Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 22437 del 29/04/2016


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 22437 Anno 2016
Presidente: PRESTIPINO ANTONIO
Relatore: FUMU GIACOMO

SENTENZA
Sul ricorso proposto da
1) Assiro Alessandro, n. Lecce 12.7.1971
2) Vision 2000 s.r.l.
avverso la sentenza in data 24.6.2015 della Corte di
appello di Lecce
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il
ricorso,
Udita la relazione svolta dal Consigliere dr. G. Fumu
Udita

la

requisitoria

del

Pubblico

Ministero

rappresentato dal s.p.g. dr. F.M. Iacoviello, che ha
concluso per l’annullamento senza rinvio parziale per
intervenuta prescrizione e rigetto nel resto
Udito l’avv. Tommaso Donvito per il ricorrente Assiro

Data Udienza: 29/04/2016

MOTIVI

DELLA

DECISIONE

Con sentenza del Tribunale di Lecce in data 28.3.2013
Assiro Alessandro è stato dichiarato colpevole dei
delitti di truffa aggravata per il conseguimento di
erogazioni pubbliche consumata e tentata in
continuazione.

gestore sostanziale della società Vision 2000 s.r.l.
operante nel settore della formazione professionale,
interessandosi in tale veste delle domande presentate
da 96 laureati di ammissione al programma operativo
regionale denominato “bollenti spiriti” destinato al
conferimento di “borse di studio di specializzazione e
perfezionamento post laurea ed attività formative
elevate” (cofinanziate da Regione, Stato e Fondo
strutturale europeo), aveva indotto la regione Puglia a
riconoscere indebitamente a titolo di borsa di studio
la somma di euro 15.000 in favore di ciascuno dei 96
soggetti partecipanti ai corsi organizzati dalla Vision
s.r.1., dopo aver ottenuto dagli stessi l’impegno a
corrispondere, a titolo di pagamento, l’intera somma
ottenuta dalla Regione in favore della medesima Vision
s.r.1., che quindi era risultata destinataria finale
dei contributi per la complessiva somma di euro
1.440.000; così procurandosi un ingiusto profitto con
rilevante danno patrimoniale per l’Ente pubblico,
indotto in errore mediante artifici raggiri così
descritti in sintesi nell’imputazione:
– la Vision s.r.l. forniva una serie di false
attestazioni necessarie ai fini delle erogazioni che
l’ente pubblico avrebbe effettuato in favore dei 96
corsisti riguardanti, innanzitutto, il possesso da
parte della stessa società dei requisiti previsti e
richiesti dal bando in capo ai soggetti organizzatori
dei corsi, nonché le modalità stesse di espletamento
dei medesimi. In particolare per ciascuno dei 96
corsisti veniva falsamente attestato, già al momento
2

Secondo l’ipotesi accusatoria l’imputato quale socio e

della presentazione della domanda, il possesso da parte
della Vision S.r.l. dei requisiti predetti. In
particolare veniva falsamente attestato che la Vision
s.r.l. vantasse esperienza ultra triennale nell’alta
formazione ed avesse organizzato negli anni 2000, 2001
e 2002 tre edizioni del master in formazione dei
formatori; falsità riguardanti ancora la circostanza
che ciascuno dei 96 corsisti avesse effettivamente

stage aziendali previsti dal bando come necessario
completamento dei master finanziati; in particolare la
Vision forniva per ciascun candidato una non veritiera
attestazione di frequenza al master di alta formazione,
falsamente attestando lo svolgimento di corsi della ”
durata formativa di ore 1100 di cui 500 ore di strage”
nonché trasmetteva alla Regione Puglia una serie di
documenti falsi (attestazioni e fideiussioni) sia nel
contenuto che nella stessa sottoscrizione da parte dei
corsisti.
All’Assiro era inoltre addebitato di avere, nella
suddetta qualità, interessandosi alle domande di
ammissione al bando denominato ” ritorno al futuro”
presentate da 747 candidati sulla base delle previsioni
del programma operativo regionale avente ad oggetto ”
formazione superiore” con l’attribuzione di “borse di
studio di specializzazione e perfezionamento post
laurea ed attività formative elevate”, compiuto atti
idonei diretti non in modo non equivoco a far
indebitamente riconoscere da parte della regione Puglia
a titolo di borsa di studio la somma di euro 7500 in
favore di ciascuno dei 747 soggetti candidati a
partecipare ai corsi organizzati dalla Vision s.r.1.,
dopo aver ottenuto da loro l’impegno a corrispondere
alla società l’intera somma erogata dalla Regione, così
tentando di indurre in errore l’Ente pubblico mediante
artifici raggiri così descritti:
la

Vision

s.r.l.

forniva

una

serie

di

false

attestazioni necessarie per ottenere l’erogazioni in

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partecipato ai corsi e fossero stati effettuati gli

favore dei corsisti riguardanti il possesso da parte
della stessa Vision, dei requisiti previsti dal bando
in capo ai soggetti organizzatori dei corsi; in
particolare veniva falsamente attestato che la società
vantasse esperienza triennale nell’alta formazione ed
avesse organizzato negli anni 2000 2001 e 2002 tre
edizioni del master in “formazione dei formatori”
nonché, negli anni 2001 e 2002, il master in “gestione

Nello stesso processo la società Vision 2000 s.r.l.
veniva dichiarata responsabile dell’illecito
amministrativo previsto dagli articoli 5, comma 1,
lettera a) e 24 del decreto legislativo numero 231 del
2001 per non avere, prima della commissione di reati di
cui si è detto così come ascritti al gestore di fatto
Assiro Alessandro, adottato ed efficacemente attuato
modelli di organizzazione e di gestione idonei a
prevenire reati della specie di quelli verificatosi con
ciò traendo dalla condotta delittuosa un profitto di
rilevante entità.
La Corte di appello, investita dei gravami presentati
dall’imputato e dall’ente, riteneva infondate le
prospettazioni difensive tendenti a dimostrare la
sussistenza del requisito dell’esperienza triennale in
alta formazione la cui falsa attestazione costituisce
uno dei raggiri della truffa consumata e l’unico di
quella tentata.
Escludeva

che

avesse

rilevanza

a

tal

fine

l’organizzazione dei corsi di formazione dei formatori,
la documentazione relativa ai quali ne aveva dimostrato
la sostanziale inconsistenza, valorizzava le
testimonianze di alcuni corsisti per rimarcare
l’inattendibilità di altri che avevano reso in
dibattimento dichiarazioni contrastanti con quelle
rilasciate alla polizia giudiziaria, ribadiva la
valutazione di non pertinenza all’alta formazione della
formazione erogata dalla Vision s.r.l. ai dipendenti
delle imprese in materia di sicurezza sul lavoro o di

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delle risorse umane”.

miglioramento dei processi produttivi nonché agli
alunni degli istituti tecnici secondari.
In particolare la Corte d’appello disattendeva le
conclusioni del parere pro ventate circa la pertinenza
all’alta formazione dei corsi svolti dalla Vision
s.r.l. rilasciato da un autorevole cattedratico e
precisava che dovesse essere attribuita piena
attendibilità ai testi che avevano deposto in senso

sommarie informazioni testimoniali, pur essendo
portatori di un interesse contrario alle loro
dichiarazioni per il pericolo di dover restituire le
borse di studio percepite è già corrisposte alla Vision
s.r.l. o addirittura di essere incriminati quali
concorrenti nella truffa.
In conclusione la Corte di appello condividendo le
valutazioni del primo giudice, riteneva provato che la
Vision s.r.l. non avesse mai organizzato corsi di
formazione per un elevato numero di partecipanti, non
avesse una sede idonea allo svolgimento di tali corsi,
non avesse alle dipendenze professori e docenti, né
personale specializzato che si occupasse
dell’organizzazione dei corsi medesimi.
Rigettava la tesi difensiva volta a dimostrare
l’estraneità dell’imputato, quanto meno sotto il
profilo psicologico, alla gestione dei corsi sul
presupposto che non fosse stata dimostrata la
complessità dell’attività dell’azienda e quindi il
diversificato impegno dell’Assiro.
Quanto all’appello proposto dalla società Vision s.r.l.
la Corte rigettava l’eccezione di violazione dei
diritti della difesa per la mancata ammissione di un
teste nonché per la fissazione di un termine troppo
breve per l’esame della documentazione sequestrata
presso la Regione Puglia. Ribadiva inoltre la
irrilevanza a fini difensivi della certificazione ISO
9001 di cui l’azienda era dotata, perché inerente in
generale alla efficienza dell’azienda e non alle

accusatorio, confermando quanto dichiarato in sede di

finalità di garanzie della legalità del modello
organizzativo prescritto dalla legge 231.
Ricorrono per cassazione l’Assiro e la società Vision,
che con ricorsi per la gran parte sovrapponibili
denunciano la violazione di norme processuali,
sostanziali e il vizio della motivazione con motivi che
si indicano negli stretti limiti di cui all’art. 173,
comma 1, disp. att. c.p.p.

Vision s.r.l. aveva depositato un fascicolo rilegato
costituito da 954 pagine numerate costituente ulteriore
documentazione circa lo svolgimento di attività di alta
formazione e formazione

post lauream;

ne lamentano

l’omesso esame; rilevano come il contenuto di alta
formazione dei corsi organizzati sia emerso dalle
dichiarazione del teste Campaniello e del teste esperto
prof. Benanti, escusso come consulente, il quale aveva
depositato il suo parere – 27 pagine oltre ad un
migliaio di allegati – che la Corte di appello confessa
di non aver letto, così incorrendo in un travisamento
di una prova atta a scardinare l’intero ragionamento
probatorio.
Rilevano i ricorrenti come dalla prova dichiarativa si
evinca che i corsi “formazione dei formatori” abbiano
avuto effettivamente luogo e eccepiscono la nullità
delle deposizioni dei testi d’accusa che avrebbero
dovuto essere sentiti come indagati in reato connesso
in quanto consapevoli attestatori di una frequenza che
si assume non esserci stata.
Quanto al ruolo dell’Assiro, al fine di dimostrare come
egli non si occupasse di sola formazione richiamano la
documentazione allegata al ricorso depositata in primo
grado dalla quale si evince l’ulteriore attività svolta
dalla Vision s.r.l. a favore di enti privati e
pubblici.
Oltre alle predette doglianze la Vision s.r.l. deduce
ancora la violazione del diritto di difesa,
sottolineando il ritardo con il quale la G.d.F.

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Deducono i ricorrenti che nell’udienza del 28.2.2013 la

depositò il materiale sequestrato rispetto al termine
concesso per esaminarlo e reiterando l’affermazione di
idoneità della certificazione ISO a costituire adeguato
progetto di prevenzione.
Le doglianze sono infondate.
I giudici di primo e secondo grado, le cui sentenze si
integrano quanto alla ricostruzione della vicenda ed
alla valutazione dei fatti, hanno esaminato

compiutamente e nel loro complesso tutte le emergenze
processuali, pervenendo con ragionamento privo di vizi
logici o giuridici alle conclusioni più su evidenziate.
In particolare sono state fornite risposte esaustive a
tutte le deduzioni ed allegazioni difensive, non sempre
supportate, peraltro, dalla necessaria chiarezza (v.
verbale dibattimentale del 28.2.2013) ed inerenza al
tema della decisione.
In particolare è stata presa in considerazione la
consulenza Benanti, le valutazioni inerenti alla quale
effettuate dal giudice di primo grado sono state
integralmente condivise dalla Corte di appello in
assenza di specifica critica nei motivi di gravame; è
stata compiutamente esaminata la deposizione
Campaniello, è stata valutata la deposizione del teste
assistito Rizzello, sono stata prese in considerazione
le produzioni documentali relative all’asserito
svolgimento di attività di alta formazione da parte
della Vision 2000, sono state analizzate partitamente
le deposizioni dei testimoni.
Nel ricorso

si

sollecita sostanzialmente,

anche

mediante l’allegazione di centinaia di atti che si
assumono non esaminati per denunciare il travisamento
della prova, l’intera rivisitazione della vicenda da
parte di questa Corte, i cui limiti di cognizione sono
stati in più occasioni definiti dalla giurisprudenza:
l’indagine di legittimità sul discorso giustificativo
della decisione invero ha un orizzonte circoscritto,
dovendo il sindacato demandato alla Corte di cassazione
essere limitato – per espressa volontà del legislatore

3

- a riscontrare l’esistenza di un logico apparato
argomentativo sui vari punti della decisione impugnata,
senza possibilità di verificare l’adeguatezza delle
argomentazioni di cui il giudice di merito si è avvalso
per sostanziare il suo convincimento, o la loro
rispondenza alle acquisizioni processuali; ed a questo
proposito si deve precisare che l’art. 606, lett. e)
c.p.p. consente di dedurre il vizio della

obbligo di specificità rafforzato, nel senso che non è
consentito al ricorrente allegare all’atto di
impugnazione l’intero compendio processuale per
denunciarne il contrasto con il

decisum,

risolvendosi

ciò nella domanda di una sua intera visitazione.
L’illogicità della motivazione e la contraddittorietà
tra lettura e contenuto oggettivo dell’atto
specificamente indicato, quale vizio denunciabile, deve
dunque essere evidente, cioè di spessore tale da
risultare percepibile ictu ocull,

dovendo il sindacato

di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi
di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le
minime incongruenze e considerandosi disattese le
deduzioni difensive che, anche se non espressamente
confutate, siano logicamente incompatibili con la
decisione adottata, purché siano spiegate in modo
logico e adeguato le ragioni del convincimento del
giudice (Sez. un., 24 novembre 1999, Spina, rv 214794).
Dunque

si

rivelano

inammissibili,

perché

non

consentite, tutte le doglianze relative
all’accertamento di fatto condotto dai giudici di
merito circa: la mancanza in capo alla società Vision
2000 dei requisiti richiesti dal bando ai soggetti
organizzatori dei corsi (l’esperienza ultra triennale
nell’attività di alta formazione); la inconsistenza sia
dei corsi nei quali tale esperienza si sarebbe formata
sia dei corsi svolti per l’attuazione del programma
“bollenti spiriti” per il quale sono intervenute le
elargizioni pubbliche

de quibus;

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la falsità delle

contraddittorietà processuale ma impone nel contempo un

dichiarazioni sostitutive di atto notorio,

delle

attestazioni e degli altri documenti indicati
nell’imputazione; la posizione apicale dell’imputato
nell’organizzazione dei corsi.
Denunciano i ricorrenti l’utilizzazione da parte dei
giudici di merito delle deposizioni di vari testimoni,
ex

discenti che avevano narrato dei falsi e

dell’inconsistenza dei corsi ovvero del loro mancato

assumere l’ufficio perché incompatibili in quanto
correi nella commissione dei reati contestati ma
sostanzialmente sfuggiti all’esercizio dell’azione
penale.
La doglianza è infondata.
La prospettazione difensiva, correttamente intesa, mira
ad attribuire ai testimoni la veste di soggetti che fin
dall’inizio avrebbero dovuto essere sentiti in qualità
di persone sottoposte alle indagini, con la conseguente
inutilizzabilità delle dichiarazioni da loro rese.
Ma l’inutilizzabilità

erga omnes

delle dichiarazioni

rese da chi doveva essere sentito sin dall’inizio come
indagato o imputato sussiste solo se, al momento delle
dichiarazioni, il soggetto che le ha rese non sia
estraneo alle ipotesi accusatorie allora delineate, in
quanto l’inutilizzabilità assoluta,

ex art. 63, comma

2, cod. proc. pen., richiede che a carico di detto
soggetto risulti l’originaria esistenza di precisi,
anche se non gravi, indizi di reità; ne consegue che
tale condizione non può farsi derivare automaticamente
dal solo fatto che il dichiarante possa essere stato in
qualche modo coinvolto in vicende potenzialmente
suscettibili di dar luogo alla formazione di addebiti
penali a suo carico, occorrendo, invece, che tali
vicende presentino connotazioni tali da non poter
formare oggetto di ulteriori indagini se non postulando
necessariamente l’esistenza di responsabilità penali a
suo carico (sez. IV, 17.6.2015, Pm in proc. Affatato,
rv 2644769).

9

espletamento, i quali non avrebbero potuto essere

Ciò che è stato escluso nel caso di specie; né
compito del giudice quello di attribuire al testimone
la qualità di indiziato, sicché la prova dichiarativa
si palesa nella specie pienamente utilizzabile.
Integrano mere censure in fatto, nel resto, le
deduzioni difensive circa il ruolo svolto all’interno
della società Vision dall’imputato, la cui ingerenza
nella gestione dei corsi è stata accertata con

Quanto alle doglianze proposte dalla società condannata
alla sanzione amministrativa, si deve ribadire la
correttezza di quanto ritenuto dai giudici di merito in
relazione alla tipicità del modello di organizzazione
dell’ente a fini preventivi e la non surrogabilità
dello stesso con certificazioni rilasciate ad altri
fini.
In relazione, infine, alla denunciata violazione del
diritto di difesa derivante dal ridotto lasso di tempo
concesso in dibattimento per l’esame delle acquisizioni
documentali, si deve rilevare che l’eventuale nullità
che ne sarebbe derivata avrebbe

dovuto essere dedotta

immediatamente ai sensi dell’art.

182, comma 2, c.p.p.

I ricorsi sono dunque in parte

inammissibili ed in

parte infondati.
Ciò premesso,
contestato

rileva il collegio

sub

a)

è

estinto

che il reato
per

intervenuta

prescrizione, maturata il 28.2.2016 (termine iniziale
come da imputazione 30.6.2008, tempo necessario a
prescrivere sette anni e sei mesi oltre sessanta giorni
di sospensione per il rinvio per legittimo impedimento
deírimputato disposto all’udienza del 12.7.2012).
Deve dunque decidersi in conformità,

ferme le

statuizioni sui capi civili ai sensi dell’art. 578
c.p.p.
Rimangono ferme, altresì, le sanzioni amministrative
irrogate alla Vision 2000 s.r.1., atteso che la
prescrizione
successivamente

del

reato

presupposto,

alla

contestazione

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intervenuta
all’ente

argomentazione qui incensurabile.

dell’illecito amministrativo, di questo non determina
l’estinzione giacché il termine prescrizionale, una
volta esercitata l’azione, ai sensi dell’art. 22 d.lgs.
n. 231 del 2001 non corre fino al passaggio in
giudicato della sentenza che definisce il procedimento
nei confronti della persona giuridica (sez. V,
4.4.2013, Pm in proc. Citibank, rv 255415).
Non risulta prescritto viceversa il reato contestato

11.11.2008, termine finale il giorno 10.7.2016; in
alternativa più favorevole termine iniziale il giorno
9.9.2008 – data di presentazione delle domande per il
bando “ritorno al futuro” – termine finale il giorno
8.5.2016).
Definitiva l’affermazione di responsabilità, la pena
per tale reato residuo, calcolata dai giudici di merito
solamente a titolo di aumento per la continuazione,
dovrà essere rideterminata dal giudice di rinvio.
PQM

Annulla

senza

rinvio

la

sentenza

impugnata

limitatamente all’imputazione sub a) perché il reato è
estinto per prescrizione. Conferma le relative
statuizioni civili e le sanzioni amministrative a
carico della società Vision 2000 s.r.l. e dichiara
definitiva l’affermazione di responsabilità del
ricorrente per il reato residuo. Rinvia ad altra
sezione della Corte di appello di Lecce

per nuova

determinazione della pena.
Roma, 29.4.2016
Il Coisigliere estensore
( lacomo Fu )
le13.1
a‘ o
k

Il Presidente
(Ant nio Presti ino))

sub b) (termine iniziale come da imputazione il giorno

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