Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22438 del 05/05/2016


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 22438 Anno 2016
Presidente: PRESTIPINO ANTONIO
Relatore: AGOSTINACCHIO LUIGI

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
• FRANCO Domenico nato a Trinitapoli il 20/08/1969
avverso la sentenza emessa in data 23/10/2015 della Corte di Appello di Bari
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita la relazione svolta dal consigliere dr. Luigi Agostinacchio;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.
Roberto Aniello, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 23/01/2015 la Corte di Appello di Bari dichiarava
inammissibile l’appello proposto da Franco Domenico avverso la sentenza
emessa il 18/05/2011 dal Tribunale di Foggia — sez. distaccata di Trinitapoli di
condanna alla pena di un anno di reclusione ed C 500,00 di multa per truffa
continuata ai danni di Leone Pasquale.
Secondo la corte territoriale l’appello doveva ritenersi generico e privo di critiche
specifiche al ragionamento motivazionale seguito dal primo giudice tali da
evidenziarne la contraddittorietà e/o illogicità, con conseguente inammissibilità
dell’impugnazione ai sensi dell’art. 591, comma 1 lett. c) cod. proc. pen.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione Franco Domenico di
persona lamentando l’inosservanza dell’art. 581 cod. proc. pen. nonché la

Data Udienza: 05/05/2016

mancanza e manifesta illogicità della motivazione sulla dedotta genericità
dell’appello nonché sulla mancata assunzione di prove documentali a discarico
ritenute decisive.

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è manifestamente infondato, sostenendo il Franco che “i motivi di
appello presentavano quelle necessarie, sia pure ridotte all’essenziale,
connotazioni di specificità, idonee a far sorgere il diritto ad una risposta della

del favor impugnationis” (pag. 4); richiama a tal fine principi di diritto noti alla
Corte senza evidenziare tuttavia i punti specifici che il giudice di secondo grado
avrebbe omesso di considerare.
La

lettura

dell’atto

di

appello

conferma

altresì

l’indeterminatezza

dell’impugnazione che consiste nell’unica deduzione secondo cui in primo grado
non si sarebbe tenuto conto del dedotto stato di malattia dell’imputato, ostativo
alla cura dei suoi interessi, circostanza che in sé non solo non esclude la
responsabilità in ordine alla truffa ma che non consente d’individuare gli errori
della sentenza da emendare.
Per tali considerazioni, dunque, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Segue, a norma dell’articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese del procedimento e al pagamento a favore della Cassa delle
Ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma ritenuta equa di C
1.500,00 a titolo di sanzione pecuniaria.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.500,00 alla Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma il giorno 5 maggio 2016

Il Consigliere estensore

Il Presidente

Corte di Appello, assolutoria o di riforma in melius, in applicazione del principio

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