Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22553 del 07/03/2016


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 22553 Anno 2016
Presidente: FUMO MAURIZIO
Relatore: SETTEMBRE ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MASI SANTO N. IL 04/04/1941 parte offesa nel procedimento
CESI ANNA MARIA N. IL 28/04/1959 parte offesa nel procedimento
MASI MARCO N. IL 30/04/1981 parte offesa nel procedimento
c/
IGNOTI
avverso il decreto n. 522/2014 GIP TRIBUNALE di BRINDISI, del
06/07/2015
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANTONIO
SETTEMBRE;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 07/03/2016

Lette le conclusioni del Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di
Cassazione, che la concluso per l’inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Brindisi ha, col decreto
impugnato, disposto, su conforme richiesta del Pubblico Ministero, l’archiviazione
del procedimento N. 21/2013 R.G.N.R., instaurato contro ignoti per i reati di cui

quelle proposte, non sarebbero idonee a individuare gli autori degli illeciti e
perché la stessa configurabilità dell’estorsione “risulta davvero difficile”. Infatti,
aggiunge, il numero di cellulare di Masi Marco era stato fornito all’operatore di
“Certa Credita” proprio dai genitori di quest’ultimo; le società di recupero crediti
possono utilizzare recapiti, anche telefonici, desumibili da elenchi e registri
pubblici; l’estorsione non è configurabile nella specie.

2. Contro il provvedimento suddetto hanno proposto ricorso per cassazione Masi
Santo, Cesi Anna Maria e Masi Marco per mancata assunzione di prove decisive e
per contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è inammissibile, perché proposto per motivi non consentiti dalla
legge.
Il provvedimento impugnato è stato emesso a seguito della opposizione dei
ricorrenti, all’esito della rituale instaurazione e celebrazione dell’udienza
partecipata in camera di consiglio. Ora, per legge (art. 409, comma 6, cod. proc.
pen., secondo cui l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari è ricorribile
per cassazione solo nei casi di nullità previsti dall’articolo 127 comma 5) e per
costante giurisprudenza di questa Corte, la violazione del contraddittorio è
l’unico vizio denunziabile con il ricorso avverso il provvedimento di archiviazione,
vuoi preso de plano vuoi, a maggior ragione emesso a seguito di camera di
consiglio (S.U., sent. 24 del 1995, e tra molte, Sez. 6, n. 436 del 05/12/2002,
Mione; Sez. 1, n. 8842 del 07/02/2006, Laurino; Sez. 6, n. 3896 del
26/10/1995, Ronchetti; Sez. 6, n. 3018 del 20/09/1991, Di Salvo). Osta a una
diversa lettura il principio di tassatività dei mezzi d’impugnazione e non v’è
ragione costituzionalmente imposta di un ampliamento della piattaforma dei vizi
denunziabili mediante ricorso. La natura, Interlocutoria e sommaria… finalizzata
a un controllo di legalità sull’esercizio dell’azione penale e non a un accertamento
sul merito dell’imputazione” (C. cost. ord. nn. 153 del 1999, 150 del 1998, 54
2

h

agli artt. 594-595-660-629 cod. pen.. Tanto perché le indagini espletate, e

del 2003; sent. n. 319 del 1993), del~iertane e la ratio, esclusivamente
servente il controllo di legalità e obbligatorietà dell’azione penale, che
tradizionalmente si riconosce assistere lo ius ad loquendum e gli strumenti di
tutela dell’offeso (“negli stretti limiti in cui ciò risponda” a tale funzione di
controllo: C. cost. ord. n. 95 del 1998), consentono d’affermare difatti che alla
pretesa sostanziale del denunziante/querelante offrono comunque adeguata
garanzia: da un lato la possibilità di sollecitare una riapertura delle indagini
anche sulla scorta di indagini difensive; dall’altro l’intatta facoltà esercitare i

sede (civile) propria.
Nella specie non vi è stata nessuna violazione del contraddittorio perché,
come già detto, le parti hanno avuto la possibilità di esporre le proprie ragioni
davanti al giudice, dopo rituale convocazione. Tanto comporta che il
provvedimento emesso dal Giudice per le indagini preliminari non è soggetto ad
alcuna forma di impugnazione, per cui il ricorso degli opponenti va dichiarato
inammissibile con le conseguenze di cui all’art. 616 cod. proc. pen., ivi compresa
la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una somma
a favore della Cassa delle ammende che, in ragione dei motivi dedotti, si stima
equo determinare in Euro 1.000 ciascuno.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro mille a favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso il 7/3/2016

propri diritti d’azione e difesa, ampiamente e senza preclusione alcuna, nella

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