Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22563 del 17/09/2015


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Ord. Sez. 7 Num. 22563 Anno 2016
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: CAVALLO ALDO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
CAPIZZI FRANCESCO N. IL 26/03/1959
avverso l’ordinanza n. 4554/2014 TRIB. SORVEGLIANZA di ROMA,
del 10/10/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALDO CAVALLO;

Data Udienza: 17/09/2015

Ritenuto in fatto

1. Con ordinanza deliberata il 10 ottobre 2014 il Tribunale di Sorveglianza di
Roma rigettava il reclamo proposto da Capizzi Francesco avverso il decreto
ministeriale di proroga del regime differenziato di cui all’art. 41 bis Ord. Pen..
1.1 Capizzi Francesco, ritenuto soggetto stabilmente inserito, con ruolo
qualificato, nella associazione mafiosa “Cosa Nostra” e segnatamente nella
“famiglia” di Ribera, risulta detenuto in esecuzione di una condanna per
partecipazione ad associazione per delinquere di tipo mafioso ed a suo carico

prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno.
1.2 II Tribunale, ha evidenziato, in primo luogo, le principali risultanze
fattuali emerse a carico del Capizzi dai procedimenti a suo carico, dalle
propalazioni di vari collaboratori di giustizia (tra i quali Sardino Giuseppe e
Rizzuto Calogero), dalle informative della DDA di Palermo, della DNA, del
Ministero dell’Interno e del Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri e ne trae
le considerazioni in punto di “capacità” di mantenimento dei contatti con
l’organizzazione criminale di provenienza.
La prosecuzione del regime detentivo speciale risulta, – dato il livello di
inserimento pregresso nel gruppo criminoso, all’esterno ancora attivo – del tutto
giustificata, ad avviso del Tribunale, sulla base degli elementi di fatto posti a
base del provvedimento di proroga, la cui valenza non è posta in dubbio dai
contenuti delle critiche difensive, conformemente del resto al consolidato
indirizzo di questa Corte di legittimità, secondo cui «l’accoglimento del ricorso
avverso il provvedimento di proroga del regime detentivo differenziato di cui
all’art. 41 bis legge n. 354 del 1975 (ordinamento penitenziario) implica
l’individuazione di elementi specifici e concreti indicativi della sopravvenuta
carenza di pericolosità sociale, che non possono identificarsi con il mero
trascorrere del tempo dalla prima applicazione del regime differenziato, né
essere rappresentati da un apodittico e generico riferimento a non meglio
precisati risultati dell’attività di trattamento penitenziario» (Sez. 1, n. 14822 del
03/02/2009 – dep. 06/04/2009, P.G. in proc. Celebro’, Rv, 243736).

2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cessazione – a mezzo dei
suoi difensori – Capizzi Francesco, deducendo violazione di legge e vizio di
motivazione.
Gli elementi posti a carico del Capízzi, in punto di capacità di mantenimento

figurano precedenti penali per reati minori e l’applicazione della misura di

dei contatti con l’organizzazione di riferimento, sono datati e non attuali,
riferendosi all’unico procedimento promosso nei confronti del ricorrente e non
considerano che lo stesso è da tempo detenuto (sei anni).
2.1 Mancano quindi specifiche notazioni sulla concreta ed attuale possibilità
del Capizzi di eludere i controlli correlati al regime ordinario, frutto di mere
supposizioni ed illogiche valutazioni, specie relativamente alla valorizzazione del
preteso “profilo criminale” del ricorrente, desunto da conversazioni captate tra

Considerato in diritto

1. Il ricorso va dichiarato inammissibile per la manifesta infondatezza dei
motivi addotti. Come è noto, avverso il provvedimento emesso dal Tribunale di
Sorveglianza in sede di reclamo circa l’applicazione o la proroga del regime
differenziato di cui all’art. 41 bis ord. pen. è ammesso ricorso per cassazione in
rapporto alla sola violazione di legge (art. 41 bis co. 2 sexies Ord. Pen.).
Ciò determina la possibilità per questa Corte di rilevare solo l’assoluta
carenza di motivazione, intesa come mancanza grafica della stessa o come
redazione di un testo del tutto sfornito dei requisiti minimi dì logicità e aderenza
ai dati cognitivi acquisiti, tale da rendere incomprensibile il percorso giustificativo
della decisione. Nel caso in esame ciò non risulta affatto, posto che il Tribunale
ha diffusamente spiegato le ragioni – traendo le sue argomentazioni dal
contenuto del decreto di proroga, dalla sentenza definitiva di condanna e dalle
informative degli organismi investigativi – per cui si è ritenuto sussistente il
«pericolo» di mantenimento di contatti tra il detenuto ed il contesto criminale di
tipo associativo del quale lo stesso è risultato partecipe con ruolo apicale.
Tale pericolo è stato rapportato correttamente alla particolare rilevanza del
ruolo svolto storicamente dal Capizzi all’interno dell’organizzazione criminale (per
quanto risulta dai provvedimenti in esecuzione e dalle informative di polizia),
struttura che risulta all’esterno ancora operativa.
Da qui la legittimità delle valutazioni operate, anche in riferimento alla
natura preventiva (in punto di inibizione dei contatti) cui è ispirata la disciplina
normativa in applicazione.
A fronte di ciò le critiche esposte, pur formulate sotto il profilo della assenza
o mera apparenza del percorso motivazionale, in realtà ne contestano la
persuasività, in rapporto a circostanze di fatto non apprezzabili nella presente
sede di legittimità in quanto motivatamente ritenute non decisive (insussistenza

terzi alle quali non sarebbe mai stato partecipe il Capizzi.

di nuove imputazioni).

2. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di
elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità, al versamento a favore della cassa delle ammende di una
sanzione pecuniaria che pare congruo determinare in euro mille, ai sensi dell’
art. 616 cod. proc. pen..

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di mille euro alla cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 17 settembre 2015.

P.Q.M.

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA