Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22500 del 07/01/2016


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 22500 Anno 2016
Presidente: FUMO MAURIZIO
Relatore: MICCOLI GRAZIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ESPOSITO CARMINE N. IL 15/09/1968
avverso la sentenza n. 1195/2010 CORTE APPELLO di BOLOGNA,
del 30/10/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 07/01/2016 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GRAZIA MICCOLI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 07/01/2016

Il Procuratore Generale della Corte di Cassazione, dott. Francesca LOY, ha concluso chiedendo
la declaratoria di inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di Appello di Bologna, con sentenza del 24 ottobre 2014, in parziale riforma della
pronunzia di primo grado del Tribunale di Bologna, ha escluso l’aggravante dell’art. 625 n. 7
cod. pen. e ha rideterminato la pena inflitta a Carmine ESPOSITO, che era stato riconosciuto
colpevole dei reati di tentate lesioni e furto aggravato.

2.1. Con il primo motivo vengono denunziati violazione di legge e vizio di motivazione in
ordine all’aumento di pena per la recidiva.
Sostiene il deducente che non vi sarebbe alcuna motivazione sul punto.
2.2. Con il secondo motivo si articolano censure su vari profili della motivazione.
2.2.a. In primo luogo il ricorrente si duole della carente motivazione sul fatto di tentate lesioni
di cui al capo A), censurando la ricostruzione della vicenda come operata dai giudici di merito.
2.2.b. Si duole altresì della motivazione apodittica della Corte territoriale sul motivo di appello
relativo alla eccessiva quantificazione della pena pecuniaria.
2.2.c. Analoga doglianza viene mossa in relazione al mancato riconoscimento della attenuante
del danno di speciale tenuità.
2.2.d. Si duole infine della carenza di motivazione sul diniego delle circostanze attenuanti
generiche.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
1. Manifestamente infondato è il primo motivo.
I giudici di merito hanno riconosciuto la sussistenza della recidiva ex art. 99 comma 4 cod.
pen. e la Corte territoriale, nel rideterminare la pena, dopo aver dato conto delle ragioni della
ritenuta sussistenza della suddetta recidiva (precedente condanna irrevocabile per furto), ha
correttamente operato l’aumento di 2/3 terzi sulla pena base fissata nel minimo edittale.
2. Tutte le altre doglianze dedotte sono reiterative di quelle proposte con l’atto di appello, sulle
quali la Corte territoriale ha esaustivamente risposto, con motivazione esente da vizi
censurabili in questa sede.
2.1. Va giusto precisato che il ricorrente si duole della valutazione delle risultanze
processuali fatta dai giudici di merito in ordine al reato di tentate lesioni, contestando in
particolare la dinamica dei fatti.
Si tratta di censure non valutabili nel giudizio di cassazione. A questa Corte, infatti, non
possono essere sottoposti giudizi di merito, non consentiti neppure alla luce del nuovo testo
dell’art. 606, lettera e), cod. proc. pen.; la modifica normativa di cui alla legge 20 febbraio
2006 n. 46 lascia infatti inalterata la natura del controllo demandato alla Corte di cassazione,
che può essere solo di legittimità e non può estendersi ad una valutazione di merito. Il nuovo
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2. Con atto sottoscritto dal difensore, propone ricorso l’imputato.

vizio introdotto è quello che attiene alla motivazione, la cui mancanza, illogicità o
contraddittorietà può essere desunta non solo dal testo del provvedimento impugnato, ma
anche da altri atti del processo specificamente indicati; è perciò possibile ora valutare il
cosiddetto travisamento della prova, che si realizza allorché si introduce nella motivazione
un’informazione rilevante che non esiste nel processo oppure quando si omette la valutazione
di una prova decisiva ai fini della pronunzia. Solo attraverso l’indicazione specifica di atti
contenenti la prova travisata od omessa si consente nel giudizio di cassazione di verificare la
correttezza della motivazione (Sez. 3, n. 44901 del 17/10/2012, F., Rv. 253567).

motivazione sia congrua ed improntata a criteri di logicità e coerenza, proprio con riferimento
alla valutazione sia delle risultanze processuali, dalle quali emerge la responsabilità
dell’imputato, sia della conseguente infondatezza delle argomentazioni difensive.
Peraltro, la Corte di Appello ha assolto compiutamente all’obbligo di motivazione, in quanto
non si è limitata al mero richiamo delle argomentazioni svolte nella sentenza di primo grado,
ma -come si è già detto- ha specificamente valutato le doglianze contenute nell’atto di appello,
in particolare in ordine alla valutazione delle prove e alla conseguente ricostruzione dei fatti
(Sez. 6, n. 9752 del 29/01/2014, Ferrante, rv. 259111; Sez. 1, n. 43464 del 01/10/2004,
Perazzolo, rv. 231022).
2.2. Le altre censure proposte sono generiche e non si confrontano in alcun modo con le
argomentazioni della sentenza impugnata.
Peraltro, quelle sulla determinazione della pena e sul diniego delle attenuanti generiche non
sono valutabili in questa sede, giacché la Corte territoriale ha reso sul punto logica ed
esaustiva motivazione.
Giova precisare, infatti, che la concessione delle attenuanti generiche e il connesso giudizio di
bilanciamento, con le aggravanti o con la recidiva, sono statuizioni che l’ordinamento rimette
alla discrezionalità del giudice di merito, per cui non vi è margine per il sindacato di legittimità
quando la decisione sia motivata in modo conforme alla legge e ai canoni della logica. Nel caso
di specie la Corte d’Appello non ha mancato di motivare la propria decisione, facendo
riferimento al numero delle aggravanti e alla cospicua importanza della recidiva. Siffatta linea
argomentativa non presta il fianco a censura, rendendo adeguatamente conto delle ragioni
della decisione adottata; d’altra parte non è necessario, per soddisfare l’obbligo della
motivazione, che il giudice prenda singolarmente in osservazione tutti gli elementi di cui all’art.
133 cod. pen., essendo invece sufficiente l’indicazione di quegli elementi che, nel discrezionale
giudizio complessivo, assumono eminente rilievo.
Va qui ulteriormente detto che la motivazione articolata dalla Corte di Appello consente di
ritenere ampiamente giustificata anche l’entità della pena irrogata, giacché si tratta di un
giudizio di fatto (Sez. 6, n. 36382 del 04/07/2003, Dell’Anna e altri, Rv. 227142; Sez. 4, n.
2840 del 21/02/1997, La Legname e altro, Rv. 207668).
Né può trascurarsi che è certamente inammissibile la censura che, nel giudizio di cassazione,
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Nel caso di specie l’esame del provvedimento impugnato consente di apprezzare come la

miri ad una nuova valutazione della congruità della pena la cui determinazione non sia frutto di
mero arbitrio o di ragionamento illogico e sia sorretta da sufficiente motivazione (Sez. 5, n.
5582 del 30/09/2013, Ferrario, Rv. 259142; precedenti conformi:

n. 481 del 1992, Rv.

188951; n. 829 del 1995, Rv. 200641; n. 1182 del 2008, Rv. 238851).
3. In ragione dei suesposti motivi, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e il ricorrente
va condannato al pagamento delle spese processuali, nonché della somma di euro 1000,00 in
favore della Cassa delle Ammende.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 1000 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 7 gennaio 2016
I consigliere estensore

Il Presidente

P.Q.M.

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