Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22561 del 27/04/2016


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 22561 Anno 2016
Presidente: ROTUNDO VINCENZO
Relatore: LIGNOLA FERDINANDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CREMISI VITTORIO N. IL 03/12/1962
avverso l’ordinanza n. 500192/2015 TRIB. LIBERTA’ di TORINO, del
24/12/2015
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FERDINANDO
LIGNOLA;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 27/04/2016

Il Procuratore generale della Corte di cassazione, dr. Massimo Galli, ha
concluso per iscritto per l’inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 24 dicembre 2015, il Tribunale di Torino rigettava la
richiesta di riesame proposta nell’interesse di Cremisi Vittorio, avverso il decreto
di convalida del sequestro probatorio emesso dalla Procura presso il Tribunale di
Torino per i reati di cui agli artt. 474 e 517 cod. pen., avente ad oggetto 1512

Rivers” e riproducenti una “M” corrispondente, nel colore e nel disegno,
all’immagine della griffe Monster Energy. Come elementi di fatto l’ordinanza
evidenzia che la società New Trading srl, nei cui locali è avvenuto il sequestro,
non è risultata cliente della Monster; la merce è risultata di qualità scadente; la
Monster non produce articoli con il marchio Monster Energy; la realizzazione
degli articoli risulta di qualità e manifattura tale da indurre in inganno
l’acquirente medio circa la propria genuinità.
2. Contro l’ordinanza propone ricorso personalmente l’indagato, deducendo
la violazione o erronea applicazione degli artt. 253 e 255 cod. proc. pen., poiché
il provvedimento non indica le finalità perseguite in concreto dalla misura
cautelare reale; il ricorrente deduce altresì la violazione di legge, per la
mancanza di motivazione in ordine al fumus commissi delicti.
2.1 Con riferimento al primo profilo, si richiama la decisione delle Sezioni
Unite di questa Corte n. 5876 del 2004, secondo la quale anche per le cose che
costituiscono corpo di reato il decreto di sequestro a fini di prova deve essere
sorretto, a pena di nullità, da idonea motivazione in ordine al presupposto della
finalità perseguita, in concreto, per l’accertamento dei fatti; a sostegno di tale
interpretazione, si richiama il disposto del secondo comma dell’art. 354 cod.
proc. pen., il quale, pur non replicando i presupposti indicati dall’art. 253 comma
1, sembra, con l’inciso “se del caso”, facoltizzare, senza renderlo obbligatorio, il
sequestro probatorio d’urgenza ad opera della polizia giudiziaria sia del corpo di
reato che delle cose a questo pertinenti, postulando perciò la necessaria
motivazione circa la rilevanza funzionale dell’atto sul terreno dell’accertamento
dei fatti.
Si evidenzia inoltre la carenza di motivazione del provvedimento di convalida
del Pubblico Ministero, rappresentato da un semplice timbro recante la dicitura
“visto si convalida trattandosi di corpo di reato o di cosa pertinente il reato”,
senza esplicitare, neppure per estrema sintesi, le effettive e concrete esigenze
probatorie sottese al vincolo ovvero l’ipotesi di reato nello specifico individuata;
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capi di abbigliamento, ritenuti contraffatti, poiché recanti la scritta “Monster

timbro peraltro privo dell’indicazione dell’orario e dell’attestazione di avvenuto
deposito presso la segreteria del Pubblico Ministero.
2.2 In riferimento alla carenza di motivazione in ordine al fumus commissi
delicti, si ricorda che all’udienza di riesame del 24.12.2005 sono state depositate
una perizia di parte e copia di due documenti già in possesso del pubblico
ministero, dai quali si desume che il certificato di registrazione del marchio della
società statunitense riportava categorie merceologiche diverse quelle relative ai
capi sequestrati, mentre la società Confezioni Lucky, produttrice dei capi di
abbigliamento, ha presentato domanda di registrazione del marchio proprio in

cui deve escludersi sia il fumus del delitto di cui all’art. 474 cod. pen., sia il
fumus del delitto di cui all’art. 517 cod. pen..

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato.
1.1 Come più volte ribadito dalla giurisprudenza di questa Corte, anche a
Sezioni unite e del resto in linea con la lettera della legge, il ricorso per
cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o
probatorio è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi
comprendere sia gli errores in iudicando o in procedendo, sia quei vizi della
motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno
del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza,
completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile
l’itinerario logico seguito dal giudice (Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008, Ivanov,
Rv. 239692). Non sono invece censurabili l’adeguatezza o la coerenza logica
dell’iter giustificativo della decisione, che possono denunciarsi nel giudizio di
legittimità soltanto tramite lo specifico motivo di ricorso di cui alla lettera e)
dell’art. 606.
1.2 Nella specie non ricorre nè una ipotesi di violazione di legge nè di
carenza della motivazione.
2. Con riferimento al primo motivo, il ricorrente richiama i principi di diritto
espressi da una nota decisione delle Sezioni Unite di questa Corte (Sez. U, n.
5876 del 28/01/2004, P.C. Ferazzi in proc. Bevilacqua, Rv. 226711), secondo la
quale anche per le cose che costituiscono corpo di reato il decreto di sequestro a
fini di prova deve essere sorretto, a pena di nullità, da idonea motivazione in
ordine al presupposto della finalità perseguita, in concreto, per l’accertamento
dei fatti, con la precisazione che qualora il pubblico ministero non abbia indicato,
nel decreto di sequestro a fini di prova, le ragioni che, in funzione

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relazione alle categorie merceologiche 18 e 25 di pelletteria e abbigliamento, per

dell’accertamento dei fatti storici enunciati, siano idonee a giustificare in
concreto l’applicazione della misura e abbia persistito nell’inerzia pure nel
contraddittorio del procedimento di riesame, il giudice di quest’ultimo non è
legittimato a disegnare, di propria iniziativa, il perimetro delle specifiche finalità
del sequestro, così integrando il titolo cautelare mediante un’arbitraria opera di
supplenza delle scelte discrezionali che, pur doverose da parte dell’organo
dell’accusa, siano state da questo radicalmente e illegittimamente pretermesse
(Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004, P.C. Ferazzi in proc. Bevilacqua, Rv. 226712).
2.1 Va dato atto del contrasto successivo a detta pronuncia, sviluppatosi

principi affermati dalle Sezioni Unite (Sez. 3, n. 19615 del 11/03/2014, Gamba,
Rv. 259647; Sez. 5, n. 46788 del 15/03/2013, Scriva, Rv. 257537; Sez. 5, n.
13917 del 23/03/2015, Barzillona, Rv. 263272) e decisioni che invece hanno
ritenuto superflua la motivazione in ordine alla necessità di esso in funzione
dell’accertamento dei fatti, poiché l’esigenza probatoria del corpo del reato è in
re ipsa (Sez. 5, n. 3600 del 16/12/2014 – dep. 26/01/2015, Yu, Rv. 262673;
Sez. 5, n. 48376 del 19/09/2014, Bianchi, Rv. 261968; Sez. 2, n. 23212 del
09/04/2014, Kasse, Rv. 259579).
2.2 Il Collegio ha ritenuto di aderire al secondo indirizzo, che sembra
prevalere, soprattutto in riferimento ai reati contestati, per il quale il decreto di
sequestro probatorio delle cose che costituiscono corpo del reato deve essere
sorretto, a pena di nullità, da idonea motivazione in ordine alla sussistenza della
relazione di immediatezza tra la res sequestrata ed il reato oggetto di indagine,
non anche in ordine alla necessità di esso in funzione dell’accertamento dei fatti,
poiché l’esigenza probatoria del corpo del reato è in re ipsa (si veda ad es. Sez.
2, n. 23212 del 09/04/2014, Kasse, Rv. 259579, resa su fattispecie in materia di
contraffazione di marchi, nella quale la Corte ha, peraltro, ritenuto “pacifico” il
rapporto di immediatezza tra i beni sequestrati e i reati in contestazione attesa
l’inseparabilità dei marchi contraffatti dai prodotti; si vedano, tra le altre, anche
Sez. 5, n. 48376 del 19/09/2014, Bianchi, Rv. 261968; Sez. 5, n. 3600 del
16/12/2014 – dep. 26/01/2015, Yu, Rv. 262673; Sez. 6, n. 1683 del 27/11/2013
– dep. 15/01/2014, Osse, Rv. 258416).
2.3 Quanto alla mancanza dell’indicazione dell’orario e dell’attestazione di
avvenuto deposito presso la segreteria del Pubblico Ministero della convalida,
come osservato dal Procuratore Generale, quando il deposito del provvedimento
di convalida avvenga nel secondo giorno dalla ricezione del verbale di sequestro,
come nel caso di specie, deve presumersi che esso sia stato effettuato nelle ore
di ufficio mentre la mancata indicazione dell’ora costituisce una mera irregolarità,
che può dar luogo a responsabilità disciplinare del funzionario che riceve il
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anche all’interno di questa Sezione, tra le decisioni che hanno riaffermato i

provvedimento, ma che, di per sè, non determina una presunzione di
intempestività con conseguente inefficacia del sequestro (Sez. 4, n. 38006 del
19/09/2002, Trapè, Rv. 222779).
3. La doglianza riguardante la carenza di fumus commissi delicti è parimenti
infondata, poiché in sede di riesame del sequestro probatorio, il Tribunale è
chiamato a verificare l’astratta sussistenza del reato ipotizzato, valutando quindi
la congruità degli elementi rappresentati, che non possono essere censurati in
punto di fatto per apprezzarne la coincidenza con le reali risultanze processuali,

di sussumere l’ipotesi formulata in quella tipica (cfr., tra le altre, Sez. 3, n.
33873 del 07/04/2006, Moroni, Rv. 234782). La necessità di una siffatta verifica
è, del resto, postulata dallo specifico obbligo dello stesso giudice del riesame di
motivare in ordine alla sussistenza della concreta finalità probatoria (perseguita
in funzione dell’accertamento dei fatti), del decreto di sequestro di cose
qualificate come corpo di reato (Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004, P.C. Ferazzi in
proc. Bevilacqua, rv. 226713), essendo sin troppo evidente che la
rappresentazione argonnentativa delle finalità probatorie del sequestro di un
corpo di reato presupponga, di necessità, che sia ragionevolmente ipotizzabile il
reato al quale quel corpo si riferisce
3.1 Sul punto la motivazione del provvedimento non è carente, poiché
si afferma che dall’esame della documentazione acquisita alla data dell’accesso
del 18.11.2015 presso la New Trading srl la comparazione tra i due marchi e le
affermazione dei periti legittimavano sicuramente la valutazione di sussistenza
del fumus, in ordine quanto meno al reato di cui all’art. 517 cod. pen.; eventuali
elementi successivamente acquisiti, idonei a mettere in dubbio la sussistenza del
fumus, legittimano la possibilità di richiedere la restituzione dei beni al pubblico
ministero, ma non rilevano nel giudizio del Tribunale per il riesame, che è
chiamato solo a vagliare, se al momento dell’emissione del decreto sussistessero
i presupposti dell’apposizione del vincolo reale probatorio.
3.2 La disciplina del sequestro probatorio, a differenza di quella concernente
il sequestro preventivo, non contempla infatti la possibilità di una revoca della
misura adottata, neppure quando vengano meno le condizioni legittimanti del
vincolo. Ne consegue che il Tribunale del riesame, una volta riconosciuto che il
sequestro è stato adottato – come nella specie- a fronte di un indiscutibile
“fumus commissi delicti”, non può disporre la revoca della misura cautelare
neppure quando sussista una causa sopravvenuta di estinzione del reato, la
quale può soltanto essere posta a fondamento di una istanza di restituzione
diretta al pubblico ministero procedente (Sez. 6, n. 41627 del 07/10/2009,
Furgiuele, Rv. 245494; Sez. 3, n. 39714 del 18/09/2003, Hartl, Rv. 226345).

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ma che vanno valutati così come esposti, al fine di verificare se essi consentono

4. In conclusione il ricorso proposto dall’indagato va rigettato, con
conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso in Roma, il 27 aprile 2016
Il residente

Il consigliere estensore

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