Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 226 del 30/09/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 226 Anno 2014
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: CAPRIOGLIO PIERA MARIA SEVERINA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
SEIDITA CARMELO GIANCARLO N. IL 19/04/1975
avverso l’ordinanza n. 878/2012 TRIB. SORVEGLIANZA di ROMA,
del 02/11/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERA MARIA
SEVERINA CAPRIOGLIO;

dl

Data Udienza: 30/09/2013

Considerato in fatto ed in diritto.

1. Con ordinanza emessa in data 2.11.2012 il Tribunale di Sorveglianza di
Roma respingeva il reclamo presentato da SEIDITA Giancarlo Carmelo, -detenuto a
seguito di condanna di secondo grado ad anni quindici di reclusione per i reati di
cui all’art. 416 bis cod.pen, nonché per estorsione aggravata ai sensi dell’art. 7 I.

sensi dell’art. 41 bis 0.P., disposto il 2.2.2012 dal Ministro della Giustizia, reclamo
intentato solo per fare valere condizioni di salute asseritamente sofferenti e gravi.
Ad avviso del Tribunale la proroga del regime differenziato era giustificata da
plurimi elementi, quali: a) lo spessore criminale ed il ruolo apicale da lui rivestito
nell’ambito

del mandamento di Cruillas-Noce, sfruttando il doppio volto di

imprenditore affermato e di associato mafioso; b) il fatto che egli sia stato il
rappresentante di Lo Piccolo Salvatore e di Lo Piccolo Sandro a cui consentì di
estendere la loro zona di influenza; c) l’esercizio di un ruolo a carattere
insostituibile. Quanto alle condizioni di salute, veniva rilevato che erano già state
fatte oggetto di valutazione e ritenute compatibili e che a partire da quel momento
non risultava che fossero intervenute variazioni, poiché si erano mantenute stabili
clinicamente.
Veniva ritenuta indispensabile la protrazione del regime differenziato per
impedire al reclamante di mantenere i rapporti con l’esterno, considerata l’attualità
dell’operatività dell’organizzazione e dunque l’alta probabilità di una ripresa dei
legami connessi con il ruolo apicale da lui svolto.

2. Avverso tale ordinanza, ha proposto ricorso per cassazione il prevenuto
pel tramite del difensore, per lamentare violazione di legge (art. 41 bis OP),
nonché illogicità ed assenza della motivazione . In particolare è stato dedotto che
sarebbe stato del tutto omesso di prendere in considerazione la grave patologia di
ordine psichiatrico che affligge l’istante oltre alla patologia cardiaca; che il giudizio
di pericolosità sarebbe stato espresso sulla base di dati risalenti, ovverosia al 2010,
quando era stato detto che se il Seidita fosse stato collocato in detenzione a regime
ordinario sarebbe tornato con ogni probabilità in breve tempo a recuperare capacità
criminale; che detta capacità non ebbe a recuperarla, ragion per cui il giudizio
espresso sarebbe del tutto disancorato dall’attualità. Non sarebbe corretto il fatto di
avere disatteso la richiesta di perizia medica finalizzata ad accertare la compatibilità
con il regime carcerario ancorchè fin dal 2008 dette condizioni erano state ritenute
non compatibili con lo stato detentivo integrando una evidente violazione dell’art.
32 Cost..

2

L_____

203/1991- avverso il decreto ministeriale di proroga del regime differenziato ai

Il ricorso è manifestamente infondato. L’art. 41 bis, comma 2 bis, della I.
n. 354 del 1975, stabilisce che i provvedimenti applicativi (e di proroga del regime)
sono adottabili al fine di assicurare una gestione penitenziaria che garantisca la
recisione dei legami con esponenti delle cosche mafiose, ovvero con altre
associazioni criminali organizzate operanti all’esterno e ove risulti la capacità del
detenuto o dell’internato di mantenere contatti con associazioni criminali,

L’ambito del sindacato devoluto alla Corte di Cassazione è segnato dal
comma 2 sexies del novellato art. 41 bis, a norma del quale il Procuratore generale
presso la Corte d’appello, l’internato o il difensore possono proporre, entro dieci
giorni della sua comunicazione, ricorso per cassazione avverso l’ordinanza del
Tribunale per violazione di legge.
La limitazione dei motivi di ricorso alla sola violazione di legge è da
intendere nel senso che il controllo affidato al giudice di legittimità è esteso, oltre
che all’inosservanza di disposizioni di legge sostanziale e processuale, alla
mancanza di motivazione, dovendo in tale vizio essere ricondotti tutti i casi nei
quali la motivazione stessa risulti del tutto priva dei requisiti minimi di coerenza,
completezza e di logicità, al punto da risultare meramente apparente o
assolutamente inidonea a rendere comprensibile il filo logico seguito dal giudice di
merito per ritenere giustificata la proroga, ovvero quando le linee argomentative
del provvedimento siano talmente scoordinate e carenti dei necessari passaggi
logici da far rimanere oscure le ragioni che hanno giustificato la decisione (Sez. Un.
28 maggio 2003, ric. Pellegrino, rv. 224611; Sez. I, 9 novembre 2004, ric.
Santapaola, rv. 230203). E’, invece, da escludere che la violazione di legge possa
ricomprendere il vizio di illogicità della motivazione, dedotto dal ricorrente che,
sotto questo profilo, non può trovare ingresso in questa sede. Alla luce di questi
principi il Collegio osserva che il ricorso, pur denunciando formalmente anche il
vizio di violazione di legge, non individua singoli aspetti del provvedimento
impugnato da sottoporre a censura, ma tende in realtà a provocare una non
consentita nuova valutazione del merito delle circostanze di fatto, in quanto tali
insindacabili in sede di legittimità. L’ordinanza impugnata, peraltro, ha
correttamente valutato gli elementi risultanti agli atti ed ha con motivazione
congrua, adeguata e priva di profili di erronea applicazione della legge penale e
processuale, ritenuto ricorrere i presupposti per fare luogo alla imposizione del
regime carcerario più rigoroso, per documentate ragioni di ordine cautelare.
Il giudizio sulla compatibilità delle condizioni cliniche con il regime
carcerario è stato adeguatamente affrontato e valutato anche alla luce dei

terroristiche o eversive.

chiarimenti ottenuti con le aggiornate relazioni sanitarie e non si espone alle
censure avanzate che attengono a valutazioni di merito.
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di
elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità, al versamento a favore della cassa delle ammende di una sanzione

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro mille in favore della cassa della ammende.
Così deciso in Roma addì 30 settembre 2013.

pecuniaria che pare congruo determinare in euro mille, ai sensi dell’ art. 616 c.p.p.

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