Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22528 del 07/03/2016


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 22528 Anno 2016
Presidente: FUMO MAURIZIO
Relatore: SETTEMBRE ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
TRONCONI ALESSANDRO N. IL 09/08/1953
avverso la sentenza n. 3782/2014 CORTE APPELLO di MILANO, del
05/03/2015
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 07/03/2016 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ANTONIO SETTEMBRE
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

Data Udienza: 07/03/2016

- Udito il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di Cassazione,
dr.ssa Paola Filippi, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
– Udito, per l’imputato, l’avv. Massimo Borghi, che ha chiesto l’accoglimento del
ricorso.

RITENUTO IN FATTO

punto di responsabilità, quella emessa dal giudice di prima cura a carico di
Tronconi Alessandro per il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale e
documentale e, concesse attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti
contestate, ha rideterminato la pena in senso più favorevole all’imputato ed
escluso le statuizioni civili (stante la transazione nel frattempo intervenuto con la
curatela).
Secondo l’accusa l’imputato, operando nella qualità amministratore della EDP
TRADE srl dal dicembre 2001 al dicembre 2008, distrasse beni societari per oltre
tre milioni di euro (C 725.529 di rimanenze e prodotti finiti, C 2.243.496 di
crediti verso clienti, C 72.389 di crediti verso altri ed C 11.607 di
immobilizzazioni materiali) e, allo scopo di procurarsi un ingiusto profitto o
recare pregiudizio ai creditori, sottrasse o distrusse le scritture contabili,
rendendo impossibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli
affari. Alla base del giudizio di responsabilità vi è la constatazione che i beni
sopra detti risultavano in carico alla società al bilancio del 2007 – redatto
dall’imputato – e che nessuno di essi fu reperito dal curatore del fallimento
(dichiarato il 3/2/2011); inoltre, il fatto che Tronconi era stato, per lunghi anni,
la principale figura di riferimento della società e che scomparve apparentemente
di scena alla fine del 2008 – quando la società mostrò evidenti segni di dissesto cedendo le quote di sua spettanza a società fiduciaria e la carica dì
amministratore a soggetti che erano suoi complici o sua emanazione (Manzi
Paolo da agosto 2008 a gennaio 2009; Ambrosini Maurizio da marzo 2009 a
luglio 2009; Ana )uca dal luglio 2009 al fallimento).

2. Contro la sentenza suddetta ha proposto ricorso per Cassazione, nell’interesse
dell’imputato, l’avv. Massimo Borghi, con quattro motivi, tutti incentrati sulla
violazione di legge e il vizio di motivazione.
2.1. Col primo lamenta che il giudice d’appello si sia limitato a richiamare la
motivazione della sentenza impugnata, senza fornire risposta alle specifiche
censure mosse col gravame, che avevano riguardato il ruolo di Tronconi nella
società, la valenza attribuita alla relazione del curatore fallimentare (da cui, era

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1. La Corte d’appello di Milano ha, con la sentenza impugnata, confermato, in

stato dedotto dalla difesa, non erano emersi elementi di prova a carico
dell’imputato), la gestione della società – in tutto e per tutto corretta – operata
da Tronconi dal 2001 al 2007 (come evincibile – tra l’altro – dagli estratti conti
bancari), il sostanziale equilibrio nella situazione economica e finanziaria della
società fino al 2008, la tenuta della contabilità (che era stata corretta finché
Tronconi rimase amministratore e la cui scomparsa non può essere attribuita a
quest’ultimo, perché dovuta all’irreperibilità degli ultimi amministratori),
l’atteggiamento collaborativo tenuto dall’imputato nel corso della procedura

tenuto conto).
Lamenta, poi, che il convincimento dei giudici di merito sia stato condizionato da
fatti inesistenti o malamente interpretati, quali l’assenza di spiegazione – da
parte dell’imputato – circa le ragioni delle dimissioni dalla carica di
amministratore e della cessione alla Fiduciaria Biaggini SA del capitale sociale,
nonché in ordine alle persone dei soci della fiduciaria suddetta. Sotto tali profili
deduce che Tronconi non era stato affatto reticente in ordine all’identità del
soggetto che rappresentava la fiduciaria nell’assemblea della EDP TRADE srl avendo fatto espressamente il nome dell’avv. Stefano Franzi – e che
inopinatamente i giudici hanno attribuito un ruolo all’imputato nella fiduciaria
svizzera; e altrettanto inopinatamente hanno parlato di un “silenzio ostinato”
serbato da Tronconi sulla fiduciaria suddetta, posto che il curatore – informato
proprio da Tronconi – ha descritto esattamente il ruolo assunto dalla fiduciaria
nelle operazioni concernenti il capitale sociale.
Quanto alla bancarotta documentale, lamenta che la Corte d’appello abbia
inopinatamente svalutato la rilevanza della lettera datata 20 maggio 2009 – che
attestava il passaggio della documentazione societaria da Manzi ad Ambrosini sebbene la sua sottoscrizione sia stata confermata da quest’ultimo, e che abbia
trascurato la testimonianza del curatore, il quale non ha mai dubitato della
correttezza di Tronconi nella tenuta della contabilità.
2.2. Col secondo motivo lamenta che non sia stata fornita prova del nesso
causale tra l’ipotizzata distrazione e il fallimento societario, richiesto – si dice dalla più recente giurisprudenza di questa Corte. Sottolinea che – secondo il
curatore – le passività societarie erano state create nell’ultimo semestre del
2008 e nel primo semestre del 2009, quando Tronconi aveva, il 20/8/2008,
dismesso la carica di amministratore a favore di Manzi Paolo ed era rimasto
presidente del consiglio di amministrazione con limitati poteri di firma fino al
22/12/2008.
2.3. Col terzo motivo si duole che la responsabilità di Tronconi per la bancarotta
sia stata affermata in violazione del principio posto dall’art. 533 cod. proc. pen.,

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fallimentare (di cui il Tribunale – come poi la Corte d’appello – non avrebbe

secondo cui la condanna deve essere pronunciata se la colpevolezza risulti “oltre
ogni ragionevole dubbio”.
2.4. Col quarto si duole del giudizio di equivalenza tra le circostanze, formulato
dalla Corte d’appello, nonostante l’atteggiamento collaborativo tenuto
dall’imputato e la sua incensuratezza.

CONSIDERATO IN DIRITTO

di deus ex machina della società anche dopo la sua formale uscìta dalla
compagnie amministrativa (e dopo la dismissione, da parte sua, della quota
detenuta nella società) senza adeguata motivazione e senza l’illustrazione di
elementi probatori univocamente indicativi della “presa” conservata sulla società,
attraverso gli amministratori succedutisi nel tempo. Occorre ricordare, infatti
che, a quanto si legge nella sentenza impugnata, Tronconi dismise la carica di
amministratore delegato il 20/8/2008 per conservare quella di Presidente del
Consiglio di amministrazione fino al 22/12/2008, allorché uscì definitivamente
dall’amministrazione. La partecipazione sua e della moglie al capitale sociale che nel 2001 era del 49% – si ridusse il 19/12/2002 al 19% per la moglie e al
15,67% per Tronconi. Successivamente, per effetto di ulteriori cessioni avvenute
1’8/7/2008 e 1’8/4/2009, Tronconi rimase titolare della modesta quota del 10%,
mentre si incrementò – fino al 90% – quella della Fiduciaria Biagini SA. Infine, il
25/5/2009 Tronconi cedette anche la sua quota residua alla Fiduciaria suddetta,
uscendo definitivamente dalla compagine societaria. Nel frattempo,
amministratore della società era stato Manzi Paolo (da agosto 2008 a gennaio
2009), a cui subentrò Ambrosinì Maurizio fino a luglio 2009 e, poi, Ana Juca fino
al fallimento.
Per potersi affermare la responsabilità di Tronconi per la bancarotta
patrimoniale e documentale della società occorre, pertanto, la prova che le
distrazioni e la fraudolenta tenuta della contabilità avvennero prima della sua
uscita dalla compagine amministrativa, ovvero che gli amministratori a lui
successivi erano sua emanazione: o perché da lui collocati strumentalmente al
vertice dell’amministrazione, o perché gli stessi seguivano, comunque, le sue
direttive. Di tanto non è stata fornita, però, esauriente dimostrazione, giacché,
sebbene gli atti indicati in sentenza inducano effettivamente il sospetto che
Tronconi sia rimasto a “manovrare” dietro le quinte (tanto vale per la cessione
della quota sua e della moglie ad una società fiduciaria, nonché per la subitanea
liberazione di Tronconi da ogni responsabilità, appena ceduta la sua quota
residua), gli stessi non assurgono, però, a prova piena di quanto dedotto in
sentenza, posto che non è stato accertato chi fosse il fiduciante della Biaggini
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Il ricorso è fondato. I giudici di merito hanno attribuito a Tronconi il ruolo

SA, né è stato accertato quale ruolo abbia avuto Tronconi nelle nomina, e nella
gestione degli amministratori a lui succeduti. Infatti, se il ruolo di Annbrosini è
stato efficacemente scolpito in sentenza, nulla è detto, però, su chi abbia
determinato la sua nomina e con quali soggetti Ambrosini si rapportasse.
Parimenti, non è stato approfondito il ruolo di Tronconi nella nomina di Manzi e
nulla è detto – in sentenza – circa le relazioni tra i due, né è stato spiegato se
Manzi abbia svolto con effettività le funzioni connesse alla carica. Lo stesso dicasi
per Ana Juca, rimasta a fare da parafulmine nell’ultimo scorcio di vita della

Tali oscurità rendono la decisione dei giudici di merito il frutto – più che di
una argomentata disamina degli elementi dimostrativi della responsabilità – di
una intuizione collegata alla particolare evoluzione della vicenda societaria, che
ha effettivamente le caratteristiche di uno “spegnimento” programmato in danno
dei creditori, ma non consente – sulla base di quanto esposto in sentenza – di
attribuirne la regia all’imputato. Assorbiti gli ulteriori motivi di doglianza, la
sentenza va pertanto annullata in accoglimento del primo motivo di ricorso con
rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello di Milano affinché riesamini gli
elementi emersi dall’indagine, eventualmente integrandoli con accertamenti
relativi al rapporto tra la Fiduciaria Biaggini SA e l’imputato, nonché relativi al
rapporto tra i coimputati (Manzi, Ambrosini, )uca) e Tronconi.

P.Q. M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della
Corte d’appello di Milano.
Così deciso il 7/3/2016

società.

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