Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22602 del 08/10/2015
Penale Ord. Sez. 7 Num. 22602 Anno 2016
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: DI TOMASSI MARIASTEFANIA
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
PARETE ALDO N. IL 15/01/1964
avverso la sentenza n. 1906/2014 CORTE APPELLO di BARI, del
15/07/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MARIASTEFANIA DI
TOMAS SI;
Data Udienza: 08/10/2015
Ruolo N. 172 – RGN 8911 /2015 –
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
1. PARETE Aldo propone ricorso avverso la sentenza indicata in epigrafe, con cui
la Corte di appello di Bari confermava la sentenza emessa in data 17/12/2013 dal
G.u.p. del Tribunale di Bari, che l’aveva condannato alla pena di 1 anno, 4 mesi di
reclusione e 1.400 euro di multa per la detenzione illegale di un’arma clandestina,
originariamente a salve e modificata in guisa da potere esplodere proiettili veri.
funzionamento dell’arma, deducendo che in mancanza di una perizia, nessuna prova vi
era della effettiva offensività dell’arma; che la verifica avrebbe dovuta essere
effettuata dal giudice d’ufficio; che non bastava a ritenere l’idoneità dell’arma il fatto
che nel caricatore fossero inseriti sei colpi, non risultando se fossero “veri”, o a salve.
2. Il ricorso è inammissibile.
Il provvedimento impugnato ineccepibilmente osserva che una pistola
originariamente a salve e artigianalmente trasformata in arma [secondo quanto
riferito, «con canna artigianale»] capace di esplodere proiettili è da considerare arma
clandestina; che la circostanza che avesse un caricatore e contenesse 6 colpi [«sei
proiettili cal. 9×17»] rappresentava un dato sintomatico del funzionamento dell’arma,
che altrettanto sintomatico era l’atteggiamento tenuto dal ricorrente, che aveva
tentato la fuga.
E tale motivazione è corretta in diritto ed è sorretta da adeguato esame degli
elementi acquisiti, considerato che si è proceduto con rito abbreviato, che l’imputato
non risulta avere mai contestato il funzionamento dell’arma nel giudizio di primo grado
né prima, ed anzi aveva ammesso che la pistola “sparava”; che nessuna formale
richiesta di perizia era stata d’altronde avanzata dalla difesa né in primo grado né con
i motivi di appello né in sede di discussione.
Le censure del ricorrente si risolvono dunque nella richiesta, improponibile in
questa sede di legittimità, di rivalutare il merito e interpretare diversamente gli
elementi di fatto e sono manifestamente infondate laddove lamentano il mancato
espletamento, di ufficio e nell’ambito di giudizio abbreviato, di una perizia o di
verifiche, mai richieste, che contrastassero quanto accertato in sede di sequestro dagli
agenti operanti, e sono perciò, in definitiva, anche generiche.
3. All’inammissibilità consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna
del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e – per i profili di colpa
correlati all’irritualità dell’impugnazione (C. cost. n. 186 del 2000) – di una somma in
favore della cassa delle ammende nella misura che, in ragione delle questioni dedotte,
si stima equo determinare in euro 1.000,00.
Denunzia violazione di legge e vizi di motivazione con riguardo all’affermato
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e al versamento della somma di euro 1.000,00 alla cassa delle ammende.
Così deciso il giorno 8 ottobre 2015
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