Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22490 del 19/04/2016


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 22490 Anno 2016
Presidente: ROTUNDO VINCENZO
Relatore: MOGINI STEFANO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Mazzullo Alessandro, nato a Oppido Mamertina il 24.10.1983
avverso l’ordinanza emessa dal Tribunale del Riesame di Reggio Calabria il
14/12/2015;

visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Stefano Mogini;
udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
Generale Antonio Balsamo, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
uditi in difesa del ricorrente gli Avvocati Giuseppe Milicia e Angelo Staniscia, che
hanno insistito per l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 14 dicembre 2015 il Tribunale del riesame di Reggio
Calabria ha confermato l’ordinanza emessa dal G.i.p. del Tribunale di Reggio

Data Udienza: 19/04/2016

Calabria in data 16 novembre 2015 che ha applicato a Mazzullo Alessandro la
misura della custodia cautelare in carcere per il delitto di partecipazione ad
un’associazione di tipo mafioso armata, denominata ‘ndrangheta – cosca Gallico,
in epoca successiva all’8 maggio 2003 e con condotta tuttora in atto (capo sub
A), nonché per plurime violazioni della disciplina sulle armi (capi sub B, C, D, F,

2. Avverso la su indicata ordinanza hanno proposto ricorso per cassazione,
con separati atti, i difensori di fiducia del Mazzullo, che hanno dedotto:
A) Violazione di legge e vizi della motivazione in relazione agli artt. 273,
292, comma 2, lettere c) e c bis) cod. proc. pen. e 416 cod. pen., per avere il
Tribunale del riesame erroneamente ritenuto sussistente, ai fini cautelari, il
vincolo associativo, in difetto del requisito della gravità indiziaria. Non sarebbero
infatti al riguardo significativi né i colloqui in carcere intercettati nel 2006-2007
tra i vertici della cosca Gallico ed alcuni familiari intranei alla medesima cosca,
né l’apoditticamente affermata riconducibilità alla cosca del danneggiamento alla
ditta DESAL CAR – verificatosi nel febbraio del 2005 e per il quale il ricorrente
non è mai stato imputato. Riconducibilità predicata unicamente sulla base del
generico rilievo che quella condotta, avente finalità estorsive, era assimilabile a
quelle ordinariamente praticate da quel sodalizio criminale.
B) Violazione di legge e vizi della motivazione in relazione agli artt. 273,
292, comma 2, lettere c) e c bis) cod. proc. pen. e 416 cod. pen., per omessa
valutazione della documentazione giudiziaria dalla quale risulta l’annullamento da
parte del Tribunale del Riesame di Roma (provvedimento del 19.2.2013)
dell’ordinanza di custodia cautelare nella quale era stato ipotizzato a carico del
ricorrente il reato di interposizione fittizia nella titolarità di beni aggravata dalla
finalità di agevolare la cosca Gallico, laddove proprio da quella vicenda
giudiziaria il Tribunale di Reggio Calabria desume la permanenza del vincolo
associativo contestato in questa sede al Mazzullo.
C) Violazione di legge e vizi della motivazione in relazione agli artt. 273,
292, comma 2, lettere c) e c bis) cod. proc. pen. e 416 cod. pen., per l’illogica
valutazione della rilevanza di legami parentali e di amicizia con soggetti
pregiudicati partecipi dell’associazione prima del 1982 (il padre del ricorrente,
Mazzullo Giuseppe, lo zio, Frisina Francesco, gli amici – Gallico Antonino e altri),
anche alla luce degli esiti cautelari favorevoli nel succitato procedimento
pendente dinanzi all’autorità giudiziaria di Roma.
D) Violazione di legge e vizi della motivazione in relazione all’utilizzo
nell’ordinanza impugnata della tecnica redazionale del copia-incolla di ampi
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G).

stralci dell’ordinanza del G.i.p., essendo in tal modo il Tribunale venuto meno
all’obbligo di autonoma valutazione dei gravi indizi di colpevolezza, delle
esigenze cautelari e dell’adeguatezza della misura.
E) Violazione di legge e vizi della motivazione in relazione alla ritenuta
partecipazione del Mazzullo al danneggiamento in danno della ditta DESAL CAR nel corso del quale Galimi Giuseppe, amico del ricorrente, riportò ferite mortali –

stesso ricorrente non risulta nemmeno indagato per tale episodio. Parimenti
inconsistenti sarebbero inoltre gli indizi relativi alla commissione delle violazioni
alla disciplina sulle armi di cui ai capi B, C, D, F, G dell’imputazione provvisoria.
F) Violazione di legge e vizi della motivazione in relazione alla ritenuta
sussistenza di esigenze cautelari attuali per fatti risalenti a non oltre il 2005.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
1.1. Manifestamente infondato è il motivo (v. supra lettera D), col quale si
censura l’ordinanza impugnata lamentando il difetto di autonoma valutazione dei
gravi indizi di colpevolezza, delle esigenze cautelari e dell’adeguatezza della
misura imposta al ricorrente. Anche se il provvedimento impugnato riporta a fini
informativi ampi stralci delle risultanze investigative e dell’ordinanza del G.i.p.,
cionondimeno esso si connota per la presenza di puntuali inserti valutativi del
compendio indiziario, certamente idonei a giustificare esaurientemente sia il
profilo della gravità indiziaria in riferimento a tutte le condotte criminose
contestate al ricorrente, sia la ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari, con
specifici sviluppi argomentativi in ordine all’adeguatezza della misura in atto alla
luce delle presunzioni recate dall’art. 275, comma terzo, cod. proc. pen..
1.2. Inammissibili sono tutti i motivi di ricorso relativi alla gravità indiziaria
(v. supra lettere A, B, C, E) ritenuta dal Tribunale del riesame in riferimento a
tutti i reati contestati al ricorrente.
Il ricorso propone invero, a tale riguardo, una rilettura degli elementi fattuali
non consentita in questa sede.
Sono infatti precluse alla Corte di legittimità sia la rilettura degli elementi di
fatto posti a fondamento della decisione impugnata che l’autonoma adozione di
nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, ritenuti
maggiormente plausibili o dotati di una migliore idoneità esplicativa, dovendosi
essa limitare al controllo se la motivazione dei giudici del merito sia
intrinsecamente razionale e capace di rappresentare e spiegare l’iter logico
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predicata sulla base di indizi inconsistenti e di mere supposizioni, tanto che lo

seguito (tra le tante, in tema di manifesta illogicità, Sez. U, n. 12 del
31/05/2000, Jakani, Rv. 216260).
Nel caso in esame non si rinvengono manifeste illogicità nel ragionamento
probatorio sviluppato sul punto dal Tribunale, in quanto esso risponde ai
parametri sopraindicati e risulta pertanto tale da sottrarsi al sindacato di questa
Corte. In particolare, non appaiono illogici gli apprezzamenti e le conclusioni

processi: p. 31 e SS.; intercettazioni telefoniche e ambientali: p. 39 e SS.;
comportamento del ricorrente, dei suoi sodali e dei suoi familiari – che gli
fornivano tra l’altro un alibi falso – successivo all’assalto armato in danno
dell’esercizio commerciale DESAL CAR: pp. 51-71; conversazioni intercettate tra
il ricorrente e diversi sodali, nonché tra Gallico Antonino e il padre detenuto,
dimostrative della disponibilità di armi da sparo da parte del sodalizio e dello
stesso ricorrente, a cui era intestato l’immobile presso il quale, nel 2008, erano
state rinvenute e sequestrate armi da sparo con matricola abrasa e munizioni:
pp. 72-117; ordinanza di custodia cautelare emessa il 13.1.2015 nei confronti
del ricorrente dal G.i.p. del Tribunale di Roma per il reato di cui all’art. 378 cod.
pen. aggravato ai sensi dell’art. 7 L. n. 203/1991 in riferimento alla cosca
Bellocco: p. 120 e ss.) dalle quali il giudice del riesame ricava l’esistenza di un
quadro di gravità indiziaria per tutti i reati contestati al ricorrente.
Al contrario, il ricorso appare aspecifico, poiché non si confronta con la
motivazione dell’ordinanza impugnata, nella misura in cui suggerisce una lettura
parcellizzata e atomistica dell’invero assai significativo compendio indiziario. Ciò
vale, tra l’altro, per quanto attiene alla censura relativa all’intervenuto
annullamento dell’ordinanza di custodia cautelare del G.i.p. del Tribunale di
Roma in data 19.2.2013, nella quale era stato ipotizzato a carico del ricorrente il
reato di interposizione fittizia nella titolarità di beni aggravata dalla finalità di
agevolare la cosca Gallico (v.

supra lett. B). Il ricorso infatti omette di

considerare che l’ordinanza impugnata desume la sussistenza di gravi indizi circa
la perdurante partecipazione del Mazzulio alla ‘ndrangheta – la cui struttura
unitaria è dato notorio, attestato da plurime sentenze passate in giudicato e
puntualmente considerato dai giudici del merito cautelare (p. 122) – anche
dall’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa il 13.1.2015 a carico del
ricorrente dal Tribunale di Roma per il reato di favoreggiamento personale
aggravato ai sensi dell’art. 7 legge n. 203/1991 in riferimento alla cosca
Bellocco.
Sotto altro profilo, nella parte in cui sollecita una diversa interpretazione del
tenore di intercettazioni di conversazioni – invero tutt’altro che equivoco o
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aventi ad oggetto il complesso degli elementi indiziari (risultanze di precedenti

travisato – il ricorso prefigura un’attività non consentita sede di legittimità se
non nei limiti della manifesta illogicità ed irragionevolezza della motivazione con
cui esse sono recepite (ex multis, Sez. 2, n. 35181 del 22.5.2013, Rv. 257784;
Sez. 6, n. 11794 dell’11.2.2013, Rv. 254439), ovvero in presenza del
travisamento della prova, cioè nel caso in cui il giudice di merito ne abbia
indicato il contenuto in modo difforme da quello reale e la difformità risulti

queste certamente non sussistenti nel caso di specie, in particolare per quanto
riguarda le intercettazioni dalle quali l’ordinanza in esame deduce la gravità
indiziaria circa il diretto coinvolgimento del ricorrente nel raid armato in danno
della DESAL CAR e la detenzione di armi da sparo da parte sua e
dell’associazione criminale di appartenenza.
Del pari, nel contesto offerto dalla ricostruzione dell’intero compendio
indiziario a carico del ricorrente, tutt’altro che illogica deve ritenersi la
valutazione operata dal Tribunale (p. 122) circa la rilevanza di legami parentali e
di amicizia con soggetti pregiudicati partecipi alla ‘ndrangheta (il padre del
ricorrente, Mazzullo Giuseppe, lo zio, Frisina Francesco, gli amici – Gallico
Antonino e altri).
1.2. Inammissibile, perché generica e manifestamente infondata è, infine, la
censura proposta in relazione alla ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari,
anche sotto il profilo della loro attualità.
Contrariamente agli assunti del ricorrente, infatti, l’ordinanza impugnata
giustifica in modo del tutto pertinente, anche sulla base dell’ordinanza con la
quale in data 13.1.2015 il Tribunale di Roma ha applicato al ricorrente la misura
cautelare della custodia in carcere per il delitto di favoreggiamento personale
aggravato ai sensi dell’art. 7 legge n. 203/1991 in riferimento alla cosca
Bellocco, la permanenza del vincolo associativo con l’organizzazione unitaria
denominata ‘ngrangheta, non risultando in alcun modo agli atti l’intervenuto
recesso del Mazzullo da quel sodalizio criminale, tuttora esistente e operativo (p.
122 e ss.).

All’inammissibilità del ricorso conseguono le pronunce di cui all’art. 616 cod.
proc. pen.

decisiva ed incontestabile (Sez. 6, n. 11189 dell’8.3.2012, Rv. 252190), ipotesi

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.500 in favore della cassa delle
ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94-1/ter

Così deciso il 19/4/2016.

Disp. att. c.p.p.

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