Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22543 del 27/04/2016


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 22543 Anno 2016
Presidente: ROTUNDO VINCENZO
Relatore: LIGNOLA FERDINANDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
FIERRO CORRADO N. IL 26/07/1955
avverso la sentenza n. 1742/2010 CORTE APPELLO di SALERNO, del
23/01/2015
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 27/04/2016 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. FERDINANDO LIGNOLA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

v

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

Data Udienza: 27/04/2016

Il Sostituto Procuratore generale della Corte di cassazione, dr. Luigi
Birritteri, ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio per prescrizione
limitatamente al reato di cui all’art. 635 cod. pen., perché il fatto non è previsto
dalla legge come reato, con eliminazione della relativa pena e rigetto nel resto
del ricorso.

1. Con la sentenza del 29 maggio 2010 del Tribunale di Salerno, confermata
dalla Corte d’appello di Salerno in data 23 gennaio 2015, Fierro Corrado era
condannato per i reati di violenza privata (capo A), danneggiamento aggravato
(capo B) e porto fuori della propria abitazione di un bastone e di una forbice
(capo C) alla pena di 4 mesi di reclusione, poiché brandendo i due strumenti atti
ad offendere ed inseguendo le vittime per cercare di colpirle, costringeva
numerosi ragazzi, tra cui Basile Giuseppe, a fuggire da un campo di calcio di
proprietà comunale.
2.

Propone ricorso per cassazione il difensore dell’imputato, avv. Claudio

d’Amato, deducendo vizio di motivazione e violazione e falsa applicazione
dell’articolo 610 cod. pen., sotto profilo dell’elemento soggettivo del reato.
Il ricorrente evidenzia che i fatti contestati dovevano essere qualificati ai sensi
dell’articolo 393 cod. pen., in considerazione dell’elemento soggettivo del reato,
poiché lo scopo del prevenuto era quello di allontanare i ragazzi dal campetto di
calcio per tutelare il proprio diritto al riposo, non rilevando le modalità della
condotta perpetrata dal Fierro.
La sentenza di primo grado descriveva dettagliatamente il clima di esasperazione
che ha indotto l’imputato alla commissione dei fatti contestati, derivante dagli
schiamazzi provenienti ad ogni ora diurna e notturna da un campetto di calcio
abbandonato.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile, perché versato in fatto.
1.1 Il ricorrente, senza denunciare alcun vizio di illogicità della motivazione,
censura direttamente la valutazione delle prove operata dal giudice di merito, in

2

RITENUTO IN FATTO

riferimento alla sussistenza dell’elemento soggettivo del delitto di violenza
privata, proponendone una diversa lettura.
1.2 A questo proposito va ribadito che la Corte di cassazione non ha il compito di
trarre valutazioni autonome dalle prove o dalle fonti di prova, e pertanto non si
può addentrare nell’esame del contenuto documentale delle stesse, neppure se
riprodotte nel provvedimento impugnato, poiché in sede di legittimità è

indiziarie, contenuta nel provvedimento impugnato, che è sottoposta al controllo
del giudice di legittimità, al quale spetta di verificarne la rispondenza alle regole
della logica, oltre che del diritto, e all’esigenza della completezza espositiva (Sez.
6, n. 28703 del 20/04/2012, Bonavota, Rv. 253227).
1.3 D’altra parte è ben vero che il reato di esercizio arbitrario delle proprie
ragioni si differenzia da quello di violenza privata – che ugualmente contiene
l’elemento della violenza o della minaccia alla persona – non nella materialità del
fatto che può essere identica in entrambe le fattispecie, bensì nell’elemento
intenzionale, in quanto nel reato di cui all’art. 392 cod. pen. l’agente deve essere
animato dal fine di esercitare un diritto con la coscienza che l’oggetto della
pretesa gli competa giuridicamente, pur non richiedendosi che si tratti di pretesa
fondata (Sez. 5, n. 23923 del 16/05/2014, Demattè, Rv. 260584); nel caso di
specie, però, la decisione di primo grado esclude in punto di fatto che la condotta
del Fierro fosse giustificata dalla situazione di indubbia esasperazione in cui egli
verosimilmente versava, per le dirette molestie che aveva dovuto subire, “perché
rivolta ad un gruppo di ragazzi che non è detto sia solito arrecargli disturbo”
(pagina 2 della decisione di primo grado?.
1.4 Quanto al delitto di danneggiamento, deve escludersi l’intervenuta
depenalizzazione per effetto dell’art. 2 del decreto legislativo 15 gennaio 2016,
n. 7, poiché nella fattispecie concreta ricorrevano due aggravanti (ritualmente
contestate), che, alla luce del nuovo testo della fattispecie incriminatrice,
impongono di riaffermare la rilevanza penale della fattispecie concreta, essendo
il bene danneggiato di proprietà pubblica (destinato a pubblica utilità) ed
essendo il fatto commesso con violenza e minaccia, utilizzando allo scopo anche
un bastone ed una forbice.
2. In conclusione il ricorso va dichiarato inammissibile; alla dichiarazione di
inammissibilità del ricorso consegue di diritto la condanna del ricorrente al

3

l’argomentazione critica, che si fonda sugli elementi di prova e sulle fonti

pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi indicativi
dell’assenza di colpa (Corte Cost., sent. n. 186 del 2000), al versamento della
somma di €1000,00 alla cassa delle ammende.

P.Q.M.

spese del procedimento e della somma di €100,00 (mille), a favore della Cassa
delle ammende.
Così deciso in Roma, il 27 aprile 2016
Il consigliere stensore

Il residente

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle

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