Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22488 del 13/04/2016


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 22488 Anno 2016
Presidente: PETRUZZELLIS ANNA
Relatore: MOGINI STEFANO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Strano Marco, nato a Catania 1’1.7.1982
avverso l’ordinanza emessa dal Tribunale del Riesame di Catania il 14/12/2015;

visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Stefano Mogini;
udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
Generale Aldo Policastro, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito in difesa del ricorrente l’Avvocato Gabriele Celesti, anche in sostituzione
dell’Avvocato Salvatore Pace, che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 14 dicembre 2015 il Tribunale del riesame di Catania
ha confermato l’ordinanza emessa dal G.i.p. presso il Tribunale di Catania in data
17 novembre 2015, che applicava a Strano Marco la misura della custodia
cautelare in carcere per il delitto di partecipazione ad un’associazione di tipo
mafioso armata, denominata “clan Cappello-Bonaccorsi” e suddivisa in squadre
operanti in vari quartieri di Catania, tra le quali quella denominata dei
“Carateddi”, fino al marzo 2013 (capo

sub

A).

Data Udienza: 13/04/2016

2. Avverso la su indicata ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il
difensore di fiducia, che ha dedotto violazione di legge in relazione agli artt. 273,
192, terzo comma e 125, n. 3, cod. proc. pen. e vizi della motivazione per avere
il Tribunale del riesame erroneamente ritenuto sussistente il vincolo associativo,
sebbene le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia non siano state sottoposte al
necessario vaglio di credibilità soggettiva e attendibilità intrinseca e risultino

avrebbe concretamente offerto all’associazione. Le predette dichiarazioni, infatti,
riguardano altri soggetti ed episodi che non hanno mai visto il coinvolgimento
dell’indagato. Esse, inoltre, sono contraddette dalle dichiarazioni di altro
collaboratore, Sturiale Eugenio, il quale riferisce che solo il fratello dell’indagato,
Strano Mario, ebbe a transitare nelle file del predetto sodalizio. Anche la
chiamata in reità proveniente da altro collaboratore, il D’Aquino, riguarderebbe,
del resto, la posizione del solo Mario Strano, con il quale ebbe infatti contatti e
rapporti. Gli altri elementi indicati nell’impugnata ordinanza, pur contenendo dei
riferimenti a tale Marco, non attengono a vicende associative e sono di per sé
stessi insufficienti, poiché non si riferiscono con certezza proprio alla persona
dell’indagato. Il collaboratore Cavallaro Natale, intraneo al sodalizio, nulla dice
riguardo al transito di Marco Strano, pur essendo la sua collaborazione
successiva a tale preteso passaggio.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile poiché rappresenta la mera riproposizione di
questioni di merito in punto di gravità indiziaria già affrontate dal Tribunale del
riesame con motivazione del tutto esauriente e immune da vizi logici o giuridici
(p. 2 e ss.). L’ordinanza impugnata, contrariamente agli assunti del ricorrente,
procede infatti a puntuale e coerente esame dell’intero compendio indiziario,
valutando le plurime e concordi dichiarazioni etero-accusatorie dei collaboratori
di giustizia – sottoposte al dovuto vaglio di credibilità soggettiva e di attendibilità
oggettiva – alla stregua delle risultanze di attività di intercettazione telefonica e
ambientale dotate di idonea capacità dimostrativa del ritenuto vincolo associativo
del ricorrente col sodalizio mafioso Cappello-Bonaccorsi, oggetto tra l’altro di
numerose sentenze definitive che ne hanno accertato la costante operatività nel
territorio catanese. In particolare, l’ordinanza impugnata valorizza le
dichiarazioni del collaboratore Musumeci Gaetano, a conoscenza diretta dei fatti,
il quale conferma il transito della famiglia Strano dalla consorteria Santapaola a
quella Cappello-Bonaccorsi e cita espressamente Marco Strano, insieme ai
2

prive di riscontri specifici e individualizzanti riguardo al contributo che l’indagato

fratelli, tra gli appartenenti al gruppo dei Carateddi, inquadrando coerentemente
tale dinamica nelle attività, strategie e dei conflitti tra quei gruppi. Analoga,
attenta valutazione, il Tribunale riserva alle conformi dichiarazioni rese dai
collaboratori D’Aquino, Barbagallo e Mirabile Giuseppe, anche alla stregua delle
significative intercettazioni telefoniche poste a riscontro dell’accusa cautelare, del
cui tenore il ricorrente sollecita in questa sede una rilettura preclusa al giudice di

indiziarie, anche le dichiarazioni di Sturiale, del resto oggetto di analoga
doglianza in sede di riesame, vengono sottoposte dal Tribunale a valutazione
immune dai vizi logici denunciati, sicché del tutto giustificata risulta la
conclusione raggiunta dal giudice del riesame in punto di gravità indiziarla (p. 7).
All’inammissibilità del ricorso conseguono le pronunce di cui all’art. 616 cod.
proc. pen.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di Euro 1.500 in favore della cassa delle
ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94-1/ter
Disp. Att. c.p.p.

Così deciso il 13/4/2016.

legittimità in assenza di profili di illogicità. A fronte di tali univoche acquisizioni

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