Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22539 del 18/03/2016


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 22539 Anno 2016
Presidente: FUMO MAURIZIO
Relatore: CAPUTO ANGELO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MISIANO SALVATORE N. IL 16/01/1962
avverso la sentenza n. 4/2012 CORTE APPELLO di CATANZARO, del
21/07/2015
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 18/03/2016 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ANGELO CAPUTO
Udito il Procura
enerale in persona del Dott.
che ha cwe1To per

Udito, per la parte c
Uditi i

sor Avv.

‘Avv

Data Udienza: 18/03/2016

Udito il Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte
di cassazione dott.ssa F. Loy, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
Udito altresì per il ricorrente l’avv. S. Rossi, che si è riportato ai motivi di ricorso.

RITENUTO IN FATTO

Con sentenza deliberata il 21/07/2015, la Corte di appello di Catanzaro ha
confermato la sentenza del 28/11/2011 con la quale il Tribunale di Crotone

energia elettrica.
Avverso l’indicata sentenza della Corte di appello di Catanzaro ha proposto
ricorso per cassazione Misiano Salvatore, attraverso il difensore avv. S. Rossi,
articolando due motivi di seguito enunciati nei limiti di cui all’art. 173, comma 1,
disp. att. cod. proc. pen. Il primo motivo denuncia inosservanza degli artt. 624 e
625, primo comma, n. 2, cod. pen., sotto il profilo dell’insussistenza
dell’elemento soggettivo: non sono stati effettuati accertamenti sulla proprietà
dell’immobile e, a conferma del fatto che il ricorrente non ne è proprietario e,
quindi, utilizzatore, vi è in atti una fattura Enel relativa a fornitura di energia
presso l’abitazione in questione intestata a persona diversa (Misiano Francesco);
non è certo che il ricorrente avesse conoscenza del fatto che l’immobile fruiva di
corrente elettrica in modo abusivo, in quanto egli consentì tranquillamente
l’esecuzione dell’ispezione e gli stessi testi hanno dichiarato che vi era un
contatore intestato, come dimostrato dalla difesa, a Misiano Francesco. Il
secondo motivo denuncia vizi di motivazione: le conclusioni cui sono giunti i
giudici di merito sono solo deduzioni, inidonee a superare ogni ragionevole
dubbio sul giudizio di colpevolezza.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso – i cui due motivi possono essere esaminati congiuntamente – è
inammissibile, per plurime, convergenti, ragioni.
Il documento valorizzato dal ricorrente a sostegno delle doglianze, ossia la
fattura Enel intestata a persona diversa (Misiano Francesco), è stato valutato dal
primo giudice che ne ha rimarcato l’inconferenza, in quanto detta fattura indica
un periodo successivo a quello oggetto di accertamento e non riporta nemmeno
il fabbricato di riferimento. Il rilievo del primo giudice non ha formato oggetto di
censure da parte dell’atto di appello e, comunque, anche il ricorso, pur
richiamando il documento, risulta articolato in assenza di specifiche indicazioni
degli atti fatti valere a sostegno della doglianza (e idonei a denunciare un

aveva dichiarato Misiano Salvatore colpevole del reato di furto aggravato di

travisamento nell’apprezzamento del dato probatorio da parte del giudice di
primo grado): sotto entrambi i profili, la doglianza è, pertanto, inammissibile.
Quanto all’elemento soggettivo, la Corte di merito ha sottolineato la
disponibilità, in capo all’imputato, della casa alimentata per il tramite dell’allaccio
abusivo, avendone egli le chiavi ed essendo presente, al momento del
sopralluogo, intento a svolgere attività agricola: a fronte della valutazione offerta
dalla sentenza impugnata degli indicati elementi, valutazione svolta in coerenza
con i dati richiamati e in termini immuni da vizi logici, le censure del ricorrente,

dell’intervento della polizia giudiziaria, risultano manifestamente inidonee a
disarticolare l’intero ragionamento svolto dal giudicante, determinando al suo
interno radicali incompatibilità, così da vanificare o da rendere manifestamente
incongrua o contraddittoria la motivazione (Sez. 1, n. 41738 del 19/10/2011 dep. 15/11/2011, Pmt in proc. Longo, Rv. 251516).
Alla declaratoria d’inammissibilità del ricorso, consegue la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento alla Cassa delle
ammende della somma, che si stima equa, di Euro 1.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 a favore della Cassa delle
Ammende.
Così deciso il 18/03/2016.

incentrate principalmente sull’atteggiamento dell’imputato al momento

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