Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22491 del 10/05/2016


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 22491 Anno 2016
Presidente: PETRUZZELLIS ANNA
Relatore: TRONCI ANDREA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA

REPUBBLICA

PRESSO

IL

TRIBUNALE

DI

NAPOLI
nei confronti di:
DE LAURENTIIS AURELIO nato il 24/05/1949 a ROMA

avverso la sentenza del 24/02/2016 del GIUDICE UDIENZA PRELIMINARE di
NAPOLI;

sentita la relazione svolta dal Consigliere ANDREA TRONCI;
sentite le conclusioni del PG ROBERTO ANIELLO, che ha chiesto annullarsi con rinvio
la sentenza impugnata;

Udito il difensore Avv. GINO FULGERI, che ha concluso per l’inammissibilità del
ricorso proposto;

Data Udienza: 10/05/2016

,

R.G.Cass. n. 14472/16

Corte Suprema di Cassazione

RITENUTO IN FATTO
1.

Con sentenza ex art. 425 cod. proc. pen., pronunciata in data

24.02.2016, il g.u.p. del Tribunale di Napoli dichiarava non luogo a
procedere nei confronti di Aurelio DE LAURENTIIS, quanto al reato di
resistenza a p.u. – ascrittogli al capo A) della rubrica, per aver usato
violenza nei confronti del sostituto commissario Roberto VITALE, in
servizio presso la Polizia di Frontiera dell’aeroporto di Napoli

prevenuto, veniva dallo stesso colpito al collo, così riportando lesioni
giudicate guaribili in gg. 5 – per insussistenza del fatto; e, quanto al
connesso reato di lesioni personali,

sub

B), perché estinto per

intervenuta remissione di querela, previa esclusione della contestata
aggravante teleologica in dipendenza del contestuale proscioglimento di
cui si è appena detto.
Esponeva il giudicante che, ferma l’oggettività dei fatti
addebitati all’imputato come sopra sintetizzati, la descritta condotta era
stata originata dall’impossibilità, rappresentata per esigenze di sicurezza
dell’aeroporto dal VITALE al DE LAURENTIIS, presidente della società
Napoli Calcio, di consentirgli di raggiungere direttamente la pista con gli
automezzi ed i numerosi accompagnatori al seguito (in numero di 18), e
dalla successiva comunicazione dell’inesistenza di un servizio di
facchinaggio per il trasporto dei bagagli da stivare, di cui si sarebbero
pertanto dovuti occupare gli interessati, avvalendosi dei carrelli
disponibili all’uopo predisposti dalla società di gestione dell’aeroporto:
ciò che aveva determinato una prima ed inurbana reazione verbale del
DE LAURENTIIS, avente ad oggetto i ritenuti disservizi dell’aeroporto
medesimo e quindi l’aggressione di cui sopra, posta in essere dopo
l’esortazione, in questo caso rivolta direttamente al sost. comm. VITALE,
ad andare “a fare servizio da un’altra parte”, ovviamente declinata dal
funzionario, comandato di accompagnare il massimo dirigente della
società calcistica napoletana presso il varco riservato al personale di
bordo, onde evitare temute contestazioni da parte dei tifosi.
Di qui la conclusione che il comportamento del DE LAURENTIIS,
infastidito dalle risposte negative ricevute alle sue richieste da parte del
VITALE, fu una reazione stizzita nei suoi confronti, senza però essere
preordinato ad opporsi allo svolgimento dell’atto dell’ufficio, la cui
esecuzione era del resto affidata ad una pluralità di pubblici ufficiali
operanti contestualmente, atto consistito nel suo accompagnamento

2

Capodichino, che, dopo la pronuncia di frasi irriguardose da parte del

R.G.Cass. n. 14472/16

Corte Suprema di Cassazione

verso il varco aeroportuale, dove doveva sottoporsi ai controlli di rito
previsti prima dell’imbarco sull’aeromobile: ciò di cui era tratta puntuale
conferma dalla constatazione dell’ottemperanza in effetti prestata dal
prevenuto a tutte le indicazioni provenienti dagli agenti di polizia, da cui
fu accompagnato per l’espletamento delle varie incombenze antecedenti
la salita sul mezzo aereo.

2.

Avverso detta pronuncia propone tempestivo ricorso il p.m.

da cui è inficiata la motivazione anzidetta:
a)

in primo luogo, con riferimento al reato di cui all’art. 337 cod. pen.,
essendo “illogico e contraddittorio, oltre che errato in punto di fatto,
sostenere, come indicato nella sentenza impugnata, che nel caso in
cui l’esecuzione dell’atto di ufficio sia affidata all’azione coordinata e
congiunta di più pubblici ufficiali, la violenza e minaccia operate nei
confronti di uno solo di essi non esprimerebbe necessariamente il
finalismo lesivo della condotta incriminata”, in contrasto con lo
stesso tenore letterale della norma incriminatrice, che non contiene
alcun riferimento “all’attività dell’ufficio rimessa all’azione di più
ufficiali”, onde è da escludersi che la condotta rivolta ad uno solo di
essi non valga a costituire indebita opposizione al compimento
dell’atto d’ufficio, sol perché la sua esecuzione sarebbe comunque
garantita dagli altri pubblici ufficiali, tanto più che per l’integrazione
del reato – in conformità al consolidato orientamento del giudice di
legittimità – non si richiede che l’ostacolo frapposto dal soggetto
agente, con le modalità indicate dalla norma succitata, sortisca esito
positivo;

b)

in secondo luogo, per il “palese travisamento delle risultanze
processuali emerse nel corso delle indagini”, dovendo individuarsi
correttamente l’atto d’ufficio non già nel “passaggio attraverso il
varco aeroportuale”, bensì nel “servizio di accompagnamento del
LAURENTIIS al varco ‘staff […] dal quale […] DE LAURENTIIS non
avrebbe potuto accedere”, in assenza del VITALE, solo pubblico
ufficiale a ciò specificamente preposto;

c)

da ultimo, in relazione al reato connesso di lesioni personali, in
ragione della contraddittorietà ed erroneità della motivazione con cui
il giudicante ha ritenuto “non […] precisamente enunciata in fatto” la
circostanza aggravante di cui all’art. 576 co. 1 n. 5 bis cod. pen.,
così omettendo di assegnare il dovuto rilievo all’espressa qualifica

presso il Tribunale di Napoli, il quale denuncia i “chiari ed evidenti vizi”

R.G.Cass. n. 14472/16

Corte Suprema di Cassazione

della parte lesa come “Sostituto Commissario”, risultante
dall’apposito capo d’imputazione, nonché al riferimento alla
produzione delle lesioni “nell’atto o a causa dell’adempimento delle
funzioni o del servizio” – giusta il dato testuale del richiamato art.
576 – quale “si deduce chiaramente dalla lettera del capo A)”, cui “la
contestazione di cui al capo B) rinvia per relationem”.

RITENUTO IN DIRITTO
Il proposto ricorso è fondato, alla stregua delle ragioni di

seguito illustrate.

2.

E’ d’uopo prendere le mosse dall’addebito di cui all’art. 337 cod.

pen., che costituisce all’evidenza il prius dell’intera vicenda per cui è
processo.
2.1

Per ciò che concerne il primo profilo di doglianza occorre

puntualizzare che la sentenza impugnata non ha affatto propugnato
l’irrilevanza dell’opposizione violenta posta in essere nei riguardi di uno
solo della pluralità di pubblici ufficiali, in ipotesi chiamati al compimento
dell’atto di cui trattasi, ma ha testualmente sostenuto che, “soprattutto
nei casi di affidamento dell’esecuzione di un unico atto ad una pluralità
di agenti, non vi è automatismo probatorio che possa consentire di
affermare che l’opposizione all’agente (vale a dire la violenza o la
minaccia esplicate sull’agente) sia sempre opposizione all’atto,
occorrendo, a tal fine, un esame della complessiva condotta tenuta dal
reo per verificarne l’effettiva direzione finalistica”.
Trattasi di affermazione del tutto corretta e che trae
indirettamente supporto dalla constatazione che nel reato di cui all’art.
337 cod. pen. l’oggetto della condotta incriminata è costituito dall’atto
d’ufficio cui il soggetto si oppone, indipendentemente dal numero di
pubblici ufficiali preposti alla sua attuazione (cfr. in tal senso Cass. Sez.
6, sent. n. 37227 del 09.05.2014, Rv. 260374): a significare, cioè, che
– così come opinato dal g.u.p. di Napoli – in siffatte evenienze occorre
procedere ad un’accurata disamina del profilo relativo all’elemento
psicologico, onde accertare se l’agente abbia avuto effettivamente di
mira la finalità sanzionata dalla succitata norma incriminatrice. Non
senza osservare, peraltro, nel contesto di una ricostruzione della
fattispecie in linea astratta, che, ove la violenza o minaccia sia esercitata
nei confronti di un unico pubblico ufficiale tra quelli preposti allo
svolgimento della pubblica funzione al momento della consumazione di

1.

R.G.Cass. n. 14472/16

Corte Suprema di Cassazione

tali condotte, non appare da ciò potersene sistematicamente desumere
una finalità di opposizione

ad personam

anziché al compimento

dell’attività pubblica, non potendosi escludere la valenza della condotta
oppositiva ed intimidatrice in danno degli altri pubblici ufficiali preposti.
2.2 E’ tuttavia la stessa premessa in fatto del ragionamento
giuridico testé enunciato a presentare apparenti margini di incertezza.
Invero, con il secondo motivo di doglianza la Pubblica Accusa, al
di là della individuazione dell’atto d’ufficio non nel “passaggio attraverso

riservato” – ciò su cui converge anche la sentenza del g.u.p.: cfr. pag.
11 del provvedimento impugnato – indica nel solo VITALE il pubblico
ufficiale deputato all’espletamento di detto atto, non avendo alcun rilievo
la contestuale presenza del sost. comm. CARUOLO e del sovr. BRUNO,
“in servizio presso la Digos di Napoli”, posto che essi erano “preposti, in
quel frangente, solo ad <> il presidente DE LAURENTIIS
ed a garantirne la sicurezza mentre era in procinto di imbarcarsi con la
squadra alla volta di Verona”; laddove la censurata pronuncia, pur
dando atto anche della presenza di ulteriore personale della Polizia di
Stato, non affronta la questione, né fornisce gli elementi necessari onde
risolverla.
2.3

In proposito, è notorio che “Attesa la funzione di “filtro” svolta

dall’udienza preliminare, ai fini della pronuncia della sentenza di non
luogo a procedere, il Gup deve valutare, sotto il solo profilo processuale,
se gli elementi probatori acquisiti risultino insufficienti, contraddittori o
comunque inidonei a sostenere l’accusa in giudizio, esprimendo un
giudizio prognostico circa l’inutilità del dibattimento, senza poter
effettuare una complessa ed approfondita disamina del merito. (In
motivazione, la S. C. ha precisato che il proscioglimento deve essere
escluso in tutti i casi in cui gli elementi acquisiti a carico si prestino a
letture alternative o aperte, o comunque ad essere diversamente
valutati in dibattimento, anche alla luce delle future acquisizioni
probatorie).” (così, da ultimo e fra le tante, Cass. sez. 2, sent. n. 46145
del 05.11.2015, Rv. 265246).
In altri termini, si vuole significare che, coerentemente con
quanto affermato in termini convergenti dal giudice di legittimità, anche
nella sua più alta composizione, e dal giudice delle leggi, pur dopo la
riforma introdotta dalla legge n. 479 del 1999, “la fondamentale regola
di giudizio per la sentenza di non luogo a procedere, nonostante
l’obiettivo arricchimento, qualitativo e quantitativo, dell’orizzonte

4-

il varco aeroportuale”, bensì nello “accompagnamento verso l’ingresso

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Corte Suprema di Cassazione

cognitivo del giudice, resta tuttavia qualificata da una delibazione, di
tipo prognostico, di sostenibilità dell’accusa in giudizio, con riferimento al
maggior grado di probabilità logica e di successo della prospettazione
accusatoria ed all’effettiva utilità della fase dibattimentale, priva quindi
di effetti irrevocabili sul merito della controversia circa l’accertamento
della colpevolezza o dell’innocenza dell’imputato, essendo essa
revocabile nei casi e alle condizioni stabilite dagli artt. 434 ss. c.p.p.”
(così, in parte motiva, Cass. Sez. Un., sent. n. 25695 del 29.05.2008,
“In sede di

legittimità, il controllo sulla motivazione della sentenza di non luogo a
procedere non deve incentrarsi su distinzioni astratte tra valutazioni
processuali e valutazioni di merito, ma deve avere riguardo – come per
le decisioni emesse all’esito del dibattimento – alla completezza ed alla
congruità della motivazione stessa, in relazione all’apprezzamento,
sempre necessario da parte del G.u.p., dell’aspetto prognostico
dell’insostenibilità dell’accusa in giudizio, sotto il profilo della
insuscettibilità del compendio probatorio a subire mutamenti nella fase
dibattimentale. (In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto viziata
la sentenza impugnata per avere apoditticamente affermato l’inidoneità
del compendio probatorio a sostenere la condotta criminosa
dell’imputato, senza che tale lacuna potesse essere colmata in sede
dibattimentale).” (cfr. Cass. Sez. 6, sent. n. 48928 dell’11.11.2015, Rv.
265478).
2.4

Tornando al caso di specie, si deve rimarcare che l’esame del

provvedimento impugnato consente di concludere che, in senso opposto
a quanto prescritto nella fase, il giudicante ha omesso di chiarire in
maniera esauriente gli elementi di fatto, così privando di sostegno
concreto la sua valutazione sulla univocità ricostruttiva della volontà
dell’agente e, conseguentemente, sull’impossibilità di un diverso ed
ulteriore sviluppo dibattimentale. Si impone quindi una specifica analisi
delle modalità in cui si è svolta l’azione contestata, che chiarisca
l’eventuale presenza di altri pubblici ufficiali, in aggiunta al VITALE,
deputati all’accompagnamento del DE LAURENTIIS verso il passaggio
riservato e, in caso di risposta positiva, il rapporto tra la loro azione e
l’aggressione patita dall’odierna parte lesa, avuto riguardo altresì ai
tempi in cui si è svolta l’aggressione medesima, valutando, ove non sia
possibile una risposta certa in proposito, se all’esito dell’accertamento
dibattimentale sia prevedibile l’acquisizione di elementi ulteriori e
significativi sul punto.

ric. P.C. in proc. D’ERAMO). Onde, coerentemente,

R.G.Cass. n. 14472/16

3.

Corte Suprema di Cassazione

Quanto all’ulteriore censura contenuta nel ricorso e relativa al

delitto di lesioni, è di tutta evidenza la non condivisibilità
dell’impostazione seguita dal g.u.p., il quale ha in effetti fondato la
portata estintiva della intervenuta remissione di querela sul carattere
non aggravato dell’imputazione di lesioni personali, in forza della
ritenuta imprecisione della contestazione del fatto, poiché carente
dell’inciso “nell’atto o a causa dell’adempimento delle funzioni o del
servizio”, cui fa esplicito riferimento l’art. 576 co. 1 n. 5 bis cod. pen.

un’impostazione meramente formalistica, tralasciando di tenere nella
debita considerazione l’indiscutibile unitarietà della complessiva vicenda,
vale a dire il contesto in cui è maturata la commissione del fatto di
lesioni, quale emerge dalla puntuale descrizione della condotta
incriminata contenuta nell’imputazione di resistenza a pubblico ufficiale
di cui al capo A) e – di più e soprattutto – esplicitamente richiamata
nella rubrica sub B), così integrando e rendendo completa, in punto di
fatto, la contestazione dell’addebito di lesioni personali.

4.

Si Impone quindi, per i motivi esposti, l’integrale annullamento

della sentenza impugnata.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata e rinvia al Tribunale di Napoli – ufficio
GIP per l’ulteriore corso.
Così deciso in Roma, il 10.05.2016

Sennonché, così facendo, il giudicante si è trincerato dietro

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