Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22551 del 07/03/2016


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 22551 Anno 2016
Presidente: FUMO MAURIZIO
Relatore: SETTEMBRE ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
FRASCINO LUIGI parte offesa nel procedimento
c/
BARTALINI CECILIA N. IL 25/05/1967
BINI CLAUDIA N. IL 02/07/1969
avverso il decreto n. 989/2014 GIP TRIBUNALE di SIENA, del
02/02/2015
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANTONIO
SETTEMBRE;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 07/03/2016

Lette le conclusioni del Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di
Cassazione, che la concluso per l’inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Siena ha, col decreto
impugnato, su conforme richiesta del Pubblico Ministero, disposto de plano
l’archiviazione del procedimento N. 1373/2014 R.G.N.R. instaurato contro

di avere, quali legali del Foro di Siena, formato oltre 100.000 atti di citazione
senza provvedere alla loro sottoscrizione, delegata a collaboratori e segretarie;
inoltre, per avere proceduto alla notifica degli atti suddetti, ex lege 53/1994,
lasciando sottoscrivere le relate a mani ignote.
Il

Giudice

ha

dichiarato

inammissibile

l’opposizione

della

denunciante/denunciante (la Credit Network & Finance srl) – che aveva chiesto
l’escussione di Stefano Bartalini, cugino di Cecilia Bartalini; di Marcello D’Ascia e
Andrea Terenzio, avvocati dello studio legale che assiste il querelante; di tutti i
dipendenti dello studio legale Bartalini-Bini – in considerazione del fatto che
questa si era “limitata a ripercorrere la vicenda già descritta nell’atto di querela
ed a sollecitare il Pubblico Ministero ad operare una sua diversa valutazione in
diritto”; inoltre, perché aveva chiesto lo svolgimento di investigazioni “non
suppletive”, in quanto non rilevanti ai fini della decisione (le persone sottoposte
ad indagine avevano già reso dichiarazioni conformi al contenuto della denuncia
sia in ordine alle modalità di tenuta del registro cronologico sia in ordine
all’apposizione della sottoscrizione sulle relate di notifica e le relative buste, oltre
che in calce agli atti); inoltre, perché l’attività investigativa da espletare era
stata indicata in modo generico e si riferiva, in parte, alle “modalità di gestione
del contenzioso”, che era estraneo all’oggetto del reato.
Quanto alla fondatezza della notitia criminis, il Giudice per le indagini preliminari
ha ritenuto insussistenti i reati: per carenza dell’elemento soggettivo,
relativamente alla falsificazione dei registri cronologici; per inoffensività della
condotta, relativamente alla falsificazione delle firme apposte sulle relate di
notifica e sulle buste.

2. Ricorre per cassazione, sia in proprio che quale rappresentante della Credit
Network & Finence srl, Frascino Luigi, per violazione del contraddittorio, per
essere stata disposta de plano l’archiviazione del procedimento senza procedere
all’integrazione probatoria richiesta, sulla base di un giudizio di irrilevanza del
supplemento istruttorio, e senza consentire alla parte di esporre direttamente al

2

Bartalini Cecilia e Bini Claudia per falso materiale e ideologico, siccome accusate

giudice, in camera di consiglio, le proprie ragioni sulla fondatezza della notizia di
reato.

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, proposto sia da Frascino che dalla Credit Network & Finence srl,
è infondato.
1. Allorché sia presentata opposizione della parte privata alla richiesta di

all’archiviazione allorché l’opposizione sia inammissibile e sia infondata la notizia
di reato (art. 410, comma 2, cod. proc. pen.). Ai sensi del 10 comma dell’art.
410 cit., l’opposizione è inammissibile quando non indica “l’oggetto
dell’investigazione suppletiva e i relativi elementi di prova”. Condizioni per
l’archiviazione de plano sono, pertanto, l’inammissibilità dell’opposizione e
l’infondatezza della notizia di reato.
La giurisprudenza ha precisato che l’investigazione è suppletiva, e quindi
idonea a rendere ammissibile l’opposizione, quando si pone rìspetto ai risultati
conseguiti dalle investigazioni del pubblico ministero in rapporto di strumentalità
dialettica secondo i profili della pertinenza e della rilevanza, intendendosi per
pertinenza l’inerenza alla notizia di reato, e per rilevanza l’idoneità della
investigazione proposta a incidere sulle risultanze dell’attività compiuta dal
pubblico ministero (Conf. Sez. 6, c.c. 2 dicembre 1996, Ferretti). A ciò deve
aggiungersi che i “mezzi di prova”, che devono accompagnare la richiesta di
prosecuzione delle indagini, devono possedere i requisiti della concretezza e della
specificità: devono essere, cioè, sufficientemente determinati, tali da orientare il
Pubblico Ministero verso uno strumento di prova accessibile e specifico. E’ stato
conseguentemente ritenuto che il decreto di archiviazione è ricorribile per
Cassazione per violazione del principio del contraddittorio, ove il giudice non si
limiti all’esame della pertinenza e rilevanza delle investigazioni proposte, ma
effettui una valutazione prognostica circa la fondatezza delle indagini suppletive
richieste, giacché in questa evenienza è necessario procedere con il rito
camerale, nel contraddittorio delle parti (si vedano Sezioni Unite, 14 febbraio
1996, n. 2. Più recentemente, Cassazione penale, sez. IV, 19/04/2011, n.
24563).
2. Alla luce di tali principi non può sostenersi che il decreto di archiviazione
emesso – de plano – dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Siena
abbia esorbitato dai limiti anzidetti, in quanto l’opponente aveva indicato fonti di
prova inidonee ad incidere sulla decisione di competenza del giudicante, perché
relative a fatti già acquisiti agli atti e non controversi (si legge nel provvedimento
impugnato: “le due avvocatesse indagate hanno sostanzialmente riconosciuto sia

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archiviazione del Pubblico Ministero, il giudice può provvedere de plano

le modalità di tenuta del registro cronologico sia quelle di apposizione della loro
sottoscrizione sulle relate di notifica e sulle relative buste, oltre che in calce agli
atti”); e quindi mezzi di prova privi del carattere della rilevanza, tant’è che
nemmeno i ricorrenti hanno argomentato sulla incidenza che dovrebbe avere il
supplemento istruttorio richiesto, limitandosi ad affermare che “tale esame, ove
effettuato, avrebbe certamente consentito di accertare – tra l’altro – la
sistematicità delle condotte, il pieno, totale e consapevole dispregio delle
indagate per le prerogative pubblicistiche loro attribuite dalla L. 5311994, la

ciascuna, non oltre 10/15 minuti al giorno alla firma degli atti”. Vale a dire, fatti
già acquisiti al procedimento e valutati dal giudicante.
Escluso, quindi, che il G.I.P. sia andato oltre un giudizio di pura rilevanza
della prova (quella richiesta dall’opponente e ritenuta inidonea a mutare il
quadro già delineato), nessuna censura merita il provvedimento impugnato che
ha ritenuto, sulla base delle indagini svolte, infondata la notizia di reato. Al
riguardo, questa Corte ritiene, aderendo ad un preciso orientamento
giurisprudenziale (cfr. ex plurimis: Sez. 5^, Sentenza n. 110524/2007 Pres.
Pizzuti, rel. Rotella – rv. 236520; Cass. Pen., 12/3/2008, n. 13458), che in tema
di opposizione alla richiesta di archiviazione, qualora il G.i.p. abbia dichiarato “de
plano” l’inammissibilità dell’opposizione della persona offesa, motivandola, come
nella specie, sotto entrambi i profili richiesti dall’art. 410 cod. proc. pen., il
giudice di legittimità non può sindacare la valutazione di merito di infondatezza
della notizia di reato quale svolta dal giudice delle indagini preliminari. Infatti, il
provvedimento di archiviazione, ordinanza o decreto, è per sua natura
inoppugnabile (art. 409, comma 6, cod. proc. pen.), quale che sia il
procedimento a conclusione del quale viene emesso, neppure dalla parte offesa
che ha esercitato la facoltà di proporre opposizione alla richiesta del P.M., salvo,
in quest’ultimo caso, il ricorso in Cassazione per violazione del contraddittorio
(art. 409 c.p.p., comma 6; C. Cost. 11.07.91 n. 353; Cass. 436/03 rv. 223329;
76/03 rv. 223657; 5144/98 rv. 210060; 1159/92 rv. 191455). Ciò comporta
che in alcun modo possono essere oggetto di censura le valutazioni espresse dal
giudice a fondamento della ordinanza di archiviazione e neppure le
considerazioni in base alle quali il P.M. abbia richiesto la archiviazione, essendo il
giudice investito della richiesta del tutto libero di motivare il proprio
convincimento anche prescindendo dalle valutazioni dell’organo titolare
dell’azione penale (v. Cass. 28/09/1999, Mezzaroma).
Consegue a tanto che i ricorsi vanno rigettati con conseguente condanna dei
ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

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possibilità di non produrre atti a firma e con relata falsa solo dedicando,

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese
processuali.

Così deciso il 7/3/2016

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