Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22525 del 01/03/2016


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 5 Num. 22525 Anno 2016
Presidente: FUMO MAURIZIO
Relatore: CAPUTO ANGELO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
TUFANO ROBERTO N. IL 06/08/1981
avverso la sentenza n. 14852/2014 CORTE APPELLO di ROMA, del
24/03/2015
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 01/03/2016 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ANGELO CAPUTO
Udito il Procur re Generale in persona del Dott.
che ha coItiso per

Udito, per la pa e civile, l’Avv
Uditi dif sor Avv.

Data Udienza: 01/03/2016

Udito il Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte
di cassazione dott. S. Tocci, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

Con sentenza deliberata il 24/03/2015, la Corte di appello di Roma,
applicate a Tufano Roberto le circostanze attenuanti generiche con giudizio di
equivalenza rispetto alla recidiva contestata e rideterminata in melius la pena
irrogata, ha, nel resto, confermato la sentenza del 04/10/2014 con la quale,
all’esito del giudizio abbreviato, il Tribunale di Velletri lo aveva dichiarato
colpevole del reato di cui all’art. 455 cod. pen., per avere posto in circolazione,
spendendola, una banconota da 100 euro falsa.
Avverso l’indicata sentenza della Corte di appello di Roma ha proposto
ricorso per cassazione Tufano Roberto, attraverso il difensore avv. T. Curcio
Costa, articolando i motivi di seguito enunciati nei limiti di cui all’art. 173,
comma 1, disp. att. cod. proc. pen.
Il primo motivo denuncia vizi di motivazione con riferimento
all’interrogatorio di convalida richiamato dalla Corte di appello a proposito della
disponibilità, da parte di Tufano, di banconote di taglio minore, laddove
l’imputato ha riferito il possesso di banconote da 50 euro non al momento
dell’acquisto incriminato, ma al momento del suo arrivo nel centro commerciale,
dove, prima di essere arrestato, aveva effettuato numerosi acquisti in altri
negozi.
Il secondo motivo denuncia vizi di motivazione: la persona offesa Giannetti,
esperta nel riconoscimento della falsità delle banconote per via del suo lavoro,
non si è resa subito conto della falsità della banconota in questione (che, in tale
caso, non avrebbe accettato), mentre la comparazione, in termini di
uguaglianza, tra l’asserita esperienza di Tufano e quella della persona offesa
avrebbe dovuto condurre a ritenere che anche l’imputato poteva non essersi
accorto della falsità della banconota.
Il terzo motivo denuncia inosservanza o erronea applicazione degli artt. 192,
238 bis e 546 cod. proc. pen.: gli elementi indicati dalla sentenza impugnata non
sono circostanze oggettive valutabili come indizi, ma circostanze, già contestate
nei motivi di appello, generiche e suscettibili di interpretazione contraria;
l’esperienza di Tufano nel riconoscere la falsità delle banconote è stata accertata
solo sulla base dei precedenti specifici di cui al casellario, senza aver acquisito le
relative sentenza, laddove non può essere ravvisata alcuna reticenza
dell’imputato non essendogli stata rivolta alcuna domanda in ordine all’attività
lavorativa dalla quale avrebbe tratto come compenso le banconote.

2

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso non merita accoglimento.
Il primo motivo non è fondato. Rileva il Collegio che, dal verbale
dell’interrogatorio reso in sede di convalida dell’arresto da Tufano, non risulta
che lo stesso abbia riferito il possesso di banconote da 50 euro al momento
dell’arrivo nel centro commerciale, essendosi limitato ad affermare che aveva
non solo banconote di taglio grande, ma anche da 50 euro.

analiticamente esaminato i diversi aspetti indicativi della falsità della banconota
spesa dall’imputato (la mancanza del filo di sicurezza e dei connotati olografici,
le dimensioni leggermente più grandi, la mancanza del colore cangiante del
numero): nel prospettare il vizio motivazionale denunciato, il ricorrente omette
di considerare il dato pure richiamato dalla pronuncia impugnata, ossia che la
persona offesa non disponeva, al momento, del rilevatore della falsità delle
banconote in quanto guasto e che, subito dopo aver ricevuto il denaro (ma
quando Tufano si era già allontanato), si era accorta della contraffazione. Nei
termini indicati, la motivazione non è inficiata dai rilievi del ricorrente, in quanto
la momentanea indisponibilità del rilevatore – non esaminata dal ricorso – rende
ragione dell’accettazione del mezzo di pagamento seguita, immediatamente
dopo, dalla scoperta dalla sua falsità, alla luce delle connotazioni della banconota
richiamate dai giudici di merito.
Il terzo motivo è infondato. La Corte di appello ha rilevato la mancata
indicazione da parte dell’imputato della specifica provenienza e la genericità
all’attività lavorativa svolta: sotto questo profilo, la doglianza del ricorrente che
denuncia

l’erronea attribuzione all’imputato di un atteggiamento reticente

trascura di considerare che, nell’ordinamento processuale penale, se non è
previsto un onere probatorio a carico dell’imputato, è, al contrario, prospettabile
un onere di allegazione, in virtù del quale l’imputato è tenuto a fornire le
indicazioni e gli elementi necessari all’accertamento di fatti e circostanze ignoti
che siano idonei, ove riscontrati, a volgere il giudizio in suo favore (Sez. 2, n.
20171 del 07/02/2013 – dep. 10/05/2013, Weng e altro, Rv. 255916; conf. Sez.
5, n. 32937 del 19/05/2014 – dep. 24/07/2014, Stanciu, Rv. 261657),
indicazioni ed elementi che la Corte di appello ha rilevato non essere stati
compiutamente dedotti da Tufano. Priva di fondamento è la censura relativa alla
mancata acquisizione delle sentenze di condanna dell’imputato, posto che dal
dato relativo a dette condanne – desunto dal certificato penale – la Corte di
merito, con apprezzamento immune da vizi logici, ha tratto il convincimento circa

3

Anche il secondo motivo non merita accoglimento. La Corte di merito ha

l’esperienza maturata nel campo dei valori contraffatti. Le ulteriori doglianze
deducono, sostanzialmente, questioni di merito, sollecitando una rivisitazione
esorbitante dai compiti del giudice di legittimità della valutazione del materiale
probatorio che la Corte distrettuale ha operato, sostenendola con motivazione
coerente con i dati probatori richiamati ed immune da vizi logici.
Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato e il ricorrente deve essere
condannato al pagamento delle spese processuali.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso il 01/03/2016.

P.Q.M.

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA