Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22523 del 01/03/2016


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 22523 Anno 2016
Presidente: FUMO MAURIZIO
Relatore: CAPUTO ANGELO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
VECCHIARELLI PIERO N. IL 24/10/1968
avverso la sentenza n. 8356/2013 CORTE APPELLO di ROMA, del
10/11/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 01/03/2016 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ANGELO CAPUTO
Udito il Procurator enerale in persona del Dott.
che ha conclu ser

Udito, per la part
Uditi

nsor Avv.

vile, l’Avv

Data Udienza: 01/03/2016

Udito il Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte
di cassazione dott. S. Tocci, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 15/06/2012, il Tribunale di Roma aveva dichiarato
Vecchiarelli Piero colpevole del reato di falso ideologico, mediante induzione in
errore del pubblico ufficiale, in atto pubblico facente fede fino a querela di falso,
perché, sotto le mentite spoglie di Palomba Claudio, attestate da un falso

Bernardino, che formava il contratto di compravendita per l’acquisto di un
appartamento di proprietà di Loffredi Fabrizio e il correlativo contratto di mutuo
con il quale l’istituto San Paolo IMI s.p.a. erogava la somma di euro 150.000,
presentandosi al pubblico ufficiale con le false generalità sopra indicate e
accompagnato da un complice spacciatosi per Fabrizio Loffredi; assolta la
coimputata Accardo Emanuela per non aver commesso il fatto e dichiarata
l’estinzione per prescrizione dei reati di truffa, falsificazione di una carta di
identità e sostituzione di persona, Vecchiarelli veniva condannato alla pena di
giustizia e al risarcimento dei danni in favore della parte civile. Con sentenza
deliberata il 10/11/2014, la Corte di appello di Roma ha confermato la sentenza
di primo grado.

2. Avverso l’indicata sentenza della Corte di appello di Roma ha proposto
ricorso per cassazione Vecchiarelli Piero, attraverso il difensore avv. L. Nalli,
denunciando – nei termini di seguito enunciati nei limiti di cui all’art. 173,
comma 1, disp. att. cod. proc. pen. – vizi di motivazione in relazione all’elemento
oggettivo del reato e alla prova dello stesso, nonché violazione degli artt. 110,
48, 479 cod. pen. e degli artt. 192 e 533 cod. proc. pen.
La Corte di appello trae indizi da due riconoscimenti fotografici posti in
essere ad oltre un anno e mezzo dai fatti di causa da Capezzone e da Giuseppe
Cola (in relazione, peraltro, alle imputazioni per le quali è intervenuta
declaratoria di estinzione del reato), nonché da quello del notaio Loffredi che, a
distanza di circa un anno e otto mesi dai fatti, ha individuato l’imputato con
“buona probabilità”, ossia in termini insufficienti a vincere ogni ragionevole
dubbio, tanto più che la coimputata Manuela Accardo è stata assolta per
l’insufficienza delle prove a suo carico nonostante il notaio Loffredi l’avesse
individuata con “molta probabilità”.
Secondo la giurisprudenza di legittimità, ricorre il falso per induzione quando
le dichiarazioni del privato siano integrate da un’attestazione del pubblico

2

documento di identità esibito dall’imputato, induceva in errore il notaio Corsi

ufficiale sulla loro intrinseca rispondenza al vero (rientrandosi, in caso diverso,
nelle fattispecie di cui agli artt. 483 e 495 cod. pen.) e, in ossequio all’art. 49
della I. n. 89 del 1913 sull’ordinamento del notariato, non può senz’altro
affermarsi la falsità dell’attestazione di certezza allorquando il notaio abbia
eseguito l’identificazione attraverso un falso documento esibito dalla parte
interessata. Inoltre, l’idoneità dell’azione dell’autore mediato deve essere
necessariamente valutata in rapporto alle qualità e alla capacità dell’autore
immediato e tenendo conto della preparazione richiesta dalla qualifica e dei
doveri di controllo, sicché non può ritenersi sussistente il reato contestato sia che

egli non fosse tenuto ad attestare la veridicità della qualità personale
dell’acquirente Claudio Palomba.

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere rigettato.
Muovendo, in ordine di priorità logico-giuridica, dalle censure relative alla
sussistenza dell’elemento oggettivo del reato, la giurisprudenza, peraltro
controversa, richiamata dal ricorrente in relazione all’art. 49, I. 16 febbraio 1913
n. 89 sull’ordinamento del notariato (Sez. 5, n. 16497 del 26/04/2006 – dep.
15/05/2006, Gallelli, Rv. 234463) attiene alla configurabilità, in capo al notaio,
del dolo del reato di falso ideologico, problematica, questa, all’evidenza estranea
alla fattispecie in esame.
La censura afferente alla configurabilità del falso ideologico in atto pubblico
mediante induzione in errore del pubblico ufficiale è infondata, poiché il fatto
attribuito al ricorrente riguarda la formazione di un atto notarile alla presenza,
attestata dal notaio rogante, di “Palornba Claudio”, attestazione, questa, alla
quale il notaio è chiamato anche valutando tutti gli elementi atti a formare il
convincimento (art. 49 cit.) e ritenuta falsa dalle concordi pronunce di merito. Né
è configurabile la fattispecie di cui all’art. 483 cod. pen., che prevede l’ipotesi in
cui il pubblico ufficiale si limiti a trasfondere nell’atto la dichiarazione ricevuta,
della cui verità risponde il dichiarante in relazione a un preesistente obbligo
giuridico di affermare il vero, mentre il pubblico ufficiale risponde soltanto della
conformità dell’atto alla dichiarazione ricevuta, laddove, nell’ipotesi di cui agli
artt. 48 e 479 cod. pen., la falsa dichiarazione viene assunta a presupposto di
fatto dell’atto pubblico da parte del pubblico ufficiale che quest’ultimo forma,
sicché la dichiarazione stessa non ha rilievo autonomo, in quanto confluisce
nell’atto pubblico e integra uno degli elementi che concorrono all’attestazione del
pubblico ufficiale, alla quale si perviene mediante false notizie e informazioni

3

il notaio Corsi debba ritenersi obbligato ai doveri di esame e di controllo, sia che

ricevute dal privato (Sez. 6, n. 292 del 29/01/1999 – dep. 29/03/1999, Diouf M,
Rv. 214133), ipotesi, quest’ultima, che ricorre nel caso di specie avendo l’atto
rogato falsamente attestato – a causa dell’induzione in errore del notaio rogante
– la partecipazione alla sua formazione di Palomba Claudio. Rilievo, questo, che
giova ad escludere la configurabilità della fattispecie di cui all’art. 495 cod. pen.:
nel caso di specie, infatti, la falsa dichiarazione del privato è stata integrata
dall’attestazione del pubblico ufficiale sulla sua rispondenza al vero, laddove la
fattispecie di cui all’art. 495 cod. pen. – così come quella di cui all’art. 483 cod.
pen. – ricorre solo quando la falsa dichiarazione riguardi fatti o qualità personali

nelle sue funzioni di attestarne la veridicità (Sez. 6, n. 8996 del 28/06/1994 dep. 19/08/1994, P.G. in proc. Zungoli, Rv. 199508).
La doglianza proposta in ordine alla valutazione relativa alle qualità e alla
capacità dell’autore immediato, alla preparazione richiesta dalla qualifica e ai
doveri di controllo dello stesso è inammissibile, in quanto generica, essendo
stata articolata – così come con il relativo motivo di appello – in termini privi di
qualsiasi correlazione con la fattispecie concreta, che, come evidenziato dalla
sentenza impugnata, ha visto non solo la formazione dell’atto falso in questione,
ma anche il conseguimento di un mutuo bancario e l’emersione del fatto solo
dopo la trascrizione del contratto (che aveva suscitato l’allarme del “vero”
Fabrizio Loffredi).
Le doglianze relative alla prova del fatto per il quale è intervenuta condanna
sono inammissibili. Il compendio valorizzato dalle concordi pronunce di merito è
costituito dai riconoscimenti fotografici realizzati dai testi Capezzone (il
mediatore finanziario al quale l’imputato si era rivolto per ottenere il
finanziamento) e Cola (titolare del bar presso il quale Vecchiarelli aveva lavorato
e la cui utenza fu dallo stesso indicata come propria nella vicenda), nonché dal
riconoscimento del notaio Corsi; a tali dati probatori, si aggiungono le fotocopie
del documento di identità esibito dall’imputato al notaio, nel quale risulta
apposta la fotografia di Vecchiarelli, e della carta di identità di quest’ultimo: il
ricorrente, nel prospettare le sue censure al compendio probatorio, omette di far
riferimento ai dati probatori – cui i giudici di merito hanno attribuito significativa
valenza dimostrativa nel percorso argomentativo che ha condotto
all’affermazione di responsabilità – da ultimo richiamati, sicché le doglianze
articolate sul punto risultano complessivamente carenti della necessaria
correlazione tra le argomentazioni riportate dalla decisione impugnata e quelle
poste a fondamento dell’impugnazione (Sez. 4, n. 18826 del 09/02/2012 – dep.
16/05/2012, Pezzo, Rv. 253849).

4

che il pubblico ufficiale si limita a riportare nell’atto pubblico, senza che rientri

Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato e il ricorrente deve essere
condannato al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.

Così deciso il 01/03/2016.

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