Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22512 del 29/02/2016


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 22512 Anno 2016
Presidente: FUMO MAURIZIO
Relatore: BRUNO PAOLO ANTONIO

SENTENZA

Sul ricorso proposto da

CURCIO Francesco, nato a Messina il 17/01/1954;

avverso la sentenza del Tribunale di Messina del 18 aprile 2014;
letti gli atti, il ricorso e la sentenza impugnata;
vista la nota difensiva dell’avv. Stefano Oliva, difensore della parte civile Genovese
Nunziata, che ha chiesto il rigetto del ricorso e la rifusione delle spese, come da
nota allegata;
udita la relazione del consigliere Paolo Antonio Bruno;
sentito il Procuratore Generale, in persona del Sostituto Mario Fraticelli, che ha
chiesto l’inammissibilità del ricorso;
sentito, altresì, l’avv. Stefano Oliva, difensore della parte civile, che si è rimesso
alle valutazioni della Corte.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza indicata in epigrafe il Tribunale di Messina riformava in
parte la sentenza del 12 marzo 2013 del Giudice di pace di quella stessa,

Data Udienza: 29/02/2016

concedendo i benefici di legge a Francesco Curcio, che era stato ritenuto colpevole
del reato di cui all’art. 582 cod. pen. (per avere cagionato a Genovese Nunziata
lesioni personali giudicate guaribili in giorni 5 s.c. come da certificato medico
allegato, colpendola al viso con uno schiaffo ed al braccio destro) e condannato alla
pena di giustizia. Il Curcio era stato, invece, prosciolto dal reato di minaccia nei
confronti della stessa Genovese per mancanza di querela.

2. Avverso l’anzidetta pronuncia il difensore dell’imputato, avv. Antonio

sensi dell’art. 606 lett. e) cod. proc. pen., in riferimento alla valutazione delle
risultanze processuali, sotto il profilo dell’immotivato ed ingiusto credito accordato
alle dichiarazioni di accusa della persona offesa ed al travisamento della prova per
testi, in ragione del distorto convincimento che i testi di accusa escussi, Calabrese
Francesco e Nunnari Rosalba, avessero confermato il racconto della stessa
Genovese.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile, siccome afferente a questione prettamente di
merito, qual’è quella relativa alla valutazione delle risultanze processuali, che,
notoriamente, si sottrae al sindacato di legittimità ove assistita da motivazione
congrua e formalmente corretta. Tale deve intendersi quella che sostiene la
sentenza impugnata, che – sulla base di logica e plausibile ricostruzione della
vicenda di fatto – ha dato ampio conto del ribadito giudizio di colpevolezza a carico
dell’imputato. Nell’esprimere siffatta valutazione il giudice a quo ha mostrato di
aver fatto buon governo delle regole di giudizio che presiedono al relativo
apprezzamento, segnatamente quella secondo la quale le dichiarazioni di accusa
della persona offesa possono anche da sole sostenere un giudizio di colpevolezza
ove adeguatamente valutate nella loro attendibilità (Sez.Un. n. 41461 del
19/07/2012, Bell’Arte, Rv. 253214, secondo cui le regole dettate dall’art. 192,
comma terzo, cod. proc. pen. non si applicano alle dichiarazioni della persona
offesa, le quali possono essere legittimamente poste da sole a fondamento
dell’affermazione di penale responsabilità dell’imputato, previa verifica, corredata da
idonea motivazione, della credibilità soggettiva del dichiarante e dell’attendibilità
intrinseca del suo racconto, che peraltro deve in tal caso essere più penetrante e
rigoroso rispetto a quello cui vengono sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi
testimone (in motivazione la Corte ha altresì precisato come, nel caso in cui la
persona offesa si sia costituita parte civile, può essere opportuno procedere al
riscontro di tali dichiarazioni con altri elementi).

2

Favazzo, ha proposto ricorso per cassazione, lamentando vizio di motivazione, ai

Nel caso di specie, il giudice del merito ha ritenuto di dover cercare elementi
di riscontro, ravvisandoli nelle dichiarazioni testimoniali di Calabrese Francesco e
Nunnari Rosalba, entrambi colleghi di lavoro delle parti, i quali, pur non avendo
assistito al contatto fisico tra le stesse – in quanto si trovavano nella loro stanza
d’ufficio, mentre l’episodio si svolgeva nel corridoio – hanno nondimeno confermato
il racconto della persona offesa, nella parte in cui aveva riferito di essersi
lamentata, a viva voce, del fatto che il Curcio le avesse messo le mani addosso.
Non solo, ma altro elemento di conferma è stato, correttamente, ravvisato nel

dei fatti denunciata dalla stessa Genovese.

3.

Alla declaratoria d’inammissibilità conseguono le statuizioni dettate in

dispositivo, anche in ordine alla condanna dell’imputato alla rifusione delel spese
sostenute dalla parte civile, che si reputa congruo ed equo determinare come da
dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali ed al versamento della somma di C 1.000,00 in favore della Cassa
delle ammende nonché alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile, che
liquida in complessivi euro C 1.500.00, oltre accessori come per legge.

Così deciso il 29/02/2016

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