Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22514 del 29/02/2016


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 22514 Anno 2016
Presidente: FUMO MAURIZIO
Relatore: BRUNO PAOLO ANTONIO

SENTENZA

Sul ricorso proposto da

AIELLO Adriano, nato a Napoli il 10/06/1961

avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma del 28 aprile 2014;

letti gli atti, il ricorso e la sentenza impugnata;
vista la memoria difensiva depositata dall’avv. Walter D’Agostino;
udita la relazione del consigliere Paolo Antonio Bruno;
sentito il Procuratore Generale, in persona del Sostituto Mario Fraticelli, che ha
chiesto l’annullamento senza rinvio per prescrizione;
sentita, altresì, l’avv. Margareth Amitrano, in sostituzione dell’avv. De Agostini
Walter, che si è riportata al ricorso e, in subordine si è associata alle conclusioni
del Pg.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’appello di Roma
confermava la sentenza del 25 giugno 2008 del Tribunale di Roma-sezione

Data Udienza: 29/02/2016

distaccata di Ostia, che aveva dichiarato Adriano Aiello colpevole del reato di cui
agli artt. 56, 624 e 625 n. 2 cod. pen. perché, a fine di profitto, compiva atti
idonei diretti in modo non equivoco a sottrarre denaro e merci dal bar
tabaccheria MA.MA di Smarci Massimo, forzando con piede di porco la serranda
de/locale; non riusciva nell’intento per fatto indipendente dalla sua volontà.
Avverso l’anzidetta pronuncia il difensore dell’imputato, avv. Walter De
Agostino, ha proposto ricorso per cassazione, affidato ai motivi di seguito
indicati.

stabilite a pena di nullità, ai sensi dell’art. 606 lett.

c) cod. proc. pen., in

relazione agli artt. 178 lett c) e 179 cod. proc. pen.
Lamenta, al riguardo, che il decreto di citazione a giudizio dirimo grado
non era stato notificato al domicilio dichiarato (via di Saponara 199 Roma, scala
D int. 10), al quale erano stati notificati atti processuali precedenti e successivi
(da ultimo il decreto di citazione per il giudizio di appello), ma presso il
difensore, ai sensi dell’art. 161 comma 4, cod. proc. pen.
Con il secondo motivo si denuncia illogicità della motivazione sul rilievo
dell’incerta identificazione dell’imputato.
Con il terzo motivo si denuncia il mancato rilievo della prescrizione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. La prima doglianza è palesemente infondata, alla luce dell’insegnamento
di questa Corte di legittimità, nella sua più autorevole espressione a Sezioni
Unite, secondo cui, in tema di notificazione della citazione dell’imputato, la nullità
assoluta e insanabile prevista dall’art. 179 cod. proc. pen. ricorre soltanto nel
caso in cui la notifica sia stata omessa o quando, essendo stata eseguita in
forme diverse da quelle prescritte, risulti inidonea a determinare la conoscenza
effettiva dell’atto da parte dell’imputato; la medesima nullità non ricorre invece
nei casi in cui vi sia stata esclusivamente violazione delle regole sulle modalità di
esecuzione, cui consegue l’applicabilità della sanatoria prevista dall’art. 184 cod.
proc. pen. (Sez. U, Sentenza n. 119 del 27/10/2004, dep. 2005, Rv. 229539).
D’altronde, la questione risulta dedotta per la prima volta in questa sede
di legittimità e la pretesa nullità – ove realmente esistente – sarebbe, quindi,
comunque sanata, trattandosi di nullità di ordine generale a norma dell’art. 178
lett. c) cod. proc. pen., soggetta a sanatoria, non risultando neppure inidonea, in

astratto od in concreto, a determinare la conoscenza effettiva dell’atto da parte
del destinatario.

Con il primo motivo si denuncia inosservanza delle norme processuali

Il secondo motivo, riguardante l’asserita incertezza nell’identificazione
dell’imputato, è manifestamente infondato, posto che il giudice a quo ha risposto
ad identica contestazione difensiva indicando specificamente le ragioni per le
quali non era dato dubitare della corretta identificazione; e con queste
motivazioni il ricorrente ha omesso di confrontarsi compiutamente.
Il terzo motivo di censura, riguardante l’intervenuta prescrizione, è del
tutto privo di fondamento, posto che, tenuto conto della data del commesso
reato e della recidiva, il termine prescrizionale non era certamente maturato alla

5.8.2016.

2.

Per quanto precede, il ricorso è inammissibile ed alla relativa declaratoria

conseguono le statuizioni espresse in dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali ed al versamento della somma di € 1.000,00 in favore della
Cassa delle ammende.
Così deciso il 29/02/2016

data della pronuncia impugnata, posto che sarebbe venuto a scadere soltanto il

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