Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 225 del 14/12/2016


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 225 Anno 2017
Presidente: CAMMINO MATILDE
Relatore: COSCIONI GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PASCALI NICOLA, nato il 07/09/1979

avverso l’ordinanza n. 491/2016 in data 26/07/2016 del Tribunale di Lecce in
funzione di giudice del riesame,

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. GIUSEPPE COSCIONI;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.
PERLA LORI che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;

Data Udienza: 14/12/2016

RITENUTO IN FATTO
1.

Con ordinanza del 15 luglio 2016, il giudice per le indagini

preliminari presso il tribunale di Lecce applicava a Nicola Pascali, indagato per i
reati di cui agli articoli 416 bis cod.pen. ed altro, la misura della custodia
cautelare in carcere; a seguito di ricorso proposto da Pascali, il Tribunale del
riesame di Lecce, con ordinanza del 26 luglio 2016„ diversamente qualificando il
fatto di cui al capo j2 come delitto di cui agli artt. 110,582 e 585 cod.pen., 7 D.I.

1.1 Avverso la predetta ordinanza ricorre per cassazione il difensore di Pascali,
chiedendone l’annullamento. Al riguardo, deduce, quale primo motivo, manifesta
illogicità della motivazione in ordine alla asserita sussistenza dei gravi indizi di
colpevolezza in merito alla esistenza di una associazione di tipo mafioso
denominata clan Pascali; il Tribunale della Libertà aveva violato il dovere di
motivazione sugli elementi investigativi che avrebbero dovuto collegare la
presunta consorteria alla Sacra Corona Unita e aveva individuato indici di
mafiosità del tutto contraddittori tra loro, quali la esistenza di omertà e l’assenza
di denuncia delle persone offese, mentre proprio per i fatti oggetto di
contestazione si registravano denunce e riconoscimenti fotografici delle persone
offese; il vaglio indiziario relativo alla esistenza di qualificati elementi di accusa
in merito alla mafiosità della consorteria non poteva risolversi in episodi
delittuosi sic et simpliciter, ma doveva raggiungere un elevato e qualificato livello
indiziario sulla esistenza di un potere di intimidazione connesso alla notorietà di
un gruppo criminale che deve per tale ragione agire e delinquere con il chiaro
intento di imporre una propria identità criminale ed aver raggiunto un grado di
compenetrazione nel tessuto sociale, capace di individuare l’appartenenza del
singolo partecipe alla consorteria il cui blasone criminale deve avere raggiunto
una propria radicata identità mafiosa, tutti elementi che non sussistevano nel
caso in esame; non vi era alcuna traccia di contatti tra tutti gli indagati con
esponenti della Sacra Corona Unita e nessuno dei partecipi alla consorteria aveva
patito procedimenti penali per associazione mafiosa né precedenti per reati di
mafia; Pascali era stato detenuto dal 24.3.2011 al 24.3.2015 presso il carcere di
Terni, per cui non si comprendeva come avesse potuto in pochi mesi costituire
ex novo un gruppo criminale capace di soddisfare tutti i requisiti di cui all’art.416
bis cod.pen. in così poco tempo; le conversazioni richiamate dal Tribunale del
Riesame, se erano capaci di dimostrare i rapporti tra Pascali ed alcuni degli
indagati, non erano idonee a dimostrare l’esistenza di una associazione avente i
requisiti della mafiosità; l’inesistenza di una notorietà del gruppo e della
appartenenza allo stesso dei presunti accoliti, il lasso temporale di operatività e

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151/91, confermava l’applicazione della misura.

LCti i.

la assenza di una storia mafiosa di sostegno indebolivaTion già —d-ébóli elementi di

i–

accusa valorizzati dagli inquirenti.

CONSIDERATO IN DIRITTO
2. Il ricorso è manifestamente infondato.
2.1 I motivi di ricorso proposti dal ricorrente sono stati già vagliati dal
Tribunale del Riesame, con motivazioni sulle quali il ricorrente non si confronta,
limitandosi a riproporre le censure già avanzate, senza rispondere in alcun modo

quanto riproduttivo di censure di merito alle quali l’ordinanza impugnata ha
fornito risposta esauriente e del tutto immune da vizi logici e giuridici.
In particolare, il Tribunale osserva a pag. 11 come le conversazioni
ambientali intercettate (richiamate alle pagg. 3 e seguenti dell’ordinanza
impugnata) dimostrino l’esistenza di un gruppo stabilmente strutturato,
capeggiato da Nicola Pascali, dedito alla commissione di reati, facendo in
particolare riferimento alla “gestione, affermata dal Galiano, della sicurezza della
struttura commerciale Ipercoop a Taranto, rappresentativa della prepotenza e
dell’assoluto controllo criminale del territorio da parte del gruppo, anche in
considerazione del fatto che esso è venuto alla luce solo grazie all’attività tecnica
di captazione, non risultando denunce in tal senso da parte degli imprenditori in
essa operanti, evidentemente omertosi sul punto”.
Si deve poi osservare come in tema di misure cautelari personali, allorché
sia denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di motivazione del
provvedimento emesso dal tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei
gravi indizi di colpevolezza, alla Corte tutpnarrizi spetta solo il compito di
verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti
che ad esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto
delle ragioni che l’hanno indotto o meno ad affermare la gravità del quadro
indiziario a carico dell’indagato e di controllare la congruenza della motivazione
riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica
e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie
(ex multis vedi Sez. 4, sent. n. 26992 del 29/5/2013, Rv. 255460).
Inoltre, in tema di associazione per delinquere (nella specie, di stampo
mafioso) è consentito al giudice, pur nell’autonomia del reato mezzo rispetto ai
reati fine, dedurre la prova dell’esistenza del sodalizio criminoso dalla
commissione dei delitti rientranti nel programma comune e dalle loro modalità
esecutive, posto che attraverso essi si manifesta in concreto l’operatività
dell’associazione medesima (Sez. 2, Sentenza n.2740 del 19/12/2012
Cc. (dep. 18/01/2013 ) Rv. 254233); il Tribunale ha evidenziato la

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alle osservazioni formulate dal Tribunale; il ricorso è pertanto generico, in

partecipazione di Pascali ad una tentata estorsione e alla rapina con ferimento
con armi da fuoco ai danni di due persone (pag.6 e 7 ordinanza).
Il ricorso deve essere pertanto dichiarato inammissibile. Ai sensi dell’art.
616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, la
parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle
spese del procedimento, nonché – ravvisandosi profili di colpa nella
determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della
Cassa delle ammende della somma di C 1.500,00 così equitativamente fissata in

Non conseguendo dall’adozione del presente provvedimento la rimessione in
libertà dell’indagato, deve provvedersi ai sensi dell’art. 94, comma 1

ter, disp.

att. cod. proc. pen.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.500,00 a favore della cassa delle
ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1
ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 14/12/2016
Il consigliere estensore
Giuseppe Coscioni

Il Presidente
Matilde Cammino

ragione dei motivi dedotti.

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