Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22442 del 05/05/2016


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 22442 Anno 2016
Presidente: PRESTIPINO ANTONIO
Relatore: AGOSTINACCHIO LUIGI

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
• BRANDO Girolamo nato a Mugnano di Napoli il 16/11/1985
avverso la sentenza emessa in data 20/04/2015 della Corte di Appello di Napoli
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita la relazione svolta dal consigliere dr. Luigi Agostinacchio;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.
Roberto Aniello, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 20/04/2015 la Corte di Appello di Napoli confermava la
decisione del 27/05/2014 del Tribunale di Napoli con la quale Brando Girolamo
era stato condannato alla pena di sei anni di reclusione ed C 1.500,00 di multa
perché ritenuto responsabile del reato di rapina – aggravata dall’aver commesso
il fatto con l’uso di un’arma e in più persone riunite – in danno di Pozziello
Crescenzo, al quale, mentre faceva ritorno a casa, era stata sottratta la somma
di C 3.000.
La corte territoriale, disattendendo i motivi di appello, riteneva corretta la
valutazione della prove da parte del primo giudice – incentrata sulle dichiarazioni
della parte offesa confermata nel corso del dibattimento dai familiari presenti alla
rapina nonché sulla individuazione fotografica effettuata dalla vittima, alla quale
era seguita l’individuazione di persona da parte di tutti i testimoni.

Data Udienza: 05/05/2016

2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per Cassazione Girolamo Brando di
persona lamentando la violazione dell’art. 606 lett. e) cod. proc. pen. per la
mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione circa il
rigetto dell’istanza di rinnovazione dell’istruttoria tramite escussione del fratello
della parte offesa, testimone oculare della rapina; la valutazione del compendio
probatorio in relazione ai criteri dettati dall’art. 192 cod. proc. pen; l’attendibilità
della identificazione fotografica e della ricognizione di persona. Ha eccepito

contenute nelle dichiarazioni testimoniali acquisite al processo.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è manifestamente infondato; con un unico motivo infatti il ricorrente
censura la sentenza di secondo grado per questioni che esulano dal giudizio di
legittimità, pur richiamando il vizio motivazionale di cui alla lett. e) dell’art. 606
cod. proc. pen.
2. Occorre premettere, in termini generali, che nella verifica della fondatezza, o
meno, del motivo di ricorso ex art. 606 cod. proc. pen., comma 1, lett. e), il
compito della Corte di Cassazione non consiste nell’accertare la plausibilità e
l’intrinseca adeguatezza dei risultati dell’interpretazione delle prove, coessenziale
al giudizio di merito, ma in quello, ben diverso, di stabilire se i giudici di merito:
a) abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione; b) abbiano dato
esauriente risposta alle deduzioni delle parti; c) nell’interpretazione delle prove
abbiano esattamente applicato le regole della logica, le massime di comune
esperienza e i criteri legali dettati in tema di valutazione delle prove, in modo da
fornire la giustificazione razionale della scelta di determinate conclusioni a
preferenza di altre. Ne consegue che, ai fini della denuncia del vizio in esame, è
indispensabile dimostrare che il testo del provvedimento impugnato sia
manifestamente carente di motivazione e/o di logica, per cui non può essere
ritenuto legittimo l’opporre alla valutazione dei fatti contenuta nella decisione
una diversa ricostruzione degli stessi (magari altrettanto logica), perché in tal
caso verrebbe inevitabilmente invasa l’area degli apprezzamenti riservati al
giudice di merito (Cass. Sez. U, sent. n. 6402 del 30/04/1997, dep. 02/07/1997,
Rv. 207944; Sez. 4, sent. n. 4842 del 02/12/2003, dep. 06/02/2004). Infatti il
controllo di legittimità operato dalla Corte di Cassazione non deve stabilire se la
decisione di merito proponga effettivamente la migliore possibile ricostruzione
dei fatti, né deve condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a verificare
se tale giustificazione sia compatibile con il senso comune e con i limiti di una

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inoltre il travisamento della prova con riferimento alle numerose contraddizioni

plausibile opinabilità di apprezzamento (Cass. Sez. 4, sent. n. 4842 del
02/12/2003, dep. 06/02/2004, Rv. 229369).
2.1. Nel caso di specie va anche ricordato che con riguardo alla decisione in
ordine all’odierno ricorrente ci si trova dinanzi ad una c.d. “doppia conforme” e
cioè doppia pronuncia di eguale segno per cui il vizio di travisamento della prova
può essere rilevato in sede di legittimità solo nel caso in cui il ricorrente
rappresenti (con specifica deduzione) che l’argomento probatorio asseritamente
travisato è stato per la prima volta introdotto come oggetto di valutazione della

Il vizio di motivazione può infatti essere fatto valere solo nell’ipotesi in cui
l’impugnata decisione ha riformato quella di primo grado nei punti che in questa
sede ci occupano, non potendo, nel caso di c.d. “doppia conforme”, superarsi il
limite del “devolutum” con recuperi in sede di legittimità, salvo il caso in cui il
giudice d’appello, per rispondere alle critiche dei motivi di gravame, abbia
richiamato atti a contenuto probatorio non esaminati dal primo giudice (Cass.
Sez. 4, sent. n. 19710/2009, Rv. 243636; Sez. 1, sent. n. 24667/2007; Sez. 2,
sent. n. 5223/2007, Rv 236130).
3. Nella fattispecie in esame, invece, il giudice di appello ha esaminato lo stesso
materiale probatorio già sottoposto al tribunale e, dopo aver preso atto delle
censure dell’appellante, è giunto, con riguardo alla posizione dell’imputato, alla
43143». .
medesima conclusione della sentenza di primo grado, sottolineando come tale
prove assunte è emerso che:
la superfluità dell’ulteriore prova richiesta a fronte dei dati probatori già
acquisiti;
l’attendibilità delle dichiarazioni testimoniali, perché intrinsecamente
lineari, coerenti, logiche e dettagliate prive di qualsiasi intento
persecutorio nei confronti dell’imputato;
la convergenza di tali dichiarazioni sugli elementi essenziali del fatto
(utilizzo della pistola da parte del rapinatore, sopraggiungere di
quest’ultimo a bordo di in ciclomotore, la presenza del complice alla guida
in attesa, apprensione del danaro direttamente dalla tasca della vittima) nell’irrilevanza di contraddizioni su aspetti secondari (la barba, curata o
meno, dell’aggressore, gli occhiali indossati, la durata dell’azione
delittuosa ecc.);
l’irrilevanza della mancata indicazione da parte dei testi di un tatuaggio
sul braccio destro del Brando, in prossimità della spalla, atteso che alcuni
di essi avevano dichiarato che il rapinatore indossava un giubbino ed altri,

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motivazione del provvedimento di secondo grado.

comunque, non avevano fornito informazioni sulla lunghezza della
maniche dell’indumento indossato in quell’occasione;
l’esito positivo (e determinante ai fini del giudizio di responsabilità) della
ricognizione personale effettuata da ciascun teste e della identificazione
anche fotografica da parte della vittima.
In definitiva le argomentazioni della corte territoriale sono immuni da censura
perché adeguatamente motivate, in conformità con le prove acquisite e con i

4. Per le considerazioni esposte, dunque, il ricorso deve essere dichiarato
inammissibile.
Segue, a norma dell’articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese del procedimento e al pagamento a favore della Cassa delle
Ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma ritenuta equa di C
L500,00 a titolo di sanzione pecuniaria.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.500,00 alla Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma il giorno 5 maggio 2016

Il Consigliere estensore

Il Presidepe

principi di diritto, processuali e sostanziali, che disciplinano la fattispecie.

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