Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22493 del 05/02/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 22493 Anno 2013
Presidente: CARMENINI SECONDO LIBERO
Relatore: IASILLO ADRIANO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
DELLA BELLA WALTER N. IL 17/06/1963
avverso la sentenza n. 6340/2010 CORTE APPELLO di MILANO, del
26/05/2011
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ADRIANO IASILLO;

Data Udienza: 05/02/2013

Della Bella Walter
N.R.G. 15841/2012
Considerato che:
Della Bella Walter ricorre avverso la sentenza, in data 26.05.2011, della
Corte di Appello di Milano, confermativa della sentenza di primo grado, con
di anni 1 e mesi 10 di reclusione ed € 400,00 di multa e, chiedendone
l’annullamento, osserva genericamente che vi sarebbe carenza di
motivazione con riguardo: al diniego delle attenuanti generiche; alla
applicazione della recidiva che è facoltativa; alla possibilità di riconoscere la
cronica intossicazione da sostanze stupefacenti e quindi applicare la
diminuzione della pena ai sensi degli artt. 95 e 89 del c.p.; all’applicazione
del minimo della pena.
Il ricorso è privo della specificità, prescritta dall’art. 581, lett. c), in
relazione all’ad 591 lett. c) c.p.p., a fronte delle motivazioni svolte dal Giudice
di merito, che non risultano viziate da illogicità manifeste e sono esaustive
avendo risposto correttamente a tutte le doglianze contenute nell’appello.
Questa Corte ha stabilito, in proposito, che la mancanza nell’atto di
impugnazione dei requisiti prescritti dall’art. 581 cod. proc. pen. compreso quello della specificità dei motivi – rende l’atto medesimo inidoneo
ad introdurre il nuovo grado di giudizio e a produrre, quindi, quegli effetti
cui si ricollega la possibilità di emettere una pronuncia diversa dalla
dichiarazione di inammissibilità (Sez. 1, Sentenza n. 5044 del 22/04/1997
Ud. – dep. 29/05/1997 – Rv. 207648; Sez. 3, Sentenza n. 35492 del
06/07/2007 Ud. dep. 25/09/2007 – Rv. 237596).
Nel ricorso si prospettano, invero, esclusivamente valutazioni di
elementi di fatto, divergenti da quelle cui è pervenuto il Giudice d’appello con
motivazioni congrue ed esaustive, previo specifico esame degli argomenti
difensivi attualmente riproposti.
Infatti la Corte territoriale esamina, correttamente, i vari elementi fissati
dall’articolo 133 del c.p. (gravità del fatto commesso e personalità
dell’imputato al quale è stata contestata la recidiva reiterata, specifica e
infraquinquennale: ha ben 30 precedenti penali specifici) per giustificare il

la quale è stato condannato — per il reato di furto in appartamento – alla pena

diniego delle attenuanti generiche. Questa suprema Corte ha più volte
affermato che ai fini dell’applicabilità delle circostanze attenuanti generiche di
cui all’art. 62 bis cod. pen., il Giudice deve riferirsi ai parametri di cui all’art.
133 del codice penale, ma non è necessario, a tale fine, che li esamini tutti,
essendo sufficiente che specifichi a quale di esso ha inteso fare riferimento
(si veda sul punto ad esempio Sez. 2, Sentenza n. 2285 del 11/10/2004 Ud.
– dep. 25/01/2005 – Rv. 230691). Inoltre, sempre secondo i principi di questa

Corte — condivisi dal Collegio – ai fini dell’assolvimento dell’obbligo della
motivazione in ordine al diniego della concessione delle attenuanti generiche,
il giudice non è tenuto a prendere in considerazione tutti gli elementi
prospettati dall’imputato essendo sufficiente che egli spieghi e giustifichi l’uso
del potere discrezionale conferitogli dalla legge con l’indicazione delle ragioni
ostative alla concessione delle circostanze, ritenute di preponderante rilievo.
Ad esempio in un caso posto all’attenzione di questa Suprema Corte – che ha
considerato corretta la relativa motivazione – il giudice di merito aveva
ritenuto che non potessero concedersi le attenuanti generiche in relazione
alla gravità del fatto e ai precedenti penali dell’imputato (Si veda Sez. 1,
Sentenza n. 3772 del 11/01/1994 Ud. – dep. 31/03/1994 – Rv. 196880).
La Corte di appello ha, inoltre, ben evidenziato gli elementi che le
hanno fatto ritenere la pena irrogata congrua. In proposito questa Suprema
Corte ha più volte affermato il principio — condiviso dal Collegio – che la
determinazione della misura della pena tra il minimo e il massimo edittale
rientra nell’ampio potere discrezionale del giudice di merito, il quale assolve il
suo compito anche se abbia valutato globalmente gli elementi indicati nell’art.
133 cod. pen. (nel caso di specie i criteri sopra evidenziati; Sez. 4, Sentenza
n. 41702 del 20/09/2004 Ud. dep. 26/10/2004 Rv. 230278).
In modo altrettanto corretto e incensurabile il Giudice di merito ha
esposto le ragioni per le quali ha ritenuto di dover applicare l’aumento per la
recidiva (tra l’altro la Corte di appello rileva che il G.U.P. ha effettuato un
aumento per la recidiva inferiore a quello previsto dalla legge; si vedano le
pagine 4 e 5 dell’impugnata sentenza). Inoltre, la Corte di appello ha ben
evidenziato che agli atti non vi è alcuna prova che lo stato di
tossicodipendenza sia trasceso in una cronica intossicazione da sostanze
stupefacenti né tantomeno che tale presunta cronica intossicazione abbia
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comportato una diminuzione della capacità di intendere e volere (si veda
pagina 5 dell’impugnata sentenza); né il ricorrente fornisce alcun elemento
che possa inficiare quanto sopra ed anzi si limita a richiedere
apoditticamente la diminuzione della pena senza tener conto degli argomenti
della Corte territoriale.
Si rileva, in proposito, che le valutazioni di merito sono insindacabili nel
giurisprudenziali e l’argomentare scevro da vizi logici, come nel caso di
specie (Sez. U, Sentenza n. 24 del 24/11/1999 Ud. dep. 16/12/1999 – Rv.
214794).
Uniformandosi a tali orientamenti, che il Collegio condivide, va
dichiarata inammissibile l’impugnazione.
Ne consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in
favore della Cassa delle ammende, di una somma che, considerati i profili di
colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in Euro 1.000,00.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa
delle ammende.
Così deliberato in camera di consiglio, il 05/02/2013

giudizio di legittimità, quando il metodo di valutazione sia conforme ai principi

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