Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22518 del 29/02/2016


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 22518 Anno 2016
Presidente: FUMO MAURIZIO
Relatore: BRUNO PAOLO ANTONIO

SENTENZA

Sul ricorso proposto da

LUCIA Agostino, nato a Lamezia Terme il 17/12/1977;
avverso la sentenza della Corte d’appello di Catanzaro dell’8 giugno 2015;

udita la relazione del consigliere Paolo Antonio Bruno;
sentito il Procuratore Generale, in persona del Sostituto Mario Fraticelli che ha
chiesto l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata;
sentito, altresì, l’avv. Sergio Usei, difensore della parte civile, quale sostituto
processuale dell’avv. Andrea Giunti, che si è riportato alle conclusioni scritte e
nota spese.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’appello di Catanzaro
confermava la sentenza del 24 aprile 2012 con la quale il Tribunale di Lamezia
Terme aveva dichiarato Agostino Lucia colpevole del reato di cui agli artt. 56 e
610 cod. pen. perché compiva atti idonei diretti in modo non equivoco a
costringere Arcuri Giuseppe a dare il voto di preferenza per le elezioni

Data Udienza: 29/02/2016

amministrative al sindaco Gianluca Cuda e non ad Arcuri Tonino, fratello della
parte offesa, minacciandolo che altrimenti lo avrebbe licenziato; e, per l’effetto,
l’aveva condannato alla pena di giustizia, nonché al risarcimento in favore della
persona offesa costituitasi parte civile, da liquidarsi in separata sede.

2. Avverso l’anzidetta pronuncia il difensore dell’imputato, avv. Leopoldo
Marchese, ha proposto ricorso per cassazione, lamentando erronea valutazione
delle risultanze processuali nonché travisamento delle dichiarazioni della persona

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile, in quanto attiene a questione prettamente di
merito, qual’è quella relativa alla valutazione delle risultanze processuali, che,
notoriamente, si sottrae al sindacato di legittimità ove assistita da motivazione
congrua e formalmente corretta. Tale deve intendersi quella che sostiene la
sentenza impugnata, che – sulla base di logica e plausibile ricostruzione della
vicenda di fatto – ha dato ampio conto del ribadito giudizio di colpevolezza a
carico degli imputati. Nell’esprimere siffatta valutazione il giudice a quo ha
mostrato di aver fatto buon governo delle regole di giudizio che presiedono al
relativo apprezzamento, segnatamente quella secondo la quale le dichiarazioni di
accusa della persona offesa possono anche da sole sostenere un giudizio di
colpevolezza ove adeguatamente valutate nella loro attendibilità (Sez.Un. n.
41461 del 19/07/2012, Rv. 253214, secondo cui le regole dettate dall’art. 192,
comma terzo, cod. proc. pen. non si applicano alle dichiarazioni della persona
offesa, le quali possono essere legittimamente poste da sole a fondamento
dell’affermazione di penale responsabilità dell’imputato, previa verifica, corredata
da idonea motivazione, della credibilità soggettiva del dichiarante e
dell’attendibilità intrinseca del suo racconto, che peraltro deve in tal caso essere
più penetrante e rigoroso rispetto a quello cui vengono sottoposte le
dichiarazioni di qualsiasi testimone (in motivazione la Corte ha altresì precisato
come, nel caso in cui la persona offesa si sia costituita parte civile, può essere
opportuno procedere al riscontro di tali dichiarazioni con altri elementi).
D’altro canto, nel caso di specie non è mancato, sul piano logico, un
momento di significativa conferma nelle sostanziali ammissioni dell’imputato e
nelle iniplausibili giustificazioni offerte nell’assumere di avere adottato, nei
confronti della persona offesa, un singolare ed anomalo provvedimento di
“sospensione temporanea del lavoro a tempo indeterminato”, che si risolveva, in
realtà, in un licenziamento “in tronco”, ad appena due giorni dalle elezioni.

offesa e delle altre fonti dichiarative.

Non ha pregio, infine, il rilievo difensivo in ordine ad un preteso
travisamento delle prove dichiarative, non ravvisandosi neppure attraverso
l’allegata produzione documentale alcun’apprezzabile discrasia tale da inficiare il
nucleo essenziale del plausibile racconto della persona offesa, non potendo
peraltro proporsi a questo Giudice di legittimità una rivalutazione

funditus

dell’intero compendio probatorio ed una rivalutazione nel merito delle relative
risultanze.

dispositivo, anche in ordine alla condanna dell’imputato alla rifusione, in favore
della parte civile, delle spese processuali, che si reputa congruo ed equo
determinare come da dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali ed al versamento della somma di € 1.000,00 in favore della
Cassa delle ammende, oltre al rimborso delle spese sostenute dalla parte civile
che liquida in complessivi euro duemila (2000), oltre accessori come per legge.

Così deciso il 29/02/2016

2. Alla declaratoria d’inammissibilità conseguono le statuizioni dettate in

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