Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22542 del 05/02/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 22542 Anno 2013
Presidente: CARMENINI SECONDO LIBERO
Relatore: CAMMINO MATILDE

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
LECCA PAOLO N. IL 15/03/1957
avverso la sentenza n. 206/2006 CORTE APPELLO di CAGLIARI, del
07/04/2011
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MATILDE CAMMINO;

Data Udienza: 05/02/2013

Con sentenza in data 7 aprile 2011 la Corte di appello di Cagliari confermava la sentenza
emessa il 13 ottobre 2005 dal Tribunale di Cagliari con la quale Lecca Paolo, all’esito del giudizio
abbreviato, era stato dichiarato colpevole del reato di ricettazione, accertato in Assemini il 10
giugno 1997, ed era stato condannato, con la diminuente per il rito, alla pena di anni uno, mesi
quattro di reclusione ed euro 400,00 di multa.
Avverso detta sentenza l’imputato ha proposto, tramite il difensore, ricorso per cassazione.
agli artt.648 e 624 bis, 625 c.p. per la mancata qualificazione giuridica del fatto come furto
aggravato nonostante la confessione resa dall’imputato il quale era stato anche condannato per furto
nell’anno 2001 con sentenza divenuta irrevocabile; 2) l’inosservanza o erronea applicazione della
legge penale in relazione all’art.62 bis c.p. per il mancato riconoscimento delle circostanze
attenuanti generiche. Il ricorrente infine sostiene che il reato sarebbe ormai prescritto, essendo
trascorsi oltre quindici anni dalla data del furto (2 febbraio 1997) indicato quale reato presupposto.
Il ricorso è inammissibile.
Il primo motivo è manifestamente infondato.
Nella motivazione della sentenza impugnata si è dato adeguato conto della mancata
qualificazione giuridica del fatto come furto evidenziando le evidenti contraddizioni nella versione
dell’imputato -il quale nel confessare di essere l’autore del furto (in occasione dell’esame
dibattimentale) si era espresso in termini di certezza “senza fare appello alla conlinione dei propri
ricordi”- con le circostanze effettive dell’azione criminosa risalente a circa quattro mesi prima del

ritrovamento in suo possesso degli oggetti rubati. Del resto il semplice possesso ingiustificato di
cose sottratte, in assenza di altri elementi probatori ed in presenza di elementi favorevoli ad ipotesi
alternativa (come, ad esempio, il non indifferente lasso di tempo tra la sottrazione e l’accertamento
di tale possesso), più che indurre all’affermazione di colpevolezza a titolo di furto, consente la
configurazione del delitto di ricettazione (Cass. sez.V 20 gennaio 2010 n.19453, Calabrese; sez.II
13 maggio 1983 n.10417, De Risi; sez.I 29 ottobre 2004 n.46006, Di Berardino).
Anche il secondo motivo è manifestamente infondato.
Il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche è stato giustificato
adeguatamente con riferimento ai numerosi precedenti specifici dell’imputato. A questo riguardo la
Corte osserva che la sussistenza di circostanze attenuanti rilevanti ai sensi dell’art. 62-bis cod. pen. è
oggetto di un giudizio di fatto e può essere esclusa dal giudice con motivazione fondata sulle sole
ragioni preponderanti della propria decisione, di talché la stessa motivazione, purché congrua e non
contraddittoria, non può essere sindacata in cassazione neppure quando difetti di uno specifico
apprezzamento per ciascuno dei pretesi fattori attenuanti indicati nell’interesse dell’imputato (Cass.

Con il ricorso si deduce: 1) l’inosservanza o erronea applicazione della legge penale in relazione

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sez.VI 24 settembre 2008 n.42688, Caridi; sez.VI 4 dicembre 2003 n.7707, Anaclerio). Pertanto il
diniego delle circostanze attenuanti generiche può essere legittimamente fondato anche
sull’apprezzamento di un solo dato negativo, oggettivo o soggettivo, che sia ritenuto prevalente
rispetto ad altri (Cass. sez.VI 28 maggio 1999 n.8668, Milenkovic).
Anche le ulteriori deduzioni difensive sono manifestamente infondate.
Alla data della pronuncia della sentenza impugnata non era infatti ancora decorso il termine
poiché alla data di entrata in vigore della predetta legge il procedimento era già pendente in grado di
appello (cfr. sentenza della Corte costituzionale n.393/2006) essendo stata la sentenza di primo
grado emessa il 13 ottobre 2005. L’inammissibilità del ricorso per cassazione, che non consente il
formarsi di un valido rapporto di impugnazione, preclude peraltro la possibilità di rilevare e
dichiarare la prescrizione del reato maturata successivamente alla sentenza impugnata con il ricorso
(Cass. Sez.Un.22 novembre 2000 n.32, De Luca; 27 giugno 2001 n.33542, Cavalera; 22 marzo
2005 n.23428, Bracale).
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e al versamento alla Cassa delle ammende di una somma che,
alla luce dei principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000, sussistendo
profili di colpa, si stima equo determinare in euro 1.000,00.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e al versamento alla Cassa delle ammende di una somma di euro 1.000,00.
Così deciso in Roma il 5 febbraio 2013
il cons. est.

massimo di prescrizione quindicennale previsto dalla disciplina antecedente alla legge n.251/2005

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