentenza impugnata
deve essere annullata perché la pena è illegale.

4.Secondo un ormai consolidato principio, «facendo richiesta di applicazione della pena, l’imputato rinuncia ad avvalersi della facoltà di contestare l’accusa, o, in altri termini, non nega la sua responsabilità ed esonera l’accusa dall’onere della prova; la sentenza che accoglie la detta richiesta contiene, quindi, un
accertamento ed un’affermazione impliciti della responsabilità dell’imputato, e
pertanto l’accertamento della responsabilità non va espressamente motivato,
così come l’affermazione di responsabilità non va espressamente dichiarata»
(Sez. U, n. 5777 del 27/03/1992, Di Benedetto). Di conseguenza, «la motivazione della sentenza che applica la pena su richiesta delle parti a norma dell’art.
444 comma secondo cod. proc. pen. si esaurisce in una delibazione ad un tempo
positiva e negativa. Positiva a quanto all’accertamento: 1) della sussistenza dell’accordo delle parti sull’applicazione di una determinata pena; 2) della correttezza della qualificazione giuridica del fatto nonché della applicazione e della comparazione delle eventuali circostanze; 3) della congruità della pena patteggiata,
ai fini e nei limiti di cui all’art. 27, terzo comma, Cost.; 4) della concedibilità della
sospensione condizionale della pena, qualora l’efficacia della richiesta sia stata
subordinata alla concessione del beneficio. Negativa quanto alla esclusione della
sussistenza di cause di non punibilità o di non procedibilità o di estinzione del
reato. Le delibazioni positive debbono essere necessariamente sorrette dalla

sostanza stupefacente del tipo eroina e per averne detenuti altri gr. 8,61 allo

concisa esposizione dei relativi motivi di fatto e di diritto, mentre, per quanto riguarda il giudizio negativo sulla ricorrenza di alcuna delle ipotesi previste dall’art.
129 cod. proc. pen., l’obbligo di una specifica motivazione sussiste, per la natura
stessa della delibazione, soltanto nel caso in cui dagli atti o dalle dichiarazioni
delle parti risultino elementi concreti in ordine alla non ricorrenza delle suindicate
ipotesi. In caso contrario, è sufficiente la semplice enunciazione, anche implicita,
di aver effettuato, con esito negativo, la verifica richiesta dalla legge e cioè che
non ricorrono gli estremi per la pronuncia di sentenza di proscioglimento ex art.

4.1.Unico dovere indeclinabile del giudice resta perciò quello di «esaminare, prima della verifica dell’osservanza dei limiti di legittimità della proposta di
pena concordata, gli atti del procedimento al fine di riscontrare l’eventuale esistenza di una qualsiasi causa di non punibilità, la cui operatività, giustificando il
proscioglimento dell’imputato e creando un impedimento assoluto all’applicazione della sanzione, è necessariamente sottratta ai poteri dispositivi delle parti.
Tale operazione preliminare consiste in una ricognizione allo stato degli atti, che
può condurre a una pronuncia di proscioglimento ai sensi dell’art. 129 cod. proc.
pen. soltanto se le risultanze disponibili rendano palese l’obiettiva esistenza di
una causa di non punibilità, indipendentemente dalla valutazione compiuta dalle
parti e senza la necessità di alcun approfondimento probatorio e di ulteriori acquisizioni» (Sez. U, n. 3 del 25/11/1998, Messina).
4.2.Nel caso di specie, il ricorrente lamenta la mancanza di prova in ordine
alla quantità di principio attivo e alla reale efficacia drogante della sostanza sequestrata, benché contraddittoriamente ammetta che a seguito di perizia era
stata accertata la natura stupefacente della sostanza stessa e non consideri che
in un procedimento a prova contratta non si richiede lo stesso standard probatorio imposto in caso di giudizio abbreviato o dibattimentale.

5.La sentenza impugnata deve però essere annullata in conseguenza della
sopravvenuta modifica dell’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990 che, già trasformato dall’art. 2, comma 1, d.l. 23 dicembre 2013, n. 146, convertito con
modificazioni dalla legge 21 febbraio 2014, n. 10, in reato autonomo punito con
pena edittale minima di un anno di reclusione e 3.000,00 euro di multa e pena
edittale massima di cinque anni di reclusione e 26.000,00 euro di multa, è stato
ulteriormente modificato dall’art. 1, comma 24-ter, legge 16 maggio 2014, n. 79,
che ha ridefinito i limiti edittali della sanzione fissandoli nella odierna misura minima di sei mesi di reclusione e 1.032,00 euro di multa e in quella massima di
quattro anni di reclusione e 10.329,00 di multa.
5.1.11 Tribunale, avendo qualificato il fatto in termini di lieve entità ai sensi
dell’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990, ha comunque applicato una norma

2

129 cod. proc. pen..» (Sez. U, Di Benedetto, cit.).

che prevedeva un regime sanzionatorio più severo, a nulla rilevando che la condanna sia comunque contenuta nei nuovi limiti edittali.
5.2.Come autorevolmente insegnato da questa Corte, il diritto dell’imputato,
desumibile dall’art. 2, comma quarto, cod. pen., di essere giudicato in base al
trattamento più favorevole tra quelli succedutisi nel tempo, comporta per il giudice della cognizione il dovere di applicare la “lex mitior” anche nel caso in cui la
pena inflitta con la legge previgente rientri nella nuova cornice sopravvenuta, in
quanto la finalità rieducativa della pena ed il rispetto dei principi di uguaglianza e

mente individuata, sulla base dei parametri edittali modificati dal legislatore in
termini di minore gravità. In quesi casi la Corte di cassazione può, anche d’ufficio, ritenere applicabile il nuovo e più favorevole trattamento sanzionatorio per
l’imputato, anche in presenza di un ricorso inammissibile, disponendo, ai sensi
dell’art. 609 cod. proc. pen., l’annullamento sul punto della sentenza impugnata
pronunciata prima delle modifiche normative “in melius”. (Sez. U, n. 46653 del
26/06/2015, Della Fazia).
5.3.Ne consegue che la sentenza deve essere annullata senza rinvio, con
trasmissione degli atti al Tribunale di Roma.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone trasmettersi gli atti al
Tribunale di Roma.
Così deciso il 19/02/2016

di proporzionalità impongono di rivalutare la misura della sanzione, precedente-

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